Trans colpita a manganellate, via all'indagine. Il mondo queer condanna

L'episodio è avvenuto a Milano il 24 maggio. Discrepanze tra la ricostruzione della polizia locale e le testimonianze. Intanto la procura apre un fascicolo per lesioni aggravate

di BARBARA BERTI
25 maggio 2023
L'aggressione ai donna della donna trans a Milano

L'aggressione ai donna della donna trans a Milano

Aperto un fascicolo per lesioni aggravate dall'abuso della pubblica funzione sull'aggressione di quattro agenti della Polizia locale ai danni di una trans di 41 anni, colpita con manganellate alla testa e al fianco, prima di venire ammanettata. L'indagine della Procura di Milano, coordinata dall'aggiunta Tiziana Siciliano, è al momento contro ignoti, in attesa che i quattro agenti vengano compiutamente identificati. L’episodio, accaduto nella mattinata del 24 maggio a Milano, è stato ripreso in un video diventato virale sui social. Nel filmato si vede la donna a terra, senza armi, colpita ripetutamente in testa, alle costole, sulle gambe, nonostante non opponga resistenza, ma anzi sollevi le mani in segno di resa.
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Un fermo immagine dell'aggressione a Milano il 24 maggio

La ricostruzione fatta dalla polizia locale

Al momento l'indagine si basa sulla relazione di servizio fatta dalla Polizia locale. A quanto si apprende, la pattuglia è intervenuta all'incirca alle 8 di mattina, in via Giacosa, al parco Trotter, non distante da una scuola elementare, dopo la segnalazione di una persona agitata, che urlava. E che avrebbe infastidito alcuni bimbi e passanti fuori da una scuola. Ma su questo punto ci sono versioni discordanti. Non è chiaro se la trans, A. M., di nazionalità brasiliana e con alcuni precedenti per reati da strada, ma mai arrestata, fosse anche nuda, come riferito dal sindacato della Polizia locale. La donna avrebbe anche gridato di essere sieropositiva. Priva di documenti, la 41enne, che dal 2010 a oggi è stata più volte segnalata perché irregolare in Italia, viene caricata sull'auto della pattuglia, per essere portata per l'identificazione all'ufficio centrale arresti e fermi della Polizia locale di via Pietro Custodi, zona San Gottardo.
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Nel montaggio due frame del video girato da un balcone durante il “fermo“ di una transessuale da parte di quattro agenti della polizia locale di Milano

A poca distanza dalla destinazione, in via Castelbarco, però, gli agenti fermano l'auto, per un malore della signora, che ne approfitta e cerca di scappare a piedi. Rincorsa, viene fermata in via Sarfatti 25, davanti alla biblioteca dell'Università Bocconi, dove viene ripresa la scena degli agenti che la colpiscono con manganellate e spray al peperoncino. Diversi gli autori dei video girati in rete, già consegnati agli inquirenti. Numerosi poi i testimoni disposti a raccontare ciò che hanno visto, così come le telecamere di videosorveglianza installate in zona, le cui immagini saranno acquisite dalla procura.
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Anche il Mit (Movimento identità trans) condanna l'operato della municipale di Milano

La ricostruzione secondo le testimonianze

La donna, brutalmente picchiata dalla Polizia a Milano, non avrebbe commesso alcuna molestia contro i bambini di una scuola, così come era circolato nelle prime ore. Stando alle testimonianze raccolte dal Corriere della Sera, avrebbe invece preso a calci alcune auto in un momento di grande difficoltà psicologica.
“Non è la prima volta che dà in escandescenze e mostra segni di squilibrio. Questa mattina urlava e prendeva a calci le auto. Poi si precipitava in mezzo alla strada, rischiando di essere investita” racconta una residente. “All'arrivo di due operatori ecologici che dovevano tentare di pulire il parchetto, si è messa a inveire anche contro di loro. Credo che siano stati loro a dare l’allarme. Di bambini di passaggio insieme ai genitori ne ho visti pochi. L’ingresso della scuola è distante, si trova in un’altra zona” aggiunge. “È una persona che evidentemente soffre di disagio psichico. Fa molta pena e sicuramente ha bisogno di cure. Quella che si vede nel video è una brutta scena” commenta un altro cittadino che abita in via Giacosa. Anche se al momento non si conosce la reale dinamica dell’accaduto, la politica e i social continuano a parlarne e la discussione si fa sempre più accesa.

