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Home » Lifestyle » Second hand, vintage o usato: a caccia del proprio stile con Matilde Sofia Falorni

Second hand, vintage o usato: a caccia del proprio stile con Matilde Sofia Falorni

Da amante della moda sostenibile e di seconda mano la milanese ha fatto della sua passione una vetrina su Instagram e TikTok

Serena Votano
21 Dicembre 2022
Perché sempre più italiani scelgono gli acquisti di seconda mano?

Perché sempre più italiani scelgono gli acquisti di seconda mano?

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Un misto di tessuti che rendono un abito semplice, raffinato, audace, a seconda dei propri gusti e delle proprie necessità. E poi un pregevole misto di ricordi – belli o brutti, comunque indimenticabili – vissuti con indosso quel vestito lì. Ma una volta passato di moda, diventato diverso dagli attuali gusti o di una taglia inferiore, cosa farne? Esistono due possibilità: donare quel vestito a enti o attività benefiche; oppure, se ancora in ottime condizione, avremo a che fare con un vestito vintage o di seconda mano, che può essere venduto o scambiati. La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Matilde Sofia Falorni

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%).

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). Da amante della moda sostenibile e di seconda mano, Matilde Sofia Falorni ha fatto della sua passione una vetrina su Instagram e TikTok per avvicinare sempre più persone al mondo del vintage.

@aifositam Alla fine ho cambiato un po’ di coseee, reference su 1G @aifositam #scegliloutfitconme ♬ suono originale – Mati Sofia 🌞

Matilde per prima cosa mi aiuta a definire cosa si intende per Vintage?
“Vintage è un termine specifico che adesso viene usato molto a sproposito per indicare un po’ l’usato in generale. Quando in realtà il vintage per essere considerato tale deve avere due requisiti: innanzitutto deve avere almeno vent’anni per essere considerato vintage (una generazione, praticamente) e poi dev’essere un articolo considerabile un po’ iconico, deve essere il simbolo dell’epoca a cui appartiene. Tutto il resto può essere considerato ‘usato‘ generico, anche quello che hai usato ieri e poi mai più. Non per forza vintage e usato sono sinonimi, spesso e volentieri quello che c’è nell’armadio della nonna è ovvio che sia vintage, è ovvio che sia usato. Però esistono anche dei casi in cui degli articoli vintage, delle rimanenze di negozio, sono state conservate nel tempo, magari dai collezionisti, e sono quindi degli articoli nuovi e vintage”.

Ha mai controllato se i prodotti come scarpe o indumenti riportassero un marchio di certificazione di sostenibilità?
“Il novanta per cento degli acquisti che faccio sono articoli usati. Evito il fast fashion anche nell’usato. Il vintage è molto meno nocivo dei prodotti che stanno producendo adesso proprio perché certi materiali non esistevano prima, e non si era soliti produrre in larga quantità prodotti di così bassa qualità. Uno dei criteri che rispetto sempre è: comprare qualcosa che io facilmente posso rimettere in circolo, o rivendendolo o barattandolo. Faccio in modo che gli indumenti da me acquistati abbiano una vita ancora più lunga anche dopo di me. Il restante dieci per cento sono articoli nuovi, in questo caso faccio attenzione all’etichetta. Nel mondo dei social ho iniziato a conoscere diversi brand, ho imparato a conoscere le composizioni di un prodotto tessile. Faccio attenzione a chi sto finanziando, che il brand utilizzi materiali vergini, che la combinazione dei materiali resti pura. Se acquisto un capo in lana, seta, cotone, evito il misto acrilico, o nylon. I materiali, a seconda di come vengono combinati nella creazione di un certo prodotto, sono potenzialmente riciclabili o meno“.

