Per quanto questo sia un paragone sempre più aberrato dagli storici, nella vulgata comune la nuova legge sulla “prevenzione del vizio e promozione delle virtù” costituirà un vero e proprio ritorno al medioevo per le donne afghane. Nei giorni scorsi, infatti, il Ministero della Giustizia talebano ha ufficialmente promulgato una nuova legge liberticida composta da 35 articoli. Una summa di norme in grado di affiancare a direttive già esistenti nuove misure repressive, in grado di approntare un sistema sempre più intransigente in particolar modo nei confronti di una delle fasce più deboli della popolazione afghana: le donne.
La maggior parte delle direttive, infatti, prevede un’ulteriore limitazione dei loro diritti, introducendo nuove norme talmente discriminatorie da eliminarne completamente la presenza nel tessuto sociale in città come Kabul, Herat o Idlib. Dal divieto di cantare e leggere ad alta voce fino a non poter uscire dalla propria abitazione se non accompagnate da un parente maschio, il testo unico presenta anche una riproposizione di norme preesistenti al fine di inasprire ulteriormente i controlli e, conseguentemente, le pene.
Inoltre, in seguito alla promulgazione della legge, lo stretto controllo sull’utilizzo dell’hijab sarà affiancato da un nuovo obbligo di coprire la totalità del corpo e del viso con velo e vestiti non attillati. Per gli uomini, invece, il precetto prevede unicamente l’obbligo di non indossare pantaloni al di sopra del ginocchio e di farsi crescere la barba. Una prescrizione, quest’ultima, che ha recentemente comportato il licenziamento di oltre 200 agenti di polizia.
Questa serie di principi è stata definita dal Ministero della Giustizia come “in perfetta conformità con la sharia”, approssimativamente definita legge islamica. Il crescente connubio tra stato di diritto e religione, nel caso afghano, sta portando ad una sempre più elevata sovrapposizione tra i due ambiti, nella quale è la componente coranica a guidare la promulgazione di norme. Una fusione che, come testimoniato dalla nuova legge sulla “prevenzione del vizio e promozione delle virtù”, vieterà nel Paese i rapporti omosessuali, la rappresentazione di qualsiasi essere vivente sui dispositivi elettronici e l’incontro con persone di fede non musulmana. Sarà obbligatorio, infatti, fare amicizia unicamente con persone rispettose del Corano e della legge sacra dell’Islam, evitando di scadere in conoscenze che potrebbero traviare il cittadino e allontanarlo dalla fede.
Oltre ad inasprire le normative già presenti e stabilire nuovi capi d’accusa, il testo unico punta a facilitare l’attività di repressione da parte delle forze dell’ordine le quali, nel 2023, hanno arrestato oltre 13mila persone a causa di presunti “atti immorali”. Un’attività definita dalle Nazioni Unite come la “realizzazione di un clima di intimidazione e paura” tra la popolazione afghana, al fine di inasprire il controllo sui cittadini e sulle cittadine tramite il regime del terrore. Una concezione di stato che, con tutti i limiti dovuti alle ingerenze religiose presenti negli apparati normativi occidentali, ben si differenzia dal concetto di laicità più o meno applicato negli stati europei.