Melio: Clima d’odio? I responsabili hanno nomi e cognomi”

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Il post di Iacopo Melio del Pd

Il consigliere della Regione Toscana, Iacopo Melio, via social, commenta: "Una scena atroce e inaccettabile perché fare giustizia, qualsiasi sia il reato, non significa certo questo ma arrestare lasciando che la legge faccia il suo dovere”. Il dem, ben lieto dell’apertura del fascicolo in procura a Milano per lesioni aggravate dall’abuso della pubblica funzione verso i quattro soggetti, ricorda che "al Governo abbiamo personcine che questi orrori li hanno sempre giustificati”. E fa l’elenco ricordando frasi dette in passato dagli esponenti del governo, come la premier Giorgia Meloni, il ministro Matteo Salvini e il presidente del Senato, Ignazio La Russia. "Se c’è un clima di odio e di repressione, oggi più che mai, ricordatevi che i responsabili hanno nomi e cognomi precisi. Vergogna" conclude Melio.

No alla ferocia inaudita

Per il senatore Pd Franco Mirabelli “non c'è nulla che possa giustificare l'abuso della forza su una persona inerme. Un conto è impedire di compiere reati altro è accanirsi sui responsabili”.
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La deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari

"Qualunque cosa possa esser accaduta, non può giustificare questa inaudita ferocia da parte di chi è chiamato a tutelare i cittadini. Se una persona commette un reato, bisogna arrestarla, non massacrarla. È uno dei principi che ci rende un Paese civile" tuona Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Giustizia.

Gaynet: “Video incommentabile”

“Il video della donna trans aggredita dalla polizia a Milano è incommentabile, il ministro dell'interno deve risponderne pubblicamente”. Così Rosario Coco, Presidente di Gaynet. “Qualunque cosa sia accaduta negli istanti precedenti, nessuna persona merita di essere trattata in quel modo. Quello che abbiamo visto testimonia la mancanza di protocolli e formazione adeguata delle forze dell'ordine, nonostante vi siano realtà Lgbt che si spendono quotidianamente per cambiare le cose all'interno dei corpi armati”.
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Rosario Coco, presidente di Gaynet

Secondo Coco il problema è politico per almeno due aspetti. “L’abuso in sé da parte degli agenti e il fatto che sia stata colpita una persona transgender" "E evidente che un Paese che non condanna ancora i crimini d'odio omotransfobici come l'Italia, ormai tra gli ultimi in Europa, rende più difficili le azioni di sensibilizzazione nei confronti di persone costrette a vivere in condizioni difficili per via dello stigma sociale connesso alla propria identità di genere” conclude.

L'attivista: "Chi commette reati va arrestato, non picchiato a sangue"

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Cathy La Torre, attivista e avvocata. È specializzata in diritto antidiscriminatorio (Instagram)

L'avvocata e attivista Cathy La Torre condanna senza se e senza ma l'accaduto. Postando sui social il video, commenta: "No, non siamo a New York. Siamo a Milano. E lì, a terra, c’è una donna trans e razzializzata. È disarmata, alza le mani". Riassumendo quando mostra il filmato, l'avvocata tuona: "Sono immagini atroci, inaccettabili, ingiustificabili. Perché una persona che commette un reato va arrestata, non picchiata a sangue. Qualsiasi cosa sia accaduta prima".
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Sui social la condanna all'operato degli agenti della municipale è forte

“Se la forza usata è sproporzionata, il pericolo è per tutti”

“Il fatto va accertato e si delinea un tema di pericolo per tutti i cittadini, se la forza usata è maggiore di quella consentita, a prescindere da ulteriori elementi di discriminazione come quelli razziali o dell'identità di genere”. E’ il parere di Mattia Peradotto, coordinatore dell'Unar, l'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. “Essendoci un procedimento giudiziario in tema, il commento deve attendere il procedimento stesso” continua. Anche se “quanto si vede dal video, in quel momento, a prescindere da ciò che sia accaduto prima” fa pensare che “se una persona non risponde in modo violento, l'uso di mezzi sproporzionati va oltre la normativa vigente”.
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Mattia Peradotto, coordinatore dell'Unar, l'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali

L'uso di modalità coercitive fisiche è “regolato dal codice penale e deve esserci proporzionalità” tra l'uso della forza e il rischio di pericolo o la difesa da un altro atto di forza. Per questo, sottolinea Peradotto “si attende l'autorità giudiziaria, ma pare dal video che ci sia un utilizzo probabilmente non conforme al codice penale, rispetto alla forza coercitiva”. In particolare, per dare il proprio contributo, "noi come Unar facciamo con l'osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, assieme all'osservatorio nazionale della polizia di Stato, che però è un altro corpo, dei corsi di formazione per le forze dell'ordine sulla gestione e la prevenzione di possibili atti discriminatori”. L'obiettivo è promuovere “una miglior capacità di trattare profili di maggior discriminazione” oltre a “prevenire situazioni del genere e avere una capacità di miglior gestione del momento, che può essere complesso, come un fermo o un arresto, lavorando in via preventiva sulle capacità delle forze dell'ordine di trattare la loro mansione”.