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Home » Lifestyle » Crisi energetica e attenzione al clima: tutti i motivi che spingono a scegliere la bicicletta

Crisi energetica e attenzione al clima: tutti i motivi che spingono a scegliere la bicicletta

Nel 2021 la produzione di bici in Ue è cresciuta dell'11%: il Portogallo il Paese più virtuoso, in Italia aumentano le piste ciclabili e l'uso dell'e-bike

Domenico Guarino
9 Dicembre 2022
In Unione Europea cresce l'uso e aumenta la produzione di biciclette

In Unione Europea cresce l'uso e aumenta la produzione di biciclette

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Da una parte la crisi energetica, e prima ancora la pandemia – durante la quale si consigliava di evitare luoghi chiusi e affollati (come i mezzi pubblici o gli abitacoli delle automobili), all’altra il reshoring, ovvero il ritorno della catena produttiva nel Paese di origine da parte delle aziende europee, per sopperire ai limiti nell’approvvigionamento di materie prime e componenti proveniente dal Far East, con l’Europa che torna protagonista. Risultato: l’aumento dell’uso, e dunque della produzione, di bici, tanto da fa segnare record su record. E, nel mare di notizie disastrose, questa è indubbiamente una cosa estremamente positiva da rimarcare.

Crisi energetica, attenzione all’ambiente e reshoring spingono moltissime persone all’uso della bici

Secondo quanto emerge dai dati del 2021 raccolti da Eurostat la produzione di biciclette rispetto al 2020 è cresciuta infatti dell’11% per un totale di 13,5 milioni di pezzi prodotti nell’Unione europea solo lo scorso anno. Un trend già avviato nel 2020, in cui si registrava la produzione di 12,2 milioni di biciclette nei Paesi europei. Il Portogallo continua ad avere il primato di nazione leader, con 2,9 milioni di bici prodotte. Alle sue spalle la Romania con 2,5 milioni e poi l’Italia con 1,9 milioni. Germania e Polonia chiudono la top five rispettivamente con 1,4 milioni e 1,2 milioni. Il Portogallo è anche il Paese che ha fatto registrare l’aumento più consistente: qui, fino a vent’anni fa, venivano prodotte solo 400mila biciclette, mentre oggi lo Stato lusitano, che rappresenta solo il 2% della popolazione dell’Unione europea, è responsabile di più di un quinto di tutte le due ruote prodotte in Europa; questo è stato possibile grazie soprattutto al “Portugal Bike Value”, una politica di espansione del distretto intorno ad Águeda, non lontano da Porto, ribattezzato “Bike Valley”, che nel corso degli anni ha portato a raggiungere il record di circa 594 milioni di euro di valore in termini di esportazioni.

Dal punto di vista dell’acquisto, in Italia il 2020 è stato in assoluto l’anno dei record con oltre 2 milioni di bici vendute. E, secondo le stime di Confindustria Ancma (associazione ciclo motociclo accessori), il 2021 sfiora gli stessi numeri, nonostante l’assenza degli incentivi. Si contano infatti 1.975.000 biciclette vendute, con quelle a pedalata assistita che registrano un aumento del 5%, mentre le bici tradizionali hanno una leggera flessione (1.680.000 pezzi, con un meno tre percento). Un’ascesa che ha avuto un effetto traino anche sul complesso delle infrastrutture ciclabili. Il dossier “Covid Lanes” di Legambiente ha infatti certificato come, nelle principali aree urbane del nostro Paese, nel 2020 siano nati quasi 200 chilometri di piste ciclabili “pop up”, cioè corsie riservate alle bici realizzate in tempi rapidi e a costi ridotti. Milano è la città italiana con più chilometri realizzati, ben 35, seguita da Genova con 30. Un passo avanti che va rafforzato, così come richiesto anche dai Pums, Piani Urbani di Mobilità Sostenibile, che prevedono 2.626 km di nuove piste ciclabili, da sommare ai 2.341 km già esistenti in 22 città italiane.

In Italia aumenta anche l’utilizzo di bici elettriche

In particolare, nel nostro Paese, nel 2021 cresce l’export di bici muscolari (+21%) e di ebike (+56%), per un valore totale di 418 milioni di euro (+ 45%) con un più 25% tra l’import e l’export. Da dove nasce questo boom? Uno studio recentemente realizzato da Shimano e condotto su oltre 1.000 intervistati in Italia, parte di un campione più ampio di oltre 15.500 persone in 12 Paesi europei, ha dimostrato che l’aumento del costo della vita e le preoccupazioni in materia ambientale sono i fattori principali nell’incoraggiare le scelte di acquisto/noleggio di una bici ed in particolare di una e-bike. In tutta Europa le motivazioni economiche, come il costo della vita (47%) e i sussidi per l’acquisto di e-bike (41%), sono tra gli effetti del Covid 19 (18%) più indicati come fattori che spingono all’aumento dell’uso delle biciclette elettriche. Questo appare in contrasto con i dati dello scorso anno, quando il 39% degli intervistati in tutta Europa dichiarò che avrebbe valutato l’acquisto o l’uso di una e-bike per evitare i trasporti pubblici per via del Covid-19.

Tra coloro che indicano le preoccupazioni ambientali come fattore di scelta, a livello europeo la percentuale risulta più alta nella fascia d’età 18-24 anni (37%) e tra le donne (36% contro il 30% degli uomini), rispetto al 33% complessivo. Questa sensibilità per i temi ambientali appare più forte in Italia, ed è espressa dal 55% delle donne e dal 47% degli uomini, e arriva fino al 55% nella fascia di età 18-24 anni. Lo studio ha anche evidenziato come gli italiani siano più interessati alla manutenzione ordinaria delle loro bici rispetto alla media europea, infatti il 29% ha dichiarato di voler fare la manutenzione nei prossimi 6 mesi; inoltre, il 59% del campione ritiene importante mantenere la bici in buone condizioni per farla durare più a lungo.

