Capo o Capa? Per la Crusca: “Meglio evitare la forma femminile in testi formali”. Ecco perché

La prestigiosa Accademia fiorentina, stimolata dalle domande di molte lettrici e lettori, si è espressa in merito all’uso del termine per indicare persone con ruoli dirigenziali

di Redazione Luce!
11 dicembre 2024
Marisa Bellisario

Marisa Bellisario

Ma si dice Capo o Capa di Gabinetto? Katalin Éva Novák, presidente dell’Ungheria dal 2022, è la prima donna Capo o Capa di Stato? Il sostantivo femminile "Capa" è stato sdoganato o resta marginale rispetto al maschile? La parola agli esperti, ricordando che le loro sono indicazioni di massima, non leggi incise nel marmo.

Quindi il termine, pur circolando ampiamente nella comunicazione informale sia parlata che scritta, “non ha ancora perso, per la maggior parte dei parlanti, la connotazione scherzosa e colloquiale. Proprio per questa ragione è ancora opportuno distinguere i contesti ed evitare la forma femminile di 'capo' in testi formali, istituzionali o ufficiali”. È il verdetto che arriva dall'Accademia della Crusca, chiamata a rispondere ai dubbi di molti lettori e lettrici che hanno chiesto alla secolare istituzione fiorentina se una dirigente si possa chiamare con il femminile "capa" ("la mia capa", "capa di gabinetto", "capa ripartizione". ecc.) in luogo del maschile "capo".

La riflessione della linguista 

Sul sito dell'Accademia, Raffaella Setti, storica della lingua italiana e ricercatrice di Linguistica italiana all'Università di Firenze, offre una lunga riflessione storico-etimologica sul tema e sull'uso colloquiale del termine negli anni più recenti. Parte intanto dall’etimologia del termine maschile “capo", inteso come anche come definizione di una parte del corpo umano, in alternativa alla parola “testa”, e sulla distribuzione regionale dell’uso di queste. Poi passa a spiegare anche l’utilizzo di “capo” inteso come persona al vertice di un’ente, un’azienda, un’istituzione e così via e lo fa anche analizzando testi giornalistici che riportano la dicitura al maschile o – come il quotidiano la Repubblica – al femminile.

“Proprio nelle pagine della ‘Repubblica’ – scrive Setti –, non solo sono molto numerose le occorrenze di capa femminile riferito a una donna con ruoli dirigenziali, ma le prime occorrenze risalgono molto indietro nel tempo. Dalla consultazione dell’Archivio del quotidiano si recupera una prima attestazione nel 1988, in un’intervista a Lionello Cantoni, marito di Marisa Belisario, in occasione della sua scomparsa: “Marisa era ambiziosa, ma limpida, onestissima. E spendacciona, ma i soldi erano solo il simbolo di contare davvero. Voleva sempre essere la capa: il progetto Telit, la Superstet, sarebbero andati bene, ma solo se a comandare fosse stata lei. Puntava sempre al massimo”. (Enrico Bonerardi, La morte della Bellisario. “Ventotto anni d’amore per Marisa”, “la Repubblica”, 6/8/1988)

Il carattere colloquiale, quasi di scherno, del femminile

La studiosa arriva alla conclusione che "capa" continua ad avere un carattere "prevalentemente confidenziale e scherzoso, non senza purtroppo qualche fastidiosa punta di ironia (talvolta fino allo scherno) quando ci si riferisca a figure femminili di grande rilievo e prestigio internazionale". A un lettore che si era rivolto all'Accademia della Crusca per manifestare stupore dopo aver notato l'uso di "la capa" anche nei titoli di giornali, la professoressa Raffaella Setti osserva: "nella scrittura giornalistica sarebbe meglio utilizzare il nome istituzionale della carica" (la presidente, la direttrice, l'amministratrice, ecc.) oppure la locuzione invariabile 'a capo di' (esempio "Elisabetta Belloni è la nuova direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza" o, in forma più sintetica e divulgativa, "Elisabetta Belloni è a capo dei Servizi segreti italiani"), conclude il parere della linguista.