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Sopravvissuta all'incubo della violenza: "Chiedo solo di poter ricominciare la mia vita"

La testimonianza in occasione della Giornata mondiale del 25 novembre. Più di 100 le vittime dall’inizio dell’anno, più della metà in ambito familiare o casalingo

di MARIANNA GRAZI -
25 novembre 2022
violenza-donne

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"Io mi sono allontanata dalla mia casa una notte di tre anni fa. Non ho scelto, sono dovuta andare a vivere dai miei genitori". Grazia ce l'ha fatta. Tante altre no. A raccogliere la sua testimonianza, anonima, è ActionAid, in un video in cui la donna racconta la sua storia di violenza, di coraggio e di abbandono. La prima, da parte dell'uomo che aveva giurato di amarla e soprattutto rispettarla, l'abbandono, invece da parte di uno Stato che, pur attento alla questione della violenza di genere, non è in grado di supportare in modo concreto chi, da quell'incubo, riesce a scappare in tempo, ma poi non ha i mezzi per rifarsi una vita.

I numeri della violenza

Oltre metà dei casi di violenza sulle donne si consuma in ambito familiare

Nel corso del 2022, dal 1 gennaio fino al 21 novembre, sono state 104 le donne uccise in Italia. Numeri che come anelli di una catena insanguinata si inseguono senza che arrivi una scure a spezzarli, una volta per tutte. Ma non solo numeri. Sono vite. Quelle sì, spezzate. I dati ufficiali più aggiornati sono quelli del dossier "Il pregiudizio e la violenza contro le donne", curato dalla Direzione centrale della polizia criminale proprio in vista della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, una ricorrenza simbolica ma fondamentale istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999 che raccontano però non una ma tante storie finite troppo presto. La prima, di questo 2022, è quella di Guglielmina, 72 anni, che il marito ha soffocato il 6 gennaio, per poi impiccarsi. L'ultima, quella di Vera, accoltellata domenica 20 novembre a Spinea (Venezia) dall’ex coniuge, anche lui suicidatosi dopo. In mezzo ci sono quelli di Sharon, Alessandra, Silvia, Lorenza, Vanessa... Saman, anche lei, fatta a pezzi dalle stesse mani che l'hanno generata. Donne picchiate, colpite a morte, strangolate. Uccise. Il report, pubblicato pochi giorni prima della ricorrenza annuale, elenca tutte le vittime con nome, cognome, età, modalità dei femminicidi: oltre la metà (48) sono stati commessi dal partner o dall’ex e 33 da altri familiari, figli, nipoti, fratelli.

La testimonianza di Grazia

"In passato il mio ex compagno non voleva che andassi a lavorare, telefonate di continuo, controlli, a un certo punto ha cominciato anche a togliermi il bancomat. Poteva servire per qualsiasi cosa, una delle tre bimbe che si sentiva male, il pediatra, una spesa farmacologica, oppure fare la spesa: diventava un serio problema. 'Le tolgo i soldi, non la mando al lavoro'... era un modo per gestirmi" racconta Grazia, portando alla luce una delle forme di violenza più subdole, quella economica. Togliere alla compagna, alla moglie, il controllo sui propri soldi, sulla propria vita lavorativa, significa toglierle l'indipendenza, la possibilità di autodeterminarsi. I soldi non fanno la felicità, recita un vecchio detto, ma certamente non avere la possibilità di utilizzare quelli guadagnati con il proprio impiego comporta una sorta di subalternità, quasi di sudditanza, da chi prende il controllo di quelle finanze. Grazia, quando se n'è andata da quell'uomo possessivo, ha perso tutto, in primis la libertà. Quella che ha riconquistato, fisicamente, lasciandolo. Ed è stata costretta a tornare a vivere dai suoi genitori. Non senza difficoltà. "La relazione con le mie figlie e con mamma e papà è andata sempre più complicandosi - racconta -. Emotivamente ci hanno dato tanto, però a livello di spazio, sicuramente, non c'è più quella privacy che magari alcune volte è molto importante avere". La donna si è anche rivolta a un Centro antiviolenza, che le ha restituito perlomeno un minimo di indipendenza economica: "Sono rientrata nel programma per il reddito di libertà e ho avuto 5mila euro, che possono sembrare pochi ma per me sono stati tanti. La Regione Lazio stanzia questi fondi fino a un certo punto, quando finiscono è facile che tu purtroppo non ci rientri", precisa Grazia. Che aveva un'idea ben precisa su come utilizzarli: "Avrei sempre voluto avere una mia casina, anche in affitto. Quello che mi ha fatto tanto male è che quando poi sono andata proprio a chiedere l'affitto di una casa, non corrispondendo questo reddito a una busta paga quella casa non mi è stata mai data". La sua è una riflessione amara, di chi è sopravvissuta alla violenza ma ha perso comunque tutto e si trova lasciata sola o quasi nel momento in cui, da sopravvissuta appunto, vorrebbe tornare ad essere una donna, con una vita, un lavoro, una casa per la propria famiglia. "D'accordo che io ho coraggio, esco dalle mura domestiche e vado in un CAV. Ma dopo? Lo Stato dove sta quando io ho bisogno di avere per esempio una casa, per esempio una busta paga, per poter avere l'opportunità di ricominciare da capo. Cosa stiamo aspettando?".

