Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Economia » Comunicare la sostenibilità: #CallToSustainability mette al centro l’interesse di chi ascolta

Comunicare la sostenibilità: #CallToSustainability mette al centro l’interesse di chi ascolta

Dalla partnership di tre agenzie, iCorporate, The Visual Agency e Dalk, nasce un progetto innovativo che punta ad una "narrazione unica ma poi declinata in modo specifico per ogni audience"

Marianna Grazi
24 Luglio 2022
#Calltosustainability

#Calltosustainability

Share on FacebookShare on Twitter

L’impegno di sostenibilità è ormai parte integrante della ‘corporate reputation’ aziendale, ovvero della sua reputazione nella società. E per raccontarlo ai diversi soggetti coinvolti (che sono sia i consumatori sia i dipendenti, o i fornitori o le società quotate) è necessario sviluppare strumenti comunicativi che guidino nella comprensione degli impegni e dei risultati partendo dagli interessi di chi ascolta. Perché la sostenibilità implica un ripensamento del proprio modello di business e una organizzazione diversa anche al proprio interno, coinvolgendo sì l’aspetto ambientale e sociale ma anche economico. Un’impresa, infatti, produce un valore che non è solo profit per sé e i suoi azionisti, ma anche per la società.

La Ricerca Astarea, “Come comunicano le Imprese sostenibili“, dice che meno di un terzo delle aziende italiane sono più che soddisfatte del raggiungimento degli obiettivi di comunicazione di sostenibilità che si sono prefissate. Trovano difficoltà a raccontare iniziative diverse tra loro e a spiegare temi spesso complessi. Per un italiano su 5 la sostenibilità non è un concetto chiaro: termini come ‘carbon footprint’ sono compresi solo dal 29% (Ricerca IAB Italia – YouGov) e solo 1 italiano su 4 conosce correttamente gli SDGs (Indagine Norstat per Green MediaLab). Per esempio sapete di cosa stiamo parlando? Sdg sta per “Sustainable Development Goals”, cioè Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, costituiti da 17 punti individuati dall’Onu nel 2015 per la famosa Agenda 2030. 

Viviana Poletti
Viviana Poletti

Di fronte all’aumento della complessità delle tematiche, per sviluppare un racconto efficace della sostenibilità aziendale serve un nuovo modello di comunicazione. Allora il ricorso alla visualizzazione dei dati, all’uso dell’information design e di modalità interattive rappresenta una soluzione per facilitarne la comprensione. Ed è proprio questo che si propone #CallToSustainability, una partnership che integra le competenze di tre agenzie, iCorporate, The Visual Agency e Dalk e offre un approccio innovativo, multidisciplinare, in grado di grado di accompagnare le imprese nel loro percorso di sostenibilità a 360°. “Creare piattaforme integrate significa costruire una narrazione unica ma poi declinata in modo specifico per ogni audience” dichiara Viviana Poletti, responsabile del progetto #CallToSustainability. Poletti ha una lunga esperienza in comunicazione di crisi e sostenibilità: “Ho iniziato come giornalista e mi sono poi spostata nel mondo degli uffici stampa e delle agenzie. Mi sono dedicata a questa carriera che mi ha appassionato molto – racconta – e dopo varie esperienze, tra cui quella ventennale in un’agenzia di PR internazionale, ho iniziato a collaborare con iCorporate, di cui sono diventata responsabile dell’area Reputation & Sustainability”.

Noi di Luce!, che al tema della sostenibilità ci teniamo particolarmente, l’abbiamo raggiunta per farci raccontare questo progetto che si base su un principio semplice ma efficace: “Le persone credono in ciò che capiscono”.

La sostenibilità è ormai un elemento essenziale in azienda, ma non tutte hanno intrapreso un percorso in questa prospettiva: perché?
“Perché è un percorso impegnativo che implica il ridefinire il modo di produrre i prodotti, coinvolgendo i fornitori, i dipendenti ecc. Quindi ci sono grandi aziende italiane o multinazionali che sono già da anni su questa strada e che per esempio fanno i bilanci di sostenibilità per rendicontare in modo trasparente le proprie azioni. Poi ci sono medie aziende e soprattutto le PMI che stanno iniziando adesso questo percorso. Altre, invece, pur ritenendo giusta questa strada, non hanno ancora definito una strategia”. 

Come si declina la sostenibilità?
“Deve essere basata sui fatti. Deve essere concreta e autentica, deve essere fondata su cose che faccio e non solo su dichiarazioni d’intenzione. Poi l’azienda deve darsi degli obiettivi quantificabili e spiegare come intende arrivarci. Si sente spesso dire: ‘Noi puntiamo alla Carbon Neutrality’ che vuol dire azzerare l’emissione di CO2 nelle attività. In realtà questo è un obiettivo: devo dire come voglio realizzare questo scopo, con quali azioni concrete. Se intendo farlo attraverso interventi di minor consumo di energia o energia da fonti rinnovabili o quanto da un’attività di “compensazione” ovvero da nuovi alberi piantati che assorbono la Co2“.