L’acquisto più folle che ha fatto?
“Mia madre è più tipa da acquisti folli. Però lei, a differenza mia, colleziona vintage ma usa poco. Lei ama un certo stile vintage, le piace trovare l’occasione d’oro, ma l’acquisto sensibile all’ecosostenibilità è stato il mio upgrade 2.0 a quello che lei mi ha trasmesso. Recentemente ho fatto un acquisto che ho pagato pochissimo, in un mercatino di beneficenza ho trovato un mini abito di Luisa Beccaria, una stilista famosa milanese di abiti eleganti. E poi ho fatto un acquisto impulsivo, di una cifra considerevole: un giubbotto di pelle da motociclista. Mi stava perfetto, cosa dovevo fare?
Sto molto attenta quando si tratta di indumenti in pelle vera. Tendo a non comprare abbigliamento nuovo in pelle vera, una pelliccia nuova non la comprerei mai. Eticamente non me la sento. Faccio delle eccezioni solo sull’usato perché non sto finanziando io l’industria e il maltrattamento degli animali.
Facciamo molto caso a quello che mangiamo, al fatto che un certo alimento sia o meno nocivo per noi. Siamo informati in tema di biologico o junk food, ognuno fa le sue scelte ma lo sappiamo. In tema di vestiti, invece, anche se si tratta di qualcosa molto vicino a noi, che entra in contatto con la nostra la pelle, non siamo sufficientemente informati. È una cosa che non si considera, non facciamo attenzione a cosa indossiamo”.

Matilde Sofia Falorni

Tra venti, trenta, quarant’anni cosa sarà vintage? Cosa resterà dei nostri anni Venti, del 2020?
“Viviamo in un’era che è talmente infestata dal fast fashion che è difficile capire i tratti caratteristici del 2020, anche perché la stesso fast fashion si rifà alle mode passate. Le spalline sono degli anni Ottanta, i jeans a vita bassa sono del duemila. Mi vien da dire il platform. Se parliamo di elettrodomestici o tecnologia, penso al Dyson. È una cosa particolarmente caratteristica della cultura dell’hairstyle in questo momento. Nel saggio ‘Filosofia della moda’, Lars Fr. H. Svendsen scrive che siamo in un periodo della moda un po’ spento perché stiamo continuando a ispiraci allo stile della moda del passato e non abbiamo un vero punto di forza. Probabilmente cercare di individuarlo all’interno della nostra epoca è difficile”.

Cosa direbbe a una persona che acquista per la prima volta un capo vintage, magari spinta da curiosità o per questioni ambientali?
“A chi acquista vintage per la prima volta direi di andare alla ricerca di qualcosa che rispecchi il proprio stile. Non è vero che chi compra vintage si veste da nonna. Il vintage ha in sé tantissimi stili diversi che adesso vediamo quando andiamo a fare shopping, proprio perché nella moda di oggi ci rifacciamo tantissimo alle epoche passate, si può trovare veramente tantissima attualità. Con molta facilità si può sostituire l’acquisto nuovo, in generale non sostenibile, con l’usato”.

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  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti

Un misto di tessuti che rendono un abito semplice, raffinato, audace, a seconda dei propri gusti e delle proprie necessità. E poi un pregevole misto di ricordi – belli o brutti, comunque indimenticabili – vissuti con indosso quel vestito lì. Ma una volta passato di moda, diventato diverso dagli attuali gusti o di una taglia inferiore, cosa farne? Esistono due possibilità: donare quel vestito a enti o attività benefiche; oppure, se ancora in ottime condizione, avremo a che fare con un vestito vintage o di seconda mano, che può essere venduto o scambiati. La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Matilde Sofia Falorni

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%).

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). Da amante della moda sostenibile e di seconda mano, Matilde Sofia Falorni ha fatto della sua passione una vetrina su Instagram e TikTok per avvicinare sempre più persone al mondo del vintage.

@aifositam Alla fine ho cambiato un po’ di coseee, reference su 1G @aifositam #scegliloutfitconme ♬ suono originale - Mati Sofia 🌞

Matilde per prima cosa mi aiuta a definire cosa si intende per Vintage? "Vintage è un termine specifico che adesso viene usato molto a sproposito per indicare un po’ l’usato in generale. Quando in realtà il vintage per essere considerato tale deve avere due requisiti: innanzitutto deve avere almeno vent’anni per essere considerato vintage (una generazione, praticamente) e poi dev’essere un articolo considerabile un po’ iconico, deve essere il simbolo dell’epoca a cui appartiene. Tutto il resto può essere considerato 'usato' generico, anche quello che hai usato ieri e poi mai più. Non per forza vintage e usato sono sinonimi, spesso e volentieri quello che c’è nell’armadio della nonna è ovvio che sia vintage, è ovvio che sia usato. Però esistono anche dei casi in cui degli articoli vintage, delle rimanenze di negozio, sono state conservate nel tempo, magari dai collezionisti, e sono quindi degli articoli nuovi e vintage".

