Elezioni Usa, Kamala Harris e l'America che non sarà

La sconfitta della candidata dem racconta un Paese che ha rifiutato le promesse di cambiamento, preferendo una visione più conservatrice. L’agenda di giustizia sociale e diritti civili è stata respinta, costringendo i Democratici a riflettere su come riconnettersi con un elettorato distante

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
6 novembre 2024
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La vice presidente e candidata democratica Kamala Harris (Photo by Brendan SMIALOWSKI / AFP)

E se Kamala Harris avesse davvero conquistato la Casa Bianca? Di sicuro, l’America avrebbe potuto conoscere un’altra faccia della politica, fatta di giustizia sociale, diritti civili rafforzati, transizione energetica verso un futuro più verde, maggiore inclusione economica e un’attenzione particolare alla questione di genere.

Il punto, però, è che l’elettorato ha scelto altro e lo ha fatto senza esitazioni, come a voler dichiarare che l’equilibrio democratico, tanto decantato dai progressisti, non era quello che realmente cercava. La promessa di un cambiamento radicale, un salto verso un’America riformata da cima a fondo, non ha sedotto il Paese come i sondaggi e i media sembravano far intendere. Trump è tornato, più forte della stessa narrativa che lo voleva incerto, in bilico, e ha ribaltato ogni previsione. Ma cosa racconta questa vittoria ai Democratici di oggi?

Il programma democratico

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La reazione disperata degli elettori democratici ai risultati del voto americano (EPA/REMKO DE WAAL)

Per capirlo, serve fare qualche passo indietro. Harris aveva in mente un’America diversa. Il suo programma, audace e per certi versi rivoluzionario, prevedeva di garantire a tutti un’assistenza sanitaria più equa, un aumento del salario minimo federale a 15 dollari l'ora, il sostegno alle piccole imprese attraverso incentivi fiscali, soprattutto per quelle appartenenti a comunità svantaggiate. Kamala Harris avrebbe voluto anche ridisegnare il sistema fiscale: più tasse per i redditi alti e grandi aziende per ridistribuire la ricchezza e rafforzare il welfare, puntando su un’economia inclusiva e meno diseguale. Una delle sue priorità fondamentali era promuovere la giustizia sociale e affrontare le disuguaglianze strutturali legate al genere e alla razza. La sua visione includeva anche il rafforzamento delle tutele per le donne, puntando su leggi per la parità salariale e sulla protezione dei diritti riproduttivi.

La rivoluzione sociale 

Sul fronte della giustizia sociale e dei diritti civili, il piano di Kamala Harris scommetteva su una vera e propria rivoluzione sociale, con riforme per il sistema giudiziario e la promessa di eliminare la cauzione in denaro per i reati minori, cercando di spezzare la catena di disuguaglianze che penalizza da decenni le comunità nere e latine. Harris aveva in programma di garantire anche tutele federali per il diritto all’aborto e di istituire un sistema per facilitare il reintegro degli ex detenuti nella società, riducendo drasticamente le disparità radicate nel sistema penale americano. Il suo impegno si sarebbe concentrato, inoltre, sull'inclusione delle donne in settori chiave dell’economia e della politica, rompendo le barriere di genere che ancora persistono in molti ambiti.

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Un uomo indossa una maglietta con la foto di Kamala Harris e la scritta: "She can do it" (EPA/DANIEL IRUNGU)

Il piano per il clima e la politica estera

E poi c’era l'ambiente, il grande capitolo che Harris aveva proposto di affrontare con un piano climatico da 10 trilioni di dollari: la candidata democratica avrebbe dato impulso a un’economia green, con investimenti nelle energie rinnovabili, sanzioni per chi inquinava, incentivi per chi rispettava i criteri ecologici e un programma che ambiva a raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. Ebbene, tutto questo è rimasto solo una visione, un sogno irrealizzato di chi immaginava un futuro diverso.

In politica estera, Harris si sarebbe posta come garante dei diritti umani e della stabilità globale, mantenendo la fedeltà agli storici alleati, dalla NATO all’Unione Europea. La sua politica prevedeva una ferma opposizione alla Cina e alla Russia, considerate minacce alla democrazia e ai diritti umani. Un approccio in linea con i valori del progressismo democratico, ma che probabilmente molti americani hanno giudicato lontano dalle questioni interne più urgenti e concrete.

Chi vince, Trump, e chi perde, Harris

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Donald Trump dopo la vittoria: sarà il 47esimo presidente degli Stati Uniti (Photo by Jim WATSON / AFP)

Trump ha vinto con un messaggio semplice, diretto, di pragmatismo conservatore che ha fatto breccia tra coloro che, preoccupati per la crescente disuguaglianza, per la criminalità e per l’economia, non volevano scommettere su un’agenda che consideravano troppo radicale o addirittura minacciosa. Il voto ha detto no a un’America progressista e aperta, abbracciando invece la promessa di un Paese che si rifugia in un'identità più tradizionale, meno impegnata a “riformare” e più concentrata su una visione diretta e concreta dei problemi. La vittoria dei repubblicani è il segnale chiaro di una delusione latente verso l’approccio democratico, forse troppo distante dal vissuto quotidiano della classe media americana, quella che avverte con forza il peso delle disuguaglianze, della criminalità e dell’incertezza economica.

Kamala Harris ha perso e con lei un’intera agenda di riforme che i Democratici avevano costruito come risposta alle sfide del nuovo millennio. La sua sconfitta è anche quella di un partito che forse ha sopravvalutato la capacità di attrazione di una narrativa inclusiva e progressista, senza interrogarsi davvero sul perché molte persone, in realtà, la percepiscono come minacciosa. Per le donne e le minoranze che avevano visto in Harris una rappresentante delle loro battaglie e delle loro istanze di giustizia sociale, questa sconfitta è anche un colpo morale, che sembra allontanare la possibilità di un’America più equa e inclusiva.

Donald Trump e Kamala Harris hanno parlato, in queste settimane, a due nazioni diverse. Diversissime. O meglio, coloro che ascoltavano l’uno o l’altra avevano in mente due Americhe territorialmente uguale ma ideologicamente lontane. Che ci sia una frattura nella società americana è una cosa risaputa, ma questo voto ha riaffermato ancora una volta, con più forza ancora, questa contrapposizione: l’una orientata al futuro, la nostalgica col passato. Questa differenza emerge in modo chiaro e netto dagli exit poll realizzati dalla NBC nei sette stati in bilico dopo le elezioni presidenziali. Ci sono sei dati, soprattutto, da analizzare.

Questa vittoria repubblicana segna una frattura profonda e costringe i Democratici a un ripensamento: in un mondo dove gli equilibri sono precari e l’incertezza regna sovrana, l’America non sembra pronta per un salto nel futuro. E ora, davanti a questo verdetto popolare, spetta ai Democratici riflettere su cosa è andato storto, su cosa non hanno saputo ascoltare e su come riuscire a riconnettersi con quella parte d’America che li ha messi da parte senza esitazioni.