Ci racconta le tre agenzie che partecipano a #CallToSustainability?
“iCorporate è una società di relazioni pubbliche specializzata nella comunicazione corporate che integra i canali digitali tradizionali per consolidare e difendere la reputazione delle aziende. The Visual Agency è specializzata nel data visualization, quindi riesce a spiegare visivamente ad esempio l’impatto ambientale di un processo produttivo in maniera molto semplice, con la visualizzazione grafica oppure con modalità interattive (hanno fatto l’ultimo bilancio di sostenibilità di Eni utilizzando video, podcast, storie). Lo storytelling è fondamentale: raccontare ad esempio un progetto nelle comunità locali dell’Africa o dell’Asia attraverso la voce dei protagonisti fa apparire la comunicazione vera, concreta e comprensibile. L’ultima agenzia, Dalk (crasi tra data e talk) è una società nata sull’esempio americano del data journalism che punta a raccontare la sostenibilità in modo chiaro e trasparente attraverso i dati“. 

Calltosustainability

Cosa offre questo progetto?
“#CallToSustainability vuole offrire una comunicazione chiara e comprensibile a tutti, oltre che concreta e trasparente. Non è facile spiegare la sostenibilità e le persone a cui ci rivolgiamo possono avere competenze molto diverse tra loro. Le persone a cui si rivolgono le aziende possono essere, appunto, di generazioni diverse: dalla Gen Z ai Millennials, per far sì che sia comprensibile è necessario che questa comunicazione parli la lingua di tutti. Quindi #CallToSustainability è nata perché ha colto questa necessità delle aziende e dei nostri clienti”.

A chi si rivolge?
“Le competenze singole delle tre società, integrate tra loro, rispondono alle difficoltà che incontrano le aziende con il loro pubblico, ma anche con i loro dipendenti. Per questo nella nostra offerta affrontiamo anche l’area della comunicazione interna e della comunicazione con gli stessi fornitori. Pensare a linguaggi diversi, dentro e fuori l’azienda, e portare un messaggio di sostenibilità attraverso il giusto canale è il nostro obiettivo: ad esempio, con i giovani della Generazione Z, molto sensibili al tema, forse più di altri, parlo attraverso i social media, come TikTok e Instagram, prediligendo il linguaggio visivo”.  

Cos’è importante, in termini di sostenibilità, per le aziende?
“Costruire e mantenere la fiducia. E lo fai se sei credibile, se dici delle cose che sono vere e comprensibili. Altrimenti le aziende possono perdere terreno in rilevanza e competitività. Per questo motivo molte si stanno ‘buttando’ sulla sostenibilità, perché effettivamente è un elemento a tendere, che le renderà sempre diverse dai loro competitor, ed è un elemento di valore rispetto alle persone con cui interagiscono. I consumatori penso che alla fine premieranno le aziende che hanno dietro un impegno vero, anche se sono inondati da queste dichiarazioni ‘Green’. È un tema di educazione collettivo, un elemento indispensabile per crescere ed essere competitivi”. 

Si sente spesso citare il ‘Greenwashing’. Ci può spiegare di cosa si tratta?
“È un fenomeno in crescita ma allo stesso tempo un grande allarme che viene dall’interno, dal sistema della comunicazione. Sono tante le accuse che vengono sollevate anche da associazioni o singoli. È sempre più richiesto che la comunicazione di sostenibilità sia autentica, vera e concreta e se invece non lo è si rischia un boomerang in termini di fiducia e reputazione. L’area del marketing è quella più esposta, perché utilizza la sostenibilità come elemento per vendere di più. L’anno scorso c’è stata la prima ordinanza del tribunale di Gorizia che per la prima volta è intervenuta su un’azienda che aveva fatto una dichiarazione su un suo prodotto e non era vera: questa sosteneva di avere la prima microfibra sostenibile 100% riciclabile, ma in realtà questa cosa non era supportata dai dati. Una delle caratteristiche tipiche del greenwashing è la vaghezza nei termini utilizzati o l’uso di affermazioni non verificabili. Ad esempio l’abuso del termine ‘Green’: ma cosa significa davvero essere ‘Green’? Diventa una comunicazione vaga se non viene indicato effettivamente dove l’azienda sta facendo delle scelte green o se non riporta dati concreti che certificano l’impegno sostenibile”.