Ha mai controllato se i prodotti come scarpe o indumenti riportassero un marchio di certificazione di sostenibilità? "Il novanta per cento degli acquisti che faccio sono articoli usati. Evito il fast fashion anche nell’usato. Il vintage è molto meno nocivo dei prodotti che stanno producendo adesso proprio perché certi materiali non esistevano prima, e non si era soliti produrre in larga quantità prodotti di così bassa qualità. Uno dei criteri che rispetto sempre è: comprare qualcosa che io facilmente posso rimettere in circolo, o rivendendolo o barattandolo. Faccio in modo che gli indumenti da me acquistati abbiano una vita ancora più lunga anche dopo di me. Il restante dieci per cento sono articoli nuovi, in questo caso faccio attenzione all’etichetta. Nel mondo dei social ho iniziato a conoscere diversi brand, ho imparato a conoscere le composizioni di un prodotto tessile. Faccio attenzione a chi sto finanziando, che il brand utilizzi materiali vergini, che la combinazione dei materiali resti pura. Se acquisto un capo in lana, seta, cotone, evito il misto acrilico, o nylon. I materiali, a seconda di come vengono combinati nella creazione di un certo prodotto, sono potenzialmente riciclabili o meno".

L’acquisto più folle che ha fatto? "Mia madre è più tipa da acquisti folli. Però lei, a differenza mia, colleziona vintage ma usa poco. Lei ama un certo stile vintage, le piace trovare l’occasione d’oro, ma l’acquisto sensibile all’ecosostenibilità è stato il mio upgrade 2.0 a quello che lei mi ha trasmesso. Recentemente ho fatto un acquisto che ho pagato pochissimo, in un mercatino di beneficenza ho trovato un mini abito di Luisa Beccaria, una stilista famosa milanese di abiti eleganti. E poi ho fatto un acquisto impulsivo, di una cifra considerevole: un giubbotto di pelle da motociclista. Mi stava perfetto, cosa dovevo fare? Sto molto attenta quando si tratta di indumenti in pelle vera. Tendo a non comprare abbigliamento nuovo in pelle vera, una pelliccia nuova non la comprerei mai. Eticamente non me la sento. Faccio delle eccezioni solo sull’usato perché non sto finanziando io l’industria e il maltrattamento degli animali. Facciamo molto caso a quello che mangiamo, al fatto che un certo alimento sia o meno nocivo per noi. Siamo informati in tema di biologico o junk food, ognuno fa le sue scelte ma lo sappiamo. In tema di vestiti, invece, anche se si tratta di qualcosa molto vicino a noi, che entra in contatto con la nostra la pelle, non siamo sufficientemente informati. È una cosa che non si considera, non facciamo attenzione a cosa indossiamo".

Matilde Sofia Falorni

Tra venti, trenta, quarant’anni cosa sarà vintage? Cosa resterà dei nostri anni Venti, del 2020? "Viviamo in un’era che è talmente infestata dal fast fashion che è difficile capire i tratti caratteristici del 2020, anche perché la stesso fast fashion si rifà alle mode passate. Le spalline sono degli anni Ottanta, i jeans a vita bassa sono del duemila. Mi vien da dire il platform. Se parliamo di elettrodomestici o tecnologia, penso al Dyson. È una cosa particolarmente caratteristica della cultura dell’hairstyle in questo momento. Nel saggio 'Filosofia della moda', Lars Fr. H. Svendsen scrive che siamo in un periodo della moda un po’ spento perché stiamo continuando a ispiraci allo stile della moda del passato e non abbiamo un vero punto di forza. Probabilmente cercare di individuarlo all’interno della nostra epoca è difficile".

Cosa direbbe a una persona che acquista per la prima volta un capo vintage, magari spinta da curiosità o per questioni ambientali? "A chi acquista vintage per la prima volta direi di andare alla ricerca di qualcosa che rispecchi il proprio stile. Non è vero che chi compra vintage si veste da nonna. Il vintage ha in sé tantissimi stili diversi che adesso vediamo quando andiamo a fare shopping, proprio perché nella moda di oggi ci rifacciamo tantissimo alle epoche passate, si può trovare veramente tantissima attualità. Con molta facilità si può sostituire l’acquisto nuovo, in generale non sostenibile, con l’usato".

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