Il report di ActionAid "Diritti in bilico"

Il report di ActionAid "Diritti in bilico"

Le donne in uscita da Centri antiviolenza e Case Rifugio, come Grazia e come tante altre nel nostro Paese, vivono un percorso accidentato, fatto di ostacoli e difficoltà, che le espone a estrema vulnerabilità socioeconomica e al rischio di ricadere nella spirale della violenza. Ci sono necessità impellenti, come ritrovare un'autonomia anche abitativa, a cui troppo spesso lo Stato non risponde a causa di politiche frammentarie, incoerenti e fondi stanziati insufficienti a coprire le richieste di supporto per avere un reddito certo, alloggio sicuro e lavoro dignitoso. Di queste richieste si fa simbolicamente carico ActionAid con il report "Diritti in bilico", in un'analisi delle politiche e delle risorse nazionali e regionali a sostegno delle donne, attraverso focus group, workshop e interviste che hanno coinvolto circa 100 rappresentanti di strutture di accoglienza, servizi territoriali ed enti pubblici per donne in fuoriuscita dalla violenza. Nel periodo 2015-2022 le istituzioni hanno stanziato circa 157 milioni, ovvero 54 euro circa al mese per donna non autonoma economicamente, per fornire un supporto al reddito, promuoverne il re-inserimento lavorativo, garantire una casa sicura e sostenibile nel lungo periodo a queste persone. Fondi scarsi, secondo l'associazione e gli esperti che hanno lavorato al report, destinati a donne che spesso non riescono a produrre una dichiarazione Isee separata da quella del maltrattante e accedere così a misure contro la povertà (reddito di cittadinanza, reddito di dignità) o di supporto alle famiglie in difficoltà (es. bonus affitto, bollette).

Reddito di libertà, lavoro e casa: i nodi cruciali

I dati sul reddito di libertà (Fonte Istat)

Sono circa 50mila le donne che, ogni anno, nel nostro Paese, si rivolgono ai centri antiviolenza. Il cosiddetto "Reddito di libertà", istituito nel maggio 2020 con il DL Rilancio dopo i lockdown per il Covid-19, oggi è uno strumento indispensabile per l’indipendenza economica delle donne in condizioni di povertà che hanno subito violenza. Si tratta di un supporto di 400 euro al mese per massimo 12 mesi. Ma nel primo anno dall'istituzione ne hanno beneficiato solo 600 donne, a fronte delle 3.283 richieste presentate (dati Inps). Con questi fondi (12 milioni per il biennio 2020-2022) si calcola che solo 2.500 donne potranno avere accesso alla misura, ma sarebbero circa 21 mila all’anno coloro che ne avrebbero necessità (elaborazione Dati Istat). C'è poi la questione lavorativa: non esiste, a livello nazionale, alcuna norma sul re-inserimento lavorativo che prenda in considerazione le specifiche esigenze delle sopravvissute, cioè i carichi di cura familiari, la precarietà economica, le difficoltà di spostamento o la mancanza di accesso a servizi come asili e nidi. Le misure sono pensate e finanziate da ciascuna Regione in modo diverso. Infine, come abbiamo visto dalla storia di Grazia, le donne che hanno subito violenza hanno una probabilità (quattro volte) superiore di vivere situazioni di disagio abitativo. Chi deve ricostruire la propria vita dopo che un uomo l'ha distrutta spesso ha gravi difficoltà nel pagamento dell’affitto o della rata del mutuo, è costretta a traslochi frequenti, subisce sfratti o si trova a dover vivere in alloggi sovraffollati, non di rado con i propri bambini al seguito "Per vivere una vita libere dalla violenza le donne hanno bisogno di un reddito sufficiente, una casa sicura, un lavoro dignitoso e servizi pubblici funzionanti: diritti fondamentali che le istituzioni italiane non sono in grado di garantire a tutte e in tutti i territori – dichiara Isabella Orfano, esperta diritti delle donne di ActionAid –. Il rischio è di far tornare le donne, spesso con figlie e figli, dagli autori di violenza, vanificando il loro percorso verso l'autonomia. Quanto tempo ancora le migliaia e migliaia di donne che hanno subito violenza dovranno aspettare prima di poter beneficiare di politiche e servizi strutturali che rispondano alle loro esigenze? – si chiede ancora Orfano – Al Governo chiediamo per l’ennesima volta di adottare politiche integrate e strutturali coinvolgendo tutti i Ministeri e gli uffici competenti. È questa l’unica via possibile affinché le donne possano affrancarsi con successo dalla violenza e affermare la loro libertà".