L’affondo della Cei contro l'aborto: dietro a quello che viene fatto passare come diritto si nasconde in realtà la mancata possibilità di scelta per una donna. Nel Messaggio per la Giornata della vita, che sarà celebrata il 2 febbraio, i vescovi cattolici tornano sulla questione maternità, spaziando dal no deciso contro l’interruzione di gravidanza – ben vengano i Centri di aiuto alla vita, le stanze dell’ascolto e le associazioni pro life nei consultori insomma – alle critiche contro la gestazione per altri, perché le donne non possono essere "contenitori di figli altrui".
“Dobbiamo constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l'obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell'aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un ‘diritto’ – si legge nella nota del Consiglio episcopale permanente guidato dal cardinale Zuppi –, mentre la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano", si sottolinea. Nessuna novità nel contenuto, perché che la Chiesa Italiana fosse contraria all’aborto non pè certo una novità. Ma è il contenitore, o meglio il toni usati, ad essere tornati ad una forma di cieca intransigenza che non si vedevano da tempo.
“Il riconoscimento del 'diritto all'aborto' (tra virgolette nel testo della Cei, come a prenderne le distanze) – scrive la Cei – è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà? Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all'Ivg) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e civile rimuovere?”.
Anche perché nelle famiglie italiane ci sono pochi figli e troppi cani e gatti. Questo il messaggio più volte ribadito da Papa Francesco e ancora una volta rilanciato dai vescovi. Però. C’è un però. Per la Chiesa italiana non si può pretendere di essere “genitori a qualsiasi costo”, usando dunque anche tecniche di riproduzione assistita. E quindi occorre “impedire forme di mercificazione della vita e di sfruttamento delle donne come ‘contenitori’ di figli altrui”. Come la gestazione per altri, a cui però ha già pensato lo stesso governo rendendola un reato universale.
Insomma il no del Vaticano a tutto ciò che non rientra nel canone è tornato ad essere netto, assoluto. No all’aborto, no alla fecondazione assistita, no alla Gpa. Il primo è “un omicidio”, come l’ha più volte definito il Pontefice, sottolineando anche come i medici che lo praticano siano dei "sicari. e nei giorni scorsi, durante l’udienza con la comunità accademica della Federico II di Napoli, ha parlato di vita nascente trascurata. “Se trascura la dignità umana, che è uguale per tutti, la medicina rischia di prestarsi agli interessi del mercato e dell'ideologia, anziché dedicarsi al bene della vita nascente, della vita sofferente, della vita indigente".
Lo stesso presidente della Cei Zuppi era stato più conciliante in passato: “La legge sull'aborto, la 194, è stata dolorosa, ma mi sembra garantisca, per alcuni troppo poco, per alcuni troppo" e "ha una traduzione laica importante, tanto che nessuno ha intenzione di rimetterla in discussione", aveva detto un anno e mezzo fa al Festival del Domani. E anche il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia, in un'intervista del 2022 aveva definito la 194 "un pilastro della vita sociale italiana, tanto è incardinata nell'ordinamento giuridico italiano".
La strada, oggi, sembra invece di nuovo tracciata, grazie forse anche alla sponda data dalla maggioranza di governo, verso una posizione di netta opposizione: i diritti riproduttivi, le istanze delle donne, in Chiesa non sono ammessi.