Vittima di stalking denuncia il compagno: "Non parliamo di mostri"

Irene (nome di fantasia) si è rivolta al centro antiviolenza Chiama chiAma di MondoDonna Onlus di Bologna: "Esperienza catartica. Ma non banalizziamo qualcosa di complesso attraverso la spettacolarizzazione"

di MAURIZIO COSTANZO
9 marzo 2023
Stop domestic abuse

Stop domestic abuse

Invisibile, inascoltata, intrappolata. È così che si sentono molte donne quando subiscono molestie e violenze di ogni tipo: fisiche, psicologiche, domestiche, sessuali. Conoscere il fenomeno è il punto di partenza per estirparlo. Denunciare una violenza subita e chiedere aiuto non è però un atto semplice nè scontato. Richiede molto coraggio, ma un percorso di uscita da questa situazione è possibile, reale, concreta. Per aiutare altre donne a non scoraggiarsi, una vittima di stalking – che chiameremo Irene, nome di fantasia per tutelarne la privacy – ha deciso di raccontare la sua storia di dolore e rinascita. Irene si è rivolta agli sportelli antiviolenza Chiama chiAma di MondoDonna Onlus, associazione bolognese che dal 2013 supporta le donne vittime di violenza in tutto il territorio metropolitano. Il fatto di avere chiesto aiuto ha reso possibile un’altra strada.

La storia di Irene

“Un anno fa, tra gennaio e febbraio del 2022, mi sono rivolta al centro antiviolenza. È successo dopo una forte litigata col mio ex – racconta Irene -. Mi sentivo così persa e in preda dalla disperazione e allo sconforto che ho preso il cellulare e ho chiamato. Era la prima volta che mi rivolgevo a un centro antiviolenza. Al Cav mi hanno dato tutti gli strumenti per andare avanti, mi hanno mostrato le possibilità che avevo, tra cui chiedere il reddito di libertà, che per me era importante per permettermi una terapia psicologica. Purtroppo, questo non è andato a buon fine ma frequentare il centro mi ha dato la possibilità di sentirmi accolta e al sicuro. Ho fatto fatica, ma è un’esperienza catartica e liberatoria”. La fatica non sta nel frequentare un centro antiviolenza (Cav), ma nell’uscire dalla dissonanza cognitiva e dalla confusione che un certo tipo di violenza lascia dentro se stessi.

Chiama chiAma di MondoDonna Onlus

Violenze fisiche e abusi sessuali: per il 70% delle donne è “normale”

Solo il 29.6% delle donne che hanno subito violenza fisica o sessuale per mano del partner (o dell’ex) ritiene di essere stata vittima di un crimine. Il 48.9% crede che si sia trattato di qualcosa di sbagliato ma non di un reato e il 20% considera la violenza semplicemente come "qualcosa che può accadere". "Mi sono documentata – spiega Irene –. La violenza inibisce la propria capacità di giudicare la realtà, di ragionare logicamente e di giudicare te stessa". Non bisogna colpevolizzare chi non riesce a chiedere aiuto, le motivazioni possono essere diverse: alcune non denunciano per paura, perché nonostante tutto amavano il partner e non volevano finisse in prigione, perché credevano di poter gestire la situazione da sole, autoconvincendosi che quanto subito non fosse poi "così grave". In Italia, secondo i dati Istat del 2014 (ripresi dal report, pubblicato nel novembre 2022, "L’approccio Trauma orientato nella violenza di genere" del progetto europeo Care4Trauma) il 22.9% delle donne non racconta l’esperienza violenta e il 12% non denuncia.

La testimonianza di Irene: “Una strada diversa è possibile”

Stalking, la denuncia della vittima

"Ad agosto 2022 ho deciso di sporgere denuncia nei confronti del mio ex compagno – spiega Irene -. Ora è indagato per atti persecutori e stalking. Il centro antiviolenza è stato la mia ancora, da lì in poi mi sono sentita supportata da una rete. Chi agisce violenza non deve essere visto come un mostro e vorrei contribuire a far passare il meno possibile questo messaggio. Non ci sono mostri, c’è la complessità dell’essere questo uomo o questa donna. Il resto rischia di banalizzare, patologizzare o spettacolarizzare qualcosa di molto molto delicato e complesso”. Irene continuerà a frequentare il centro antiviolenza e si sta preparando al processo, a rendere la sua storia da privata a pubblica, affrontando tutto come sempre con grande coraggio. “Ecco cosa ho scoperto nonostante la sofferenza – conclude Irene - che non sono sola, che una strada diversa è possibile".