Tutti a “Scuola di Fallimento” per imparare a gestire le emozioni legate agli errori

Francesca Corrado, docente e fondatrice della scuola che insegna a trasformare il fallimento in un’opportunità, denuncia una società soggiogata da canoni di perfezione prestabiliti e raccontail difficile percorso personale che l’ha portata ad adottare una nuova filosofia di vita

di CATERINA CECCUTI -
15 febbraio 2024
Francesca Corrado

Francesca Corrado

Fallire. Fallimento. Fallito. Parole che tagliano come coltelli in una società in cui l’errore è mal visto e il mancato successo mal tollerato. Nel nostro Paese – ma non solo – pare che la cultura dell’errore possa condurre ad un'unica lezione morale, un solo monito imprescindibile: non si deve sbagliare, perché sbagliare significa fallire, e fallire significa essere inferiori rispetto a quanti sono riusciti a non farlo.

Ma altre due parole, a questo punto, dovrebbero esser prese obbligatoriamente in considerazione – se proprio il fallimento deve essere inteso in questi termini – : discriminazione ed emarginazione (di coloro che falliscono rispetto a chi invece ha preferito non esporsi eccessivamente ai rischi, pur di non fallire).

L’esperienza di Francesca Corrado  

I corsi promossi dalla "Scuola di Fallimento" di Francesca Corrado
I corsi promossi dalla "Scuola di Fallimento" di Francesca Corrado

A portarmi ad una riflessione simile sulla questione è stata un’interessante chiacchierata con la dottoressa Francesca Corrado, docente della “Scuola di Fallimento”, da lei stessa fondata in un periodo della propria esistenza in cui, nel giro di poco tempo, da persona perfettamente realizzata si era trasformata in una “fallita”, sia sul piano professionale che sentimentale. “Nel 2017 sono stata travolta da una serie di ‘fallimenti’ – racconta a Luce! –: nel giro di poco tempo si è sciolta la startup di cui ero vicepresidente, il mio contratto di docenza universitaria non è stato rinnovato, la relazione con il mio fidanzato è andata in pezzi e, di conseguenza, ho perso la casa dove abitavo”.

Non basta: a suo padre viene diagnosticato l’Alzheimer e sua madre viene colpita da un ictus. Eppure, è proprio quando sembra che il mondo le stia crollando completamente addosso che Francesca decide di iniziare una nuova avventura che presto si trasformerà anche in una vera e propria filosofia di vita, capace di coinvolgere e influenzare in positivo anche le altre persone. “Ho imparato che non c’è mai un momento perfetto per far iniziare qualcosa. Ho avviato la mia Scuola del Fallimento e nel tempo i corsi sono aumentati, come anche i partner delle collaborazioni e le platee alle quali ci rivolgiamo. Oggi teniamo lezioni alle scuole di tutti i livelli, alle università, alle imprese e ai giovani Neet o a rischio dispersione scolastica”.

Cambiare mentalità rispetto agli errori

L’obiettivo è sempre lo stesso: incentivare un cambiamento culturale – dunque nella mentalità collettiva –, per arrivare a costruire una sana cultura del fallimento, nella quale l’ipotesi di sbagliare è contemplata, purché si sia disposti ad analizzare l’errore in modo oggettivo, a gestirlo emotivamente e, in fine, ad utilizzarlo come nuovo punto di partenza. “L’importante è che già da bambini si impari a comprendere il senso dello sbaglio. La mia impressione, lavorando a contatto con le scuole, è che l’età in cui non è tollerato errare si sia abbassata rispetto al passato.

Per esempio, all'asilo a mia nipote non le permettevano di colorare fuori dai bordi di un disegno perché considerato un errore… ma i bambini devono essere tutti artisti per forza? E dov'è la valorizzazione della capacità di essere creativi e di uscire fuori dagli schemi?”. Nella non semplice crociata verso un cambiamento della mentalità collettiva rispetto alla cultura dell’errore, secondo Corrado tutti quanti giochiamo un ruolo importante, dalle famiglie agli educatori, fino ai datori di lavoro. Perché, alla fine, “Meglio fatto che perfetto”.

