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Home » Lifestyle » Body positivity e slow fashion: con Eleonora Cicchetti la moda diventa inclusiva e sostenibile

Body positivity e slow fashion: con Eleonora Cicchetti la moda diventa inclusiva e sostenibile

La 23enne ha un duplice obiettivo: stop agli stereotipi e sì alle battaglie ambientali. "La bellezza risiede in ogni fisico, che sia una taglia 38 o una 50. Dobbiamo lavorare per un mondo privo di insicurezze create da falsi miti"

Margherita Ambrogetti Damiani
31 Agosto 2022
Share on FacebookShare on Twitter

Anche in Italia, sono sempre di più le iniziative all’insegna della body positivity. E, a dirla tutta, ce n’è un gran bisogno. Nonostante le lotte agli stereotipi e l’onda d’urto che si sta abbattendo sulla società allo scopo di travolgere e spazzare via luoghi comuni e asset valoriali che vorrebbero le donne incastrate in un paradigma, anche fisico, ben preciso, la fatica ancora si sente. Basti pensare all’aumento esponenziale dei casi di disturbi alimentari nelle giovanissime e non solo. Molto, si sa, passa anche dal mondo della moda. Per questo, Eleonora Cicchetti – 23 anni, avezzanese di nascita, laureata durante la pandemia in scienze della moda e del costume – ha deciso di metterci una pezza e di dimostrare, attraverso una moda “inclusiva” che il cambiamento può passare anche dalle passerelle. Peraltro, quella della Cicchetti è una doppia operazione: stop agli stereotipi e sì alle battaglie ambientali. Le linee proposte, infatti, sono tutte amiche dell’ambiente e dimostrano che esiste anche una moda sostenibile. Nei giorni scorsi, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Eleonora che, schiettamente, ci ha detto non solo come la pensa ma il punto esatto a cui vuole arrivare. 

Eleonora Cicchetti
Eleonora Cicchetti, 23 anni, di Avezzano, ha creato una propria collezione di moda sostenibile e inclusiva

Iniziamo dal principio, Eleonora: lei predica e pratica una moda inclusiva. Ma perché nel 2022 è così necessario parlare ancora di inclusività e quanti e quali sono i modelli sbagliati che, attraverso questa industria, si tramandano di generazione in generazione?
“Ancora oggi c’è veramente bisogno di parlare di inclusività e non solo come argomento di tendenza. La bellezza femminile è rimasta nettamente stereotipata, non rendendoci libere di scegliere cosa è meglio per noi e per la nostra salute. Con questo non voglio dire che l’inclusività sia una scusa per non prendersi cura di se stessi, ma voglio affermare con tutta la forza che serve che la bellezza risiede in ogni fisico, che sia una taglia 38 o una 50, e che è assolutamente meraviglioso avere la possibilità di vedere il mondo così vario e bello, in cui ogni donna o uomo possa davvero sentirsi a proprio agio con il proprio fisico e non abbia paura di mostrarsi al mondo. Dobbiamo lavorare, tutte e tutti insieme, per un mondo privo di insicurezze create da falsi miti di un’epoca ormai lontana. I modelli che ancora oggi vengono utilizzati dalle industrie di moda non parlano di vera inclusione. A mio parere, si tratta solo di una finzione in cui in ogni shooting o passerella vengono contemplati fisici o etnie diverse, rigorosamente scegliendo tra modelle estremamente magre. Per voi è inclusione? Io direi più un’illusione di essa”.

Body positivity e autostima. Pensa che la sua collezione possa aiutare le ragazze a trovare sicurezza in se stesse troppo spesso minata da una società gremita di stereotipi negativi?
“Sono rimasta veramente meravigliata dai ringraziamenti delle giovanissime per i miei abiti. La sartoria è riuscita a dare loro quello che gli abiti in serie non riescono a donare: l’unicità e la bellezza di ogni forma fisica. Le taglie standard sicuramente rappresentano per le grandi aziende una comodità, ma al giorno d’oggi credo non siano più rispondenti al mondo reale. Ogni donna ha le proprie esigenze, che esigono rispetto. Come si può pensare che una taglia 40 possa andare bene a qualsiasi forma fisica? La mia linea ha permesso a moltissime donne di accettare il proprio corpo e di amarsi liberamente, allontanandosi definitivamente da stereotipi che non appartengono alla vita reale”.

Eleonora Cicchetti
Secondo Eleonora la bellezza femminile va oltre la taglia e ogni donna deve potersi apprezzare in ogni fisico

“Slow fashion” vs “fast fashion”. In un’intervista ha detto che ha voluto rompere la catena della “fattezza in serie e dell’eccesso di produzione”, andando contro una “fast fashion” non più sostenibile. Scendiamo più nel dettaglio e proviamo a capire come fare a rendere la moda davvero sostenibile, dall’armadio di casa nostra alle case di moda.
“Per parlare di moda sostenibile bisogna principalmente parlare di sartoria: ogni abito viene realizzato con un quantitativo apposito di stoffe, questo proprio per diminuire gli eccessi. Sicuramente la realizzazione è più lenta e la spedizione non può avvenire in un giorno, ma la qualità di ogni abito è inequiparabile. Chiedereste mai a uno chef di cucinare con prodotti del giorno prima? In ogni lavoro di qualità che si rispetti deve esserci anche l’accortezza di capire le quantità giuste, evitando gli sprechi nel pieno rispetto dell’ambiente”. 

