Sono passati 20 anni dalla sua approvazione, ma la Legge 40/2004, “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” presenta ancora oggi molti divieti discriminatori che vanno contro il diritto alla salute e alcune libertà fondamentali sancite dalla nostra Costituzione.
A dirlo, oltre ai giudici che in questi anni, ogni volta che sono stati interpellati, hanno puntualmente eliminato uno a uno precedenti veti, sono cittadini e cittadine italiane che, proprio volendo ricorrere a questa tecnica per avere una gravidanza, si sono viste chiudere le porte in faccia.
Persone che chiedono semplicemente di poter accedere al diritto alla genitorialità che è loro negato. Per questo, durante una conferenza stampa tenuta alla Camera dei Deputati, l’Associazione Luca Coscioni ha fatto il punto sui divieti ancora in vigore:
- impossibilità di donare alla ricerca gli embrioni non idonei per una gravidanza
- divieto di accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) alle persone single e alle coppie dello stesso sesso
- divieto di accesso alla gravidanza per altri (GPA) per single e coppie omosessuali
Non solo, perché l’associazione e queste persone, che hanno alle spalle esperienze di vita reale, spesso dolorose, propongono al Parlamento anche azioni concrete da portare avanti per rimuovere questi ostacoli, lesivi e discriminatori.
La lettera al ministro Schillaci
In una lettera al ministro della Salute, Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente avvocata segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, hanno avanzato queste proposte:
“Sono trascorsi vent’anni dall’entrata in vigore della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita ma sono ancora tante le criticità presenti, oltre ai divieti ancora in vigore, che impediscono a molte persone di diventare genitori e fare famiglia, e a tante altre di beneficiare dei progressi della ricerca su patologie incurabili. Per questo chiediamo al Ministro della Salute, Orazio Schillaci, di intervenire su alcuni aspetti che, nelle sue funzioni, potrebbe risolvere senza l’intervento del Parlamento.
Chiediamo dunque di aggiornare i LEA con anche l’inserimento delle indagini diagnostiche sull’embrione e che sia previsto un rimborso spese per le donne che con un atto di solidarietà sono disponibili a donare i propri gameti, esattamente come avviene nei paesi da cui i centri italiani importano gli ovociti che sono utilizzati per le tecniche eterologhe nel rispetto del divieto assoluto di commercializzazione, vigente in tutta Europa.
Chiediamo di modificare il Decreto che governa la raccolta dati del Registro Nazionale PMA per fornire dati aggiornati e disaggregati per il ciclo di PMA, di censire il numero degli embrioni non idonei a una gravidanza e attualmente crioconservati presso i Centri di procreazione medicalmente assistita e di conoscere il destino degli embrioni crioconservati e che risultano in stato di abbandono”.
Le testimonianze
Con riferimento al divieto di utilizzare gli embrioni non idonei a una gravidanza per la ricerca, la Coscioni sta promuovendo diversi ricorsi giudiziari, a sostegno delle coppie che hanno campioni crioconservati. Questi potrebbero, ad esempio, aiutare persone come Maurizio, 68 anni, affetto da patologia degenerativa incurabile, che ha inviato una lettera al ministro della Salute e alla ministra della Ricerca per chiedere di rimuovere il divieto di donazione, perché “toglie la speranza di trovare una cura definitiva per tutte quelle patologie oggi incurabili come il Parkinson”.
Invace Ludovica Zelli, con la sua compagna, è stata costretta ad andare all’estero per accedere alle tecniche di fecondazione assistita, dal momento che in Italia la legge 40 vieta alle persone single e alle coppie dello stesso sesso di accedere alla PMA. Per questo, è ricorsa in tribunale per ottenere il riconoscimento della genitorialità nei confronti di suo figlio.
“Un figlio a tutti gli effetti, voluto, pensato, desiderato e finalmente partorito a Roma dove io e la mia (oggi ex, ndr) partner avevamo sempre vissuto. La coronazione di un sogno – spiega la donna, che è sono