 

Potrebbe interessarti anche

In occasione della Giornata internazionale della Felicità World Happiness Report annuncia la classifica dei Paesi più felici al mondo
Attualità

Giornata mondiale della felicità: amici e famiglia i fattori chiave

20 Marzo 2023
La campagna Mestrusomnia di Nuvenia
Attualità

Giornata mondiale del sonno: gli effetti del ciclo sulle donne

17 Marzo 2023
Sam Neill, attore di Jurassic Park, rivela di essere in cura per un cancro al sangue al terzo stadio
Attualità

Sam Neill: “Ho avuto il cancro al sangue: non ho paura di morire”

18 Marzo 2023

Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown

L’impegno di sostenibilità è ormai parte integrante della 'corporate reputation' aziendale, ovvero della sua reputazione nella società. E per raccontarlo ai diversi soggetti coinvolti (che sono sia i consumatori sia i dipendenti, o i fornitori o le società quotate) è necessario sviluppare strumenti comunicativi che guidino nella comprensione degli impegni e dei risultati partendo dagli interessi di chi ascolta. Perché la sostenibilità implica un ripensamento del proprio modello di business e una organizzazione diversa anche al proprio interno, coinvolgendo sì l’aspetto ambientale e sociale ma anche economico. Un'impresa, infatti, produce un valore che non è solo profit per sé e i suoi azionisti, ma anche per la società.

La Ricerca Astarea, "Come comunicano le Imprese sostenibili", dice che meno di un terzo delle aziende italiane sono più che soddisfatte del raggiungimento degli obiettivi di comunicazione di sostenibilità che si sono prefissate. Trovano difficoltà a raccontare iniziative diverse tra loro e a spiegare temi spesso complessi. Per un italiano su 5 la sostenibilità non è un concetto chiaro: termini come ‘carbon footprint’ sono compresi solo dal 29% (Ricerca IAB Italia – YouGov) e solo 1 italiano su 4 conosce correttamente gli SDGs (Indagine Norstat per Green MediaLab). Per esempio sapete di cosa stiamo parlando? Sdg sta per “Sustainable Development Goals”, cioè Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, costituiti da 17 punti individuati dall'Onu nel 2015 per la famosa Agenda 2030. 

Viviana Poletti
Viviana Poletti

Di fronte all’aumento della complessità delle tematiche, per sviluppare un racconto efficace della sostenibilità aziendale serve un nuovo modello di comunicazione. Allora il ricorso alla visualizzazione dei dati, all’uso dell’information design e di modalità interattive rappresenta una soluzione per facilitarne la comprensione. Ed è proprio questo che si propone #CallToSustainability, una partnership che integra le competenze di tre agenzie, iCorporate, The Visual Agency e Dalk e offre un approccio innovativo, multidisciplinare, in grado di grado di accompagnare le imprese nel loro percorso di sostenibilità a 360°. "Creare piattaforme integrate significa costruire una narrazione unica ma poi declinata in modo specifico per ogni audience" dichiara Viviana Poletti, responsabile del progetto #CallToSustainability. Poletti ha una lunga esperienza in comunicazione di crisi e sostenibilità: “Ho iniziato come giornalista e mi sono poi spostata nel mondo degli uffici stampa e delle agenzie. Mi sono dedicata a questa carriera che mi ha appassionato molto – racconta – e dopo varie esperienze, tra cui quella ventennale in un’agenzia di PR internazionale, ho iniziato a collaborare con iCorporate, di cui sono diventata responsabile dell’area Reputation & Sustainability”.

Noi di Luce!, che al tema della sostenibilità ci teniamo particolarmente, l'abbiamo raggiunta per farci raccontare questo progetto che si base su un principio semplice ma efficace: "Le persone credono in ciò che capiscono”.