Ci racconta la sua storia? Dove si trova il coraggio e perché si decide di creare una collezione green e inclusiva?
“Il coraggio di aprire una mia linea di abbigliamento viene proprio dalla volontà di cambiamento. Sono sempre stata una ragazza ribelle, fin da piccola. Ho raccontato spesso anche nei social di quanto mi sentissi fuori luogo, in passato, quando cominciai a capire la mia strada. Questo, però, non mi ha fermata. I social mi hanno aiutato a trovare una community che mi ha da subito dato sostegno, nella quale ho raccontato tutte le mie disavventure nell’ambito della moda e di quanto le sue regole così rigide non facessero per me, tanto da portarmi a lasciare il mondo della fotografia per dedicarmi al mio progetto. Da fotomodella a stilista è stato un passaggio studiato a fondo: mi sono laureata e ho fatto molta gavetta, ma il pubblico è da sempre stato la mia ispirazione ed è da proprio nelle persone che mi seguono che continuerò sempre a trovare la mia strada. Ho scelto semplicemente di essere me stessa e questo mi ha premiato. Con queste parole vorrei ricordare a tutte e a tutti che siamo circondati da finzione, ma che, alla fine, ciò che ci permetterà sempre di fare la differenza è essere noi stessi”.

Si racconti in tre parole
“Avventuriera, tenace, ribelle”.

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  • Stando alle ultime stime, in Italia vivono almeno 88mila donne vittima di mutilazioni genitali femminili, con tutti i gravi problemi fisici, funzionali, psicologici che ne derivano. In base ai dati diffusi dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e dall’Unicef, nel mondo ammonterebbero ad almeno 200 milioni donne e ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Nel 2023, circa 4,2 milioni di bambine e ragazze nel mondo sono a rischio di subire queste pratiche.

Attraverso la testimonianza di Ayaan Hirsi Ali, autrice de “L’infedele", proviamo a spiegare con le giuste parole in tutta la sua cruda realtà cosa racchiuda veramente:

“Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo… Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare… Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne.”

Nella Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili il presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica Sicpre, il professor Francesco Stagno d’Alcontres, dichiara: 

“Spesso l’evento della mutilazione viene rimosso dai ricordi, mentre restano i dolori nei rapporti sessuali, le difficoltà nella minzione e durante il parto. La mutilazione genitale è un evento che modifica il corso della vita e noi lo dobbiamo contrastare sul piano della cultura e affrontare sul piano medico e scientifico”.

L’edizione 2023 del Summit Itinerante contro la mutilazioni genitali femminili, l’evento che si svolge in data odierna a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustininani, sede della Presidenza del Senato della Repubblica, vede il saluto di esponenti del Governo, la testimonianza di una vittima e la partecipazione di importanti personalità, tra cui gli esperti della chirurgia plastica italiana chiamati a raccolta dalla Sicpre.

Letizia Cini ✨

#lucenews #lucelanazione #giornatamutilazionigenitalifemminili #linfedele
  • "Vorrei ringraziare la comunità queer per il vostro amore e per aver inventato un genere". 👑

Con queste parole di ringraziamento, Queen Bay riscrive la storia dei Grammy Awards. Beyoncé ier sera ha battuto tutti i record: con la 32esima vittoria incassata, è la star più premiata della storia degli Oscar della musica.

Con altri quattro grammofoni d’oro, la star americana, icona mondiale e paladina dei diritti civili e della body positivity, ha così superato il primato del direttore d’orchestra Georg Solti scomparso nel ‘97 e che, fino a stanotte, era rimasto imbattuto per due decenni con 31 vittorie. Queen Bay ha voluto dedicare la vittoria alla comunità Lgbtq+.

#lucenews #lucelanazione #qn #beyoncé #grammyawards2023
  • Stava regalando libri alle ragazze quando è stato arrestato a Kabul, giovedì 3 febbraio. Ismail Mashal, un professore universitario afghano, 37 anni, in aperta critica con il bando posto dai Talebani all’istruzione femminile, andava in giro con un carretto pieno di volumi gratuiti che distribuiva a donne e bambine, quando le forze di sicurezza lo hanno accusato di “azioni provocatorie” dalle autorità che lo hanno portato in carcere. Lo riferisce la Bbc.

Alcuni testimoni hanno riferito che il professore è stato schiaffeggiato, preso a pugni e a calci dalle forze di sicurezza locali durante l’arresto. Tuttavia Abdul Haq Hammad, un funzionario del ministero dell’Informazione e della Cultura talebani, ha dichiarato che il docente è stato trattato bene mentre era in custodia. 

Mashal è salito alla ribalta dopo aver strappato i documenti accademici in diretta tv per protestare contro il divieto dei talebani all’istruzione universitaria e secondaria per le donne. Il video in diretta televisiva è diventato virale. 

Ex giornalista, il 37enne dirigeva un’università privata a Kabul, frequentata da 450 studentesse che seguivano i corsi di giornalismo, ingegneria e informatica, tutte discipline che il ministro dell’Istruzione afghano sosteneva non dovessero essere insegnate alle ragazze in quanto contrarie all’islam e la cultura afghana. Quando a dicembre i Talebani hanno annunciato che alle studentesse universitarie non sarebbe più stato permesso di tornare a studiare fino a nuovo ordine, il professor Mashal ha chiuso definitivamente la sua scuola, affermando che “l’istruzione o si offre a tutti o a nessuno“.

“L’unico potere che ho è la mia penna, anche se mi uccidono, anche se mi fanno a pezzi, non resterò in silenzio“, ha dichiarato il mese scorso il professore. Ha anche affermato che un maggior numero di uomini deve insorgere per protestare contro le restrizioni imposte alle donne. Durante il loro incontro a Kabul, Mahsal, padre di due figli, ha precisato che non temeva di essere arrestato o ucciso. Si è detto invece certo che alla fine i Talebani avrebbero cercato di metterlo a tacere, ma è rimasto convinto che fosse un prezzo onesto da pagare.

#lucenews #kabul
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Eleonora Cicchetti
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