 

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Da una parte la crisi energetica, e prima ancora la pandemia - durante la quale si consigliava di evitare luoghi chiusi e affollati (come i mezzi pubblici o gli abitacoli delle automobili), all’altra il reshoring, ovvero il ritorno della catena produttiva nel Paese di origine da parte delle aziende europee, per sopperire ai limiti nell'approvvigionamento di materie prime e componenti proveniente dal Far East, con l'Europa che torna protagonista. Risultato: l’aumento dell’uso, e dunque della produzione, di bici, tanto da fa segnare record su record. E, nel mare di notizie disastrose, questa è indubbiamente una cosa estremamente positiva da rimarcare.
Crisi energetica, attenzione all'ambiente e reshoring spingono moltissime persone all'uso della bici
Secondo quanto emerge dai dati del 2021 raccolti da Eurostat la produzione di biciclette rispetto al 2020 è cresciuta infatti dell’11% per un totale di 13,5 milioni di pezzi prodotti nell'Unione europea solo lo scorso anno. Un trend già avviato nel 2020, in cui si registrava la produzione di 12,2 milioni di biciclette nei Paesi europei. Il Portogallo continua ad avere il primato di nazione leader, con 2,9 milioni di bici prodotte. Alle sue spalle la Romania con 2,5 milioni e poi l'Italia con 1,9 milioni. Germania e Polonia chiudono la top five rispettivamente con 1,4 milioni e 1,2 milioni. Il Portogallo è anche il Paese che ha fatto registrare l’aumento più consistente: qui, fino a vent’anni fa, venivano prodotte solo 400mila biciclette, mentre oggi lo Stato lusitano, che rappresenta solo il 2% della popolazione dell’Unione europea, è responsabile di più di un quinto di tutte le due ruote prodotte in Europa; questo è stato possibile grazie soprattutto al “Portugal Bike Value”, una politica di espansione del distretto intorno ad Águeda, non lontano da Porto, ribattezzato “Bike Valley”, che nel corso degli anni ha portato a raggiungere il record di circa 594 milioni di euro di valore in termini di esportazioni. Dal punto di vista dell’acquisto, in Italia il 2020 è stato in assoluto l’anno dei record con oltre 2 milioni di bici vendute. E, secondo le stime di Confindustria Ancma (associazione ciclo motociclo accessori), il 2021 sfiora gli stessi numeri, nonostante l’assenza degli incentivi. Si contano infatti 1.975.000 biciclette vendute, con quelle a pedalata assistita che registrano un aumento del 5%, mentre le bici tradizionali hanno una leggera flessione (1.680.000 pezzi, con un meno tre percento). Un’ascesa che ha avuto un effetto traino anche sul complesso delle infrastrutture ciclabili. Il dossier “Covid Lanes” di Legambiente ha infatti certificato come, nelle principali aree urbane del nostro Paese, nel 2020 siano nati quasi 200 chilometri di piste ciclabili “pop up”, cioè corsie riservate alle bici realizzate in tempi rapidi e a costi ridotti. Milano è la città italiana con più chilometri realizzati, ben 35, seguita da Genova con 30. Un passo avanti che va rafforzato, così come richiesto anche dai Pums, Piani Urbani di Mobilità Sostenibile, che prevedono 2.626 km di nuove piste ciclabili, da sommare ai 2.341 km già esistenti in 22 città italiane.
In Italia aumenta anche l'utilizzo di bici elettriche
In particolare, nel nostro Paese, nel 2021 cresce l’export di bici muscolari (+21%) e di ebike (+56%), per un valore totale di 418 milioni di euro (+ 45%) con un più 25% tra l’import e l’export. Da dove nasce questo boom? Uno studio recentemente realizzato da Shimano e condotto su oltre 1.000 intervistati in Italia, parte di un campione più ampio di oltre 15.500 persone in 12 Paesi europei, ha dimostrato che l’aumento del costo della vita e le preoccupazioni in materia ambientale sono i fattori principali nell’incoraggiare le scelte di acquisto/noleggio di una bici ed in particolare di una e-bike. In tutta Europa le motivazioni economiche, come il costo della vita (47%) e i sussidi per l'acquisto di e-bike (41%), sono tra gli effetti del Covid 19 (18%) più indicati come fattori che spingono all’aumento dell’uso delle biciclette elettriche. Questo appare in contrasto con i dati dello scorso anno, quando il 39% degli intervistati in tutta Europa dichiarò che avrebbe valutato l’acquisto o l’uso di una e-bike per evitare i trasporti pubblici per via del Covid-19. Tra coloro che indicano le preoccupazioni ambientali come fattore di scelta, a livello europeo la percentuale risulta più alta nella fascia d’età 18-24 anni (37%) e tra le donne (36% contro il 30% degli uomini), rispetto al 33% complessivo. Questa sensibilità per i temi ambientali appare più forte in Italia, ed è espressa dal 55% delle donne e dal 47% degli uomini, e arriva fino al 55% nella fascia di età 18-24 anni. Lo studio ha anche evidenziato come gli italiani siano più interessati alla manutenzione ordinaria delle loro bici rispetto alla media europea, infatti il 29% ha dichiarato di voler fare la manutenzione nei prossimi 6 mesi; inoltre, il 59% del campione ritiene importante mantenere la bici in buone condizioni per farla durare più a lungo.  
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