La sostenibilità è ormai un elemento essenziale in azienda, ma non tutte hanno intrapreso un percorso in questa prospettiva: perché? "Perché è un percorso impegnativo che implica il ridefinire il modo di produrre i prodotti, coinvolgendo i fornitori, i dipendenti ecc. Quindi ci sono grandi aziende italiane o multinazionali che sono già da anni su questa strada e che per esempio fanno i bilanci di sostenibilità per rendicontare in modo trasparente le proprie azioni. Poi ci sono medie aziende e soprattutto le PMI che stanno iniziando adesso questo percorso. Altre, invece, pur ritenendo giusta questa strada, non hanno ancora definito una strategia".  Come si declina la sostenibilità? "Deve essere basata sui fatti. Deve essere concreta e autentica, deve essere fondata su cose che faccio e non solo su dichiarazioni d’intenzione. Poi l’azienda deve darsi degli obiettivi quantificabili e spiegare come intende arrivarci. Si sente spesso dire: 'Noi puntiamo alla Carbon Neutrality' che vuol dire azzerare l’emissione di CO2 nelle attività. In realtà questo è un obiettivo: devo dire come voglio realizzare questo scopo, con quali azioni concrete. Se intendo farlo attraverso interventi di minor consumo di energia o energia da fonti rinnovabili o quanto da un’attività di “compensazione” ovvero da nuovi alberi piantati che assorbono la Co2". Ci racconta le tre agenzie che partecipano a #CallToSustainability? "iCorporate è una società di relazioni pubbliche specializzata nella comunicazione corporate che integra i canali digitali tradizionali per consolidare e difendere la reputazione delle aziende. The Visual Agency è specializzata nel data visualization, quindi riesce a spiegare visivamente ad esempio l’impatto ambientale di un processo produttivo in maniera molto semplice, con la visualizzazione grafica oppure con modalità interattive (hanno fatto l’ultimo bilancio di sostenibilità di Eni utilizzando video, podcast, storie). Lo storytelling è fondamentale: raccontare ad esempio un progetto nelle comunità locali dell’Africa o dell’Asia attraverso la voce dei protagonisti fa apparire la comunicazione vera, concreta e comprensibile. L’ultima agenzia, Dalk (crasi tra data e talk) è una società nata sull’esempio americano del data journalism che punta a raccontare la sostenibilità in modo chiaro e trasparente attraverso i dati".  Calltosustainability Cosa offre questo progetto? "#CallToSustainability vuole offrire una comunicazione chiara e comprensibile a tutti, oltre che concreta e trasparente. Non è facile spiegare la sostenibilità e le persone a cui ci rivolgiamo possono avere competenze molto diverse tra loro. Le persone a cui si rivolgono le aziende possono essere, appunto, di generazioni diverse: dalla Gen Z ai Millennials, per far sì che sia comprensibile è necessario che questa comunicazione parli la lingua di tutti. Quindi #CallToSustainability è nata perché ha colto questa necessità delle aziende e dei nostri clienti”.

A chi si rivolge? "Le competenze singole delle tre società, integrate tra loro, rispondono alle difficoltà che incontrano le aziende con il loro pubblico, ma anche con i loro dipendenti. Per questo nella nostra offerta affrontiamo anche l’area della comunicazione interna e della comunicazione con gli stessi fornitori. Pensare a linguaggi diversi, dentro e fuori l’azienda, e portare un messaggio di sostenibilità attraverso il giusto canale è il nostro obiettivo: ad esempio, con i giovani della Generazione Z, molto sensibili al tema, forse più di altri, parlo attraverso i social media, come TikTok e Instagram, prediligendo il linguaggio visivo".  

Cos’è importante, in termini di sostenibilità, per le aziende? "Costruire e mantenere la fiducia. E lo fai se sei credibile, se dici delle cose che sono vere e comprensibili. Altrimenti le aziende possono perdere terreno in rilevanza e competitività. Per questo motivo molte si stanno 'buttando' sulla sostenibilità, perché effettivamente è un elemento a tendere, che le renderà sempre diverse dai loro competitor, ed è un elemento di valore rispetto alle persone con cui interagiscono. I consumatori penso che alla fine premieranno le aziende che hanno dietro un impegno vero, anche se sono inondati da queste dichiarazioni ‘Green’. È un tema di educazione collettivo, un elemento indispensabile per crescere ed essere competitivi".  Si sente spesso citare il 'Greenwashing'. Ci può spiegare di cosa si tratta? "È un fenomeno in crescita ma allo stesso tempo un grande allarme che viene dall’interno, dal sistema della comunicazione. Sono tante le accuse che vengono sollevate anche da associazioni o singoli. È sempre più richiesto che la comunicazione di sostenibilità sia autentica, vera e concreta e se invece non lo è si rischia un boomerang in termini di fiducia e reputazione. L’area del marketing è quella più esposta, perché utilizza la sostenibilità come elemento per vendere di più. L’anno scorso c’è stata la prima ordinanza del tribunale di Gorizia che per la prima volta è intervenuta su un’azienda che aveva fatto una dichiarazione su un suo prodotto e non era vera: questa sosteneva di avere la prima microfibra sostenibile 100% riciclabile, ma in realtà questa cosa non era supportata dai dati. Una delle caratteristiche tipiche del greenwashing è la vaghezza nei termini utilizzati o l'uso di affermazioni non verificabili. Ad esempio l’abuso del termine ‘Green’: ma cosa significa davvero essere ‘Green’? Diventa una comunicazione vaga se non viene indicato effettivamente dove l’azienda sta facendo delle scelte green o se non riporta dati concreti che certificano l’impegno sostenibile".  
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto