Giochi Paralimpici, Pancalli: “Cerchiamo in un risultato importante. Finalmente c’è attenzione”

Il presidente del Comitato paralimpico italiano guiderà la delegazione azzurra che punta a confermare il record di Tokyo: “Ma la competitività si è alzata parecchio”. Gare in diretta per la prima volta anche su Rai2: “Stiamo costruendo una cultura inclusiva”

di MARIANNA GRAZI
28 agosto 2024
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Il presidente del Cip Luca Pancalli

Paralimpiadi, ci siamo. Da questa sera, con la cerimonia d’apertura prendono il via i XVII Giochi estivi, che vedranno impegnati 4400 atleti e atlete, provenienti da 185 comitati nazionali, in 22 sport, 23 discipline diverse e 549 eventi distribuiti negli 11 giorni di Giochi, fino all’8 settembre.

Da Roma 1960 a Parigi 2024

Ne è passato di tempo dal 1948 quando il neurologo Ludwig Guttmann pensò a un modo per introdurre lo sport come parte fondamentale di un percorso riabilitativo dei pazienti (soprattutto veterani di guerra) con lesioni spinali. Il lavoro di Guttmann ispirò l’interesse di un collega italiano, Antonio Maglio, che lo convinse a realizzare un’edizione dei Giochi a Roma, pochi giorni dopo la 17esima edizione dei Giochi olimpici. Grazie alla sinergia dei due medici, nel 1960 andò in scena a Roma la prima Paralimpiade della storia (riconosciuta come tale nel 1984 dal Comitato Olimpico Internazionale): con la partecipazione di circa 400 atleti provenienti da 23 nazioni diverse. Da allora la nazionale azzurra ha conquistato 599 medaglie (167 ori, 202 argenti, 230 bronzi) fino a Tokyo 2021.

A Parigi 2024 si presenta quindi tra le migliori, una delle delegazioni da battere. Ma, aspettative a parte, abbiamo fatto il punto prima dell’inizio dei Giochi e delle gare con Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico (Cip). 

Sono 141 le atlete e gli atleti italiani che parteciperanno ai Giochi di Parigi. È il numero più alto?

“È la delegazione più grande di sempre, tra l’altro con una sostanziale equipollenza di atlete (70) e atleti (71), con 52 esordienti e saremo presenti su 17 delle 22 discipline previste dai Giochi Paralimpici”.

E c’è sempre stata una delegazione azzurra ad ogni edizione, da Roma 1960 in poi…

“Non siamo mai stati assenti da qualsiasi edizione dei Giochi che è stata celebrata e questo è un segno di grande serietà di come il movimento, sin dagli albori, ha poi continuato a lavorare prescindendo poi dai risultati degli ultimi anni”.

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Che però, e guardo all’ultima Paralimpiade, parlano di un record di medaglie che ci pone ai vertici mondiali

“Il risultato di Tokyo è stato il più importante e migliore di tutti i tempi, fatta eccezione la prima edizione dei Giochi, nel 1960, che però non è paragonabile per numero di atleti presenti, appena 400 (erano 4500 nel 2021), e per i Paesi (23 contro 190). Da questo punto di vista il risultato di Tokyo è il più grande di tutti i tempi”.

Le aspettative per Parigi 2024 quindi sono alte?

“È quello il problema (ride). L’asticella è stata posta talmente in alto che le aspettative sono altissime. Ma noi siamo consapevoli anche della difficoltà di mantenere una competitività così importante in dei Giochi Paralimpici come quelli di Parigi che rappresentano, come tutte le altre volte, una continua evoluzione e crescita di tutto il mondo.

Ci dovremmo confrontare con una competitività sempre maggiore su tanti aspetti. È chiaro che, incrociando le dita essendo nota la mia patologica scaramanzia, l’auspicio è quello di confermare un risultato importante. Con la consapevolezza di aver fatto il nostro massimo come Comitato paralimpico, per arrivare pronti all’appuntamento. Non è naturalmente nostra unica responsabilità, ma è condivisa con tutte le federazioni, con gli staff tecnici, con i gruppi sportivi sia civili che i gruppi dello Stato e il gruppo paralimpico della Difesa ai quali appartengono i nostri atleti e atlete. E permettimi di ringraziare anche le famiglie, che nessuno ricorda mai ma da ex atleta so che dietro dei grandi campioni ci sono tanti sacrifici personali ma anche delle famiglie”.

Ci sono stati dei passi in avanti a livello mediatico. C’è sempre più attenzione e visibilità verso lo sport paralimpico, ma ‘si può dare di più’?

“Sì, è un crescendo. Io però guardo sempre il bicchiere mezzo pieno, perché abbiamo lavorato tanto in questi anni e ne è testimonianza la notizia che Rai2 sarà rete paralimpica per tutto il periodo dei Giochi.

Detto questo c’è sempre qualcosa di meglio che si può fare. Ho notato che nei giorni di accompagnamento all’apertura di Giochi, nei quali avremo l’onore di avere al nostro fianco il Capo dello Stato Sergio Mattarella, il clima è stato un po’ più tiepido a quello riservato i colleghi olimpici. Ma fa parte di un percorso di semina che abbiamo iniziato vent’anni fa: più cresce la cultura e più cresce l’attenzione, ma un’attenzione consapevole e non per compassione”.

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La campagna del Comitato paralimpico internazionale per cui gli atleti “non partecipano ma gareggiano” va in questa direzione di cambiamento culturale?

“La campagna lanciata dall’Ipc – di cui io sono orgogliosamente membro del Governino board – è molto importante, perché la mission del movimento paralimpico internazionale è quello di portare grandi atleti a gareggiare e non a partecipare. Sottolineiamo la differenza perché così si evidenzia l’essenza, la sostanza di essere atleti di ragazzi e ragazze che saranno a Parigi.

Perché è importante il linguaggio, l’uso dei termini, attraverso di essi si produce la rivoluzione culturale che è fondamentale per gli obiettivi del futuro. Sotto questo profilo la campagna lanciata è solo apparentemente banale ma in realtà non è così, si riconosce in tutto il suo valore la sostanza dell’essere atlete e atleti di questi ragazzi e ragazze che saranno ai Giochi al apri dei colleghi olimpici”.

L’equilibrio di genere nella delegazione si riflette anche nei due portabandiera, Mazzone e Sabatini. Che rappresentano però anche generazioni molto diverse di sportivi

“Assolutamente, quella è stata una scelta molto meditata. Quando ho proposto i nominativi alla Giunta che li ha poi approvati, ho motivato la scelta in questo senso. Dobbiamo dare conto di un incontro tra generazioni. Che è la rappresentazione di un movimento che riconosce da un lato il valore della storia, da dove siamo partiti e coloro che - in questo caso Luca Mazzone, alla sua sesta paralimpiade - onorano la maglia azzurra a lungo, ma allo stesso tempo incontra la proiezione verso il futuro, con una giovanissima Ambra Sabatini che ha fatto uno straordinario exploit a Tokyo ma che non è solo il ‘presente’ o il passato molto vicino a noi, ma anche il futuro.

Il mondo dello sport vive sulla circolarità dei risultati ma soprattutto di atleti e atlete che sognano, come ho fatto io quando ero in attività, di vestire la maglia azzurra nel contesto più importante. Vogliamo dare l’idea di vitalità e movimento di qualcosa che non si fermerà”.

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Sono stati venduti quasi due milioni di biglietti. Come vede questa gran risultato?

“Su questo credo sia d’obbligo complimentarsi con il comitato organizzatore, presieduto da Tony Estanguet, a tutti coloro che hanno operato per i Giochi olimpici e paralimpici. Poi le sbavature ci sono sempre state e ci saranno, ma su questo ad oggi riconosco che sia un grandissimo risultato perché significa aver saputo coinvolgere la popolazione, aver saputo rappresentare l’appuntamento paralimpico come un importante evento che la Francia e Parigi hanno l’onore e l’orgoglio di ospitare”.

Le Olimpiadi mai come quest’anno ci hanno insegnato il valore di un quarto posto. Da dirigente ma soprattutto da ex atleta come si vive quello che tanti hanno visto come una medaglia mancata?

“Ho letto delle stupide polemiche sui quarti posti e, parliamoci chiaro, è un quarto posto olimpico! Che per chiunque abbia fatto l’atleta ha un valore enorme. Poi è ovvio che chi si qualifica e ha i numeri per sognare il terzo, il secondo o il primo posto naturalmente punta a quello. Ma io ho sempre detto a tutti i ragazzi che si qualificano per la paralimpiade o a eventi internazionali importanti che l’importante è raggiungere il risultato che uno si è prefissato personalmente sapendo di aver fatto il suo meglio, tutto quello che poteva fare anche negli anni precedenti. Questo è un modo di confrontarsi umanistico con il risultato e non necessariamente un risultato che non sia una medaglia deve essere svilito. Il valore della paralimpiade è sì sportivo, perché quando applaudiamo le 69 medaglie di Tokyo ci sentiamo orgogliosi come Cip, però non si può pensare di svilire altri risultati che non sono consequenziali a una medaglia. Ci sono discipline in cui già qualificarsi o arrivare alla finale è molto più di quanto ci si potesse aspettare in partenza”.

Scaramanticamente parlando: chi dobbiamo tenere d’occhio?

“Senza fare nomi direi sicuramente il nuoto, perché già a Tokyo ha fatto un lavoro straordinario, ha continuato e per tre volte consecutive sono stati campioni del mondo come delegazione. Dopodiché direi l’atletica perché è rimasta iconica l’immagine delle Charlie’s Angels in Giappone (Sabatini, Caironi e Contrafatto podio tricolore nei 100m T63) ma si sono aggiunti a loro straordinari atleti che hanno fatto parte della delegazione paralimpica.

E poi in tutte le discipline potremmo avere ottimi risultati, farei prima a indicarti dove ci aspettiamo di meno ma sarebbe inelegante”.