Nessun genitore, al momento in cui mette al mondo il proprio figlio o la propria figlia, riceve un libretto di istruzioni. Quello del genitore, si dice, è il mestiere più difficile del mondo, perché contempla l’educazione a tutto tondo di una persona in erba, che deve formare la propria personalità e imparare anche ad integrarla con il mondo che la circonda. Ebbene, se per caso l’identità di genere di un figlio o di una figlia non viene “contemplata” – leggi “accettata” – dalla società in cui vive, la questione per una famiglia diventa ancora più complicata. Ne sa qualcosa Camilla Vivian, autrice nel 2017 del libro “Mio figlio in rosa” (Manni Editore), vale a dire la storia di un bambino di allora dieci anni che si sente anche una bambina, raccontata da una madre che non gli ha mai chiesto di rinunciare alla parte femminile di sé.
La guida pratica per genitori di giovani transgender
In questi anni Camilla è diventata un’esperta del tema, cui si rivolgono molte famiglie in cerca di consigli. E lei studia, si informa, cerca in tutto il mondo quelle “istruzioni” utili che qualsiasi genitore vorrebbe trovare per essere di aiuto concreto al proprio figlio o alla propria figlia. Nascono così un secondo e anche un terzo libro – che sarà disponibile in libreria da venerdì 18 ottobre col titolo “Protect Trans Kids. Come le famiglie possono accompagnare la crescita delle giovani persone transgender”. Si tratta di una sorta di guida pratica per accompagnare il cammino di una persona trangender dall'infanzia alla giovinezza ed è pensato principalmente per i genitori e per le persone adulte coinvolte nella sua formazione, anche se probabilmente chiunque dovrebbe leggerlo per imparare a demistificare i troppi stereotipi che ci circondano.
Il cambiamento sociale e la quotidianità in famiglia
“Affrontare la questione dell’identità di genere è un lavoro molto impegnativo – spiega l’autrice – perché ci si deve muovere su due piani paralleli: da una parte è necessario un cambiamento sociale, per cui la questione va affrontata in maniera ampia analizzando la società patriarcale in cui viviamo, smontando pezzo per pezzo la ciseteronormatività e l’adultismo e decostruendo le proprie aspettative; dall’altra bisogna affrontare la quotidianità e tutti gli aspetti pratici con cui abbiamo a che fare, mentre accompagniamo una creatura transgender in un mondo che non la contempla”.
Prendendo spunto dalla storia della propria famiglia e da quelle delle moltissime persone che le si sono rivolte per avere un sostegno o un consiglio, Vivian racconta come coloro che stanno intorno a una giovane persona transgender possano muoversi nel modo più corretto per assicurarle serenità. Una guida operativa, una sorta di “manuale di istruzioni senza pretese”. Signora Vivian, perché ha sentito il bisogno di scrivere questo secondo libro? “Ormai sono tanti anni che cerco di fare divulgazione sull’identità di genere e, anche se oggi ci sono più informazioni, mi accorgo che le famiglie continuano spesso a sentirsi sole e a brancolare nel buio. Mi contattano e le domande sono quasi sempre le stesse. Perciò ho pensato che potesse essere utile una sorta di ‘manuale senza pretese’, che aiutasse non soltanto a capire ma anche ad affrontare la quotidianità”. Quali sono gli ostacoli principali che possono trovarsi ad affrontare dei genitori di una giovane persona transgender? “Gli ostacoli psicologici dei genitori sono dati principalmente dalla mancanza di informazioni e dallo stigma sociale che l’essere una persona trans si porta dietro. Inoltre, le persone adulte non sono abituate al fatto che persone più giovani possano insegnare loro delle cose, saperne in qualche modo di più; quindi pensano che da qualche parte ci sia un errore e hanno paura”. Quali possono essere le conseguenze per un figlio o una figlia che non riceve un accompagnamento adeguato nel proprio percorso? “Purtroppo trovarsi soli e sole in un società che non solo non “ti prevede” ma che ti priva di diritti fondamentali come il diritto al tuo nome o all’educazione (tante giovani persone trans lasciano gli studi a causa dello stress di non poter essere chi sono), persino alla salute, è un peso davvero grande da portarsi dietro, se non c’è chi ti affianca. A volte basta anche una sola persona adulta di riferimento per cambiare notevolmente in meglio la vita di una giovane persona transgender. Se si vuole anche intraprendere un percorso medico (anche se la tua identità non deve essere necessariamente legata ad un percorso medico) è altrettanto essenziale avere a che fare con persone professioniste preparate. Purtroppo i centri in Italia sono pochi e il migliore che avevamo, quello di Firenze, è stato costretto dalla politica a tornare indietro di 15 anni”.
Come fare per capire se l'intenzione di un figlio o di una figlia transgender è reale e non è un'inclinazione temporanea, come purtroppo talvolta si tende a credere? “L’identità non è un’inclinazione e ogni persona comunque cambia, nel tempo. L’identità è data da un intreccio di tanti fattori. Chi avvia anche un percorso medico - magari chirurgico - ha passato anni ad aspettare e pensare. Uno degli ultimi studi del Dott. Turban, medico statunitense specializzato proprio in questo, dimostra quanto la percentuale di persone che veramente si pentono del percorso medico e che non sono portate da cause sociali a lasciarlo, è davvero una percentuale bassa, addirittura sotto l’1%. Difficilmente una giovane persona decide di affrontare le difficoltà sociali che esistono in Italia per sfizio o per sbaglio”. Come ha capito cosa stava succedendo a sua figlia, e come ha fatto a farlo capire a voi genitori? “Mia figlia era una bambina e l’ha capito come ogni persona sa chi è, con l’inconveniente che se non corrispondi all’aspettativa sociale maschio=pene femmina=vagina allora sei considerata una persona sbagliata o malata. Ma ovviamente mia figlia stava benissimo”. Secondo lei cosa dovrebbe essere fatto perché il percorso di comprensione e accompagnamento da parte dei genitori diventi finalmente qualcosa di naturale e spontaneo? “Dal mio punto di vita serve un cambio che parta dall’istruzione che è rimasta quella di decenni fa e non rappresenta la società, se non quella privilegiata e misogina. Bisogna educare all’immensa varietà dell’essere umano senza continuare a far credere che la maggior parte del mondo sia bianca cisgender eterosessuale abile (per come la società reputa una persona abile) ecc; bisogna insegnare l’educazione affettiva, la storia come è avvenuta davvero; bisogna narrare le donne, rappresentare il genere. Raccontare la verità, insomma. E bisognerebbe iniziare a pretendere che si lavori in maniera etica ovunque, perché senza etica non c’è umanità.”