Ferragosto ormai alle spalle, la
campagna elettorale entra nel vivo. C’è chi riunisce gli organismi per approvare la composizione delle liste, chi si prepara a consultare la base e chi, "per le strade, tra la gente", tra un "Credo" e un "Pronti",
cerca di convincere gli elettori a votare per il proprio schieramento. Tutto come da programma, considerando che all’appuntamento elettorale manca un mese e poco più. Non fosse per
l'elefante nella stanza.
La crisi climatica è l'Elefante nella stanza
Se siete tra i pochi che non conoscono la faccenda dell’elefante nella stanza, provo a spiegarvela con un’immagine. Pensatevi in una stanza con altre persone a parlare di qualcosa. Al centro della stanza c’è un enorme, gigantesco, elefante impossibile da non vedere. Eppure, non ve ne curate. Continuate a parlare come se nulla fosse. Come se fosse del tutto normale la presenza di quell’animale dalle dimensioni decisamente poco discrete al centro della vostra stanza. A giudicare dalle prime battute elettorali, la
crisi climatica pare essere finita esattamente nella casella "Elefante nella stanza". Programmi elettorali, comizi, interventi in TV e sui social sono pieni zeppi - tra le tante altre - della
parola ambiente. Peccato, però, che
nessuno la declini al tempo presente. Si parla di ciò che dovrà essere, senza ammettere a se stessi e agli elettori che
gli effetti della crisi climatica sono già reali e che serve darsi un metodo per non esserne travolti. Il libro dei sogni sulle politiche ambientali non basta più.
Nei programmi politici al momento si parla molto di ambiente ma per il futuro, senza affrontare davvero l'emergenza già in atto
Nanni Moretti in "
Caro diario" - pellicola che, peraltro, inizia proprio con un richiamo al Ferragosto - dice che
le parole sono importanti. A parlare di sopravvivenza sul pianeta Terra appare difficile trovare espressione più azzeccata. E allora proviamo davvero a stare sul tema, chiarendo che se, da una parte, tutte e tutti siamo chiamati a lavorare per mitigare il processo (a partire dall’
abbandono delle fonti fossili), dall’altra è fondamentale che si cominci a ragionare su sviluppo e attuazione di
piani di adattamento. Siccità,
eventi atmosferici estremi, crisi idrica, caldo torrido,
scioglimento dei ghiacciai sono solo alcuni dei campanelli di allarme da non trascurare. Al contrario, dovremmo metterli in cima alla lista delle cose da fare oggi, non domani, convincendo chi dovrà rappresentarci a fare altrettanto. Che poi, a ben vedere, ci sarebbe pure un
tornaconto elettorale, a ragionare in questi termini: quando la politica si mette (seriamente) a parlare di ambiente, riesce pure a rintracciare il cosiddetto
voto dei giovani, che oggi nello Stivale sembra essersi perso chissà dove.
Il voto dei giovani
I giovani, quasi del tutto esclusi dalla politica, chiedono un'azione immediata e concreta per contrastare l'emergenza della crisi climatica (LaPresse)
Sì, perché i giovani, che purtroppo della classe politica fanno poco o niente parte e non per loro volontà, sono tra i pochi ad essersi battuti per accendere i riflettori sulla
crisi climatica in atto. Il punto, forse, è che la crisi climatica conta ancora troppo pochi titoli di giornale. Non viene raccontata - e quindi percepita - come
emergenza/urgenza e, di conseguenza, viene
derubricata a questione secondaria, da affrontare poi, a margine, con la dovuta distanza e tenendo conto di equilibri politici di sorta. Peccato che le cose stiano in maniera diversa e per fortuna che l’Europa, seppur timidamente, non ci lascerà in balìa dei proclami. Tra l’altro, è bene ricordare che al di là dei confini nazionali c’è chi, tutto sommato, qualcosa di buono lo sta facendo, dimostrando che non solo è possibile ma è pure proficuo. Sarà mica che questa
corsa alle poltrone tutta al maschile sia stata eccessivamente e per l’ennesima volta privata di un vero sguardo di genere che - forse - ci avrebbe aiutati a capire che è arrivato il momento di prendersi cura della casa che brucia?