I corsi promossi dalla "Scuola di Fallimento" di Francesca Corrado
I corsi promossi dalla "Scuola di Fallimento" di Francesca Corrado

Dottoressa Corrado, in cosa consiste l’approccio educativo della sua scuola? “Innanzitutto partiamo col dire che i corsi sono molto personalizzati, gli incontri possono durare 15 minuti oppure ripetersi per un anno, tutto dipende dalla persona che partecipa alle nostra e attività. Un esempio tipico è quello che chiamiamo il ‘Viaggio dell’errante’: se per tradizione l’eroe parte alla grande, fallisce e si rialza, nel nostro caso l’eroe è già caduto, ha già fallito in partenza, e ora deve imparare a rialzarsi. Lo farà attraverso quello che chiamiamo il ‘Ciclo dell’errore’. Si comincia con un test che gli permetterà di comprendere da cosa dipende la sua paura di sbagliare. Sembrerà strano ma, anche senza conoscere il nome e il genere di appartenenza della persona che compila il test, sono in grado di capire dal risultato se si tratti di un maschio o di una femmina”. Come è possibile?

“Le femmine normalmente rimuginano sull’errore e lo vivono con un senso di colpa e con una conseguente perdita dell’autostima. Essendo mediamente molto più riflessive su se stesse, le persone di sesso femminile vivono male la propria esperienza di fallimento. I maschi invece hanno più paura del giudizio altrui e di indisporre una persona che, a loro giudizio, è importante. Facciamo un esempio pratico: manager di un certo livello sono comunque predisposti all’errore, ma tendono a non commetterli per non essere giudicati dai rispettivi capi o dal presidente dell’azienda per cui lavorano. Il risultato è che gli innovation manager non esprimono il proprio reale potenziale creativo per paura di essere puniti o di ricevere ritorsioni economiche o incidenze sulla valutazione della performance”.

Dopo il test, come prosegue il percorso educativo?

“Se è il caso conduciamo delle interviste per capire, per esempio, quali sono le dinamiche interne al team di lavoro preso in esame: se esiste un leader, qual è la sua relazione con i sottoposti ecc., in modo da mettere in luce eventuali discrepanze tra le posizioni. In alcuni casi il capo si dice tollerante nei confronti degli errori commessi dai dipendenti, ma i dipendenti, se interrogati a riguardo, dichiarano il contrario. Dunque la percezione dell’errore è assai diversa. Il percorso educativo della nostra scuola è diviso nelle 5 tappe del ciclo dell’errore. Si tratta di un modello che proponiamo sia nelle scuole che nelle aziende, e prevede lo svolgimento di attività pratiche per arrivare a comprendere quale sia il proprio livello di percezione dell’errore, e come invece lo stesso errore venga percepito dagli altri.

I corsi promossi dalla "Scuola di Fallimento" di Francesca Corrado
I corsi promossi dalla "Scuola di Fallimento" di Francesca Corrado

Vi sono persone, ad esempio, molto tolleranti nei confronti degli sbagli altrui che mal sopportano però gli sbagli propri, e viceversa. Ecco perché un’analisi dell’errore deve partire dal presupposto che non si impara automaticamente sbagliando: si impara comprendendo l’errore, individuando gli sbagli più frequenti e capendone la fonte. Vi sono per esempio casistiche molto diverse tra loro: i giovani, durante il Covid, si sentivano come paralizzati nell’incertezza, e preferivano evitare di muovere un passo in qualsiasi direzione per paura di commettere errori. In carcere, invece, si tende ad attribuire l’errore all’incapacità di gestire i propri sentimenti e si reagisce alle situazioni in maniera impulsiva e irrazionale. Altro esempio: molti ragazzi spesso percepiscono il divorzio dei genitori come un fallimento, e utilizzano il termine “fallito” con l’accezione che hanno ereditato dai parenti in casa. Insomma, ogni ambito ha il suo tipo di errore e di fallimento. Ci sono molte persone che si pentono per aver lasciato il lavoro ed aver scelto di dedicarsi ad altro, ma ormai non sanno come tornare indietro.”

Dottoressa, quali sono le fonti di errore più comuni?

“Per esempio la disattenzione, la scarsità di tempo nel prendere le decisioni, l’influenza delle persone vicine, l’eccesso o la scarsità di informazioni a disposizione. Una volta compiuto il percorso, bisogna capire come superare i propri errori, utilizzando anche la creatività e l’immaginazione, e – perché no – imparando a riderci su e a non prenderci troppi sul serio. Un atteggiamento simile permetterà di avere maggior fiducia e accettazione rispetto alle proprie capacità".