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Home » Politica » Iran, il Consiglio sui diritti umani dell’Onu avvia un’indagine sulla repressione delle proteste

Iran, il Consiglio sui diritti umani dell’Onu avvia un’indagine sulla repressione delle proteste

Da oltre due mesi le manifestazioni infiammano la Repubblica Islamica ma sono spente nel sangue e negli arresti da parte delle autorità

Marianna Grazi
26 Novembre 2022
In tutto il mondo ci sono state manifestazioni in solidarietà con le donne iraniane

In tutto il mondo ci sono state manifestazioni in solidarietà con le donne iraniane

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Il massimo organo delle Nazioni Unite per i diritti umani ha votato giovedì per l’avvio di un’indagine indipendente sulla sanguinosa e brutale repressione delle proteste in Iran, scatenatesi dopo la morte di Mahsa Amini. La mozione, presentata al Consiglio per i diritti umani dell’Onu, è passata con 25 voti a favore, 6 contrari e 16 astensioni.

La repressione delle proteste

Proteste in Iran: il consiglio per i diritti dell’Onu chiede di porre fine all’uso sproporzionato della forza

“Siamo di fronte a una vera e propria crisi dei diritti umani” in Iran e l’attuale situazione nel Paese “è insostenibile”, ha affermato a Ginevra l’Alto Commissario dell’UNHCR Volker Turk,, che già in precedenza aveva chiesto alle autorità della repubblica Islamica di porre fine all’uso “sproporzionato” della forza nel reprimere le manifestazioni scoppiate dopo la morte della 22enne il 16 settembre, tre giorni dopo il suo arresto da parte della polizia morale perché la giovane indossava male il velo; gli agenti l’avrebbe picchiata a morte, ma hanno sempre negato le accuse, dichiarando che il decesso è stato causato da un malore. La morte di Amini è stata la scintilla che ha innescato la miccia delle proteste, da parte delle donne in particolare, che hanno anche chiesto la caduta della Guida Suprema Ayatollah Ali Khamenei. L’Onu afferma che sono oltre 14.000 le persone arrestate in questi due mesi, “Un numero impressionante”, ha aggiunto l’Alto commissario Turk. L’Iran non ha fornito un bilancio dei manifestanti uccisi durante la repressione, ma il vice ministro degli Esteri, Ali Bagheri Kani, ha dichiarato giovedì che circa 50 poliziotti sono morti e centinaia sono stati feriti durante i disordini – la prima cifra ufficiale delle vittime tra le forze di sicurezza. I gruppi per i diritti umani sostengono invece che più di 200 persone sono state uccise in tutto il Paese, tra cui ragazze adolescenti la cui morte è diventata un grido d’allarme per ulteriori manifestazioni che chiedono la caduta della Repubblica Islamica.

Porre fine all’uso sproporzionato della forza

Dalla morte di Mahsa Amini sono state arrestate 14mila persone

Da metà settembre, “le forze di sicurezza hanno risposto usando la forza letale contro manifestanti disarmati e passanti che non rappresentavano alcuna minaccia per la vita. In palese disprezzo delle regole internazionali sull’uso della forza”, ha detto Türk intervenuto alla sessione speciale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il 24 novembre. “Esorto il governo e chi detiene il potere ad ascoltare” i manifestanti e riconoscere le profonde lamentele sociali, economiche e politiche che si sono accumulate. Volker Türk si è quindi rivolto direttamente alle autorità iraniane perché avviino processi investigativi indipendenti, imparziali e trasparenti sulle presunte violazioni dei diritti umani, in linea con gli standard internazionali, di cessare immediatamente “di usare la violenza e le molestie contro i manifestanti pacifici” e “a rilasciare tutti gli arrestati per aver protestato pacificamente”, nonché a imporre una moratoria sulla pena di morte. La rappresentante iraniana alla riunione delle Nazioni Unite, Khadijeh Karimi, ha tuttavia accusato gli Stati occidentali di utilizzare l’UNHCR per prendere di mira il suo Paese, un’azione che ha definito “spaventosa e vergognosa”.

Nella stessa giornata le associazioni per i diritti umani hanno accolto con favore la notizia del voto e la direttrice di Amnesty International, Agnes Callamard, ha dichiarato che avrebbe inviato un “chiaro messaggio” alle autorità iraniane: “non possono più commettere crimini di diritto internazionale senza temere conseguenze”. “La giornata di oggi segna un primo passo significativo verso la giustizia e la responsabilità per le donne e le ragazze innocenti e per tutti i civili che lottano per i loro diritti umani fondamentali in Iran”, ha dichiarato a Middle East Eye Yasmine Chubin, direttrice dell’iniziativa “docket” della Clooney Foundation for Justice. “Queste indagini permetteranno di raccogliere, analizzare e conservare le prove e di perseguire i responsabili“, ha aggiunto Chubin.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Il massimo organo delle Nazioni Unite per i diritti umani ha votato giovedì per l'avvio di un'indagine indipendente sulla sanguinosa e brutale repressione delle proteste in Iran, scatenatesi dopo la morte di Mahsa Amini. La mozione, presentata al Consiglio per i diritti umani dell'Onu, è passata con 25 voti a favore, 6 contrari e 16 astensioni.

La repressione delle proteste

Proteste in Iran: il consiglio per i diritti dell'Onu chiede di porre fine all'uso sproporzionato della forza
"Siamo di fronte a una vera e propria crisi dei diritti umani" in Iran e l'attuale situazione nel Paese "è insostenibile", ha affermato a Ginevra l'Alto Commissario dell'UNHCR Volker Turk,, che già in precedenza aveva chiesto alle autorità della repubblica Islamica di porre fine all'uso "sproporzionato" della forza nel reprimere le manifestazioni scoppiate dopo la morte della 22enne il 16 settembre, tre giorni dopo il suo arresto da parte della polizia morale perché la giovane indossava male il velo; gli agenti l'avrebbe picchiata a morte, ma hanno sempre negato le accuse, dichiarando che il decesso è stato causato da un malore. La morte di Amini è stata la scintilla che ha innescato la miccia delle proteste, da parte delle donne in particolare, che hanno anche chiesto la caduta della Guida Suprema Ayatollah Ali Khamenei. L'Onu afferma che sono oltre 14.000 le persone arrestate in questi due mesi, "Un numero impressionante", ha aggiunto l'Alto commissario Turk. L'Iran non ha fornito un bilancio dei manifestanti uccisi durante la repressione, ma il vice ministro degli Esteri, Ali Bagheri Kani, ha dichiarato giovedì che circa 50 poliziotti sono morti e centinaia sono stati feriti durante i disordini - la prima cifra ufficiale delle vittime tra le forze di sicurezza. I gruppi per i diritti umani sostengono invece che più di 200 persone sono state uccise in tutto il Paese, tra cui ragazze adolescenti la cui morte è diventata un grido d'allarme per ulteriori manifestazioni che chiedono la caduta della Repubblica Islamica.

Porre fine all'uso sproporzionato della forza

Dalla morte di Mahsa Amini sono state arrestate 14mila persone
Da metà settembre, "le forze di sicurezza hanno risposto usando la forza letale contro manifestanti disarmati e passanti che non rappresentavano alcuna minaccia per la vita. In palese disprezzo delle regole internazionali sull'uso della forza", ha detto Türk intervenuto alla sessione speciale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il 24 novembre. "Esorto il governo e chi detiene il potere ad ascoltare" i manifestanti e riconoscere le profonde lamentele sociali, economiche e politiche che si sono accumulate. Volker Türk si è quindi rivolto direttamente alle autorità iraniane perché avviino processi investigativi indipendenti, imparziali e trasparenti sulle presunte violazioni dei diritti umani, in linea con gli standard internazionali, di cessare immediatamente "di usare la violenza e le molestie contro i manifestanti pacifici" e "a rilasciare tutti gli arrestati per aver protestato pacificamente", nonché a imporre una moratoria sulla pena di morte. La rappresentante iraniana alla riunione delle Nazioni Unite, Khadijeh Karimi, ha tuttavia accusato gli Stati occidentali di utilizzare l'UNHCR per prendere di mira il suo Paese, un'azione che ha definito "spaventosa e vergognosa". Nella stessa giornata le associazioni per i diritti umani hanno accolto con favore la notizia del voto e la direttrice di Amnesty International, Agnes Callamard, ha dichiarato che avrebbe inviato un "chiaro messaggio" alle autorità iraniane: "non possono più commettere crimini di diritto internazionale senza temere conseguenze". "La giornata di oggi segna un primo passo significativo verso la giustizia e la responsabilità per le donne e le ragazze innocenti e per tutti i civili che lottano per i loro diritti umani fondamentali in Iran", ha dichiarato a Middle East Eye Yasmine Chubin, direttrice dell'iniziativa "docket" della Clooney Foundation for Justice. "Queste indagini permetteranno di raccogliere, analizzare e conservare le prove e di perseguire i responsabili", ha aggiunto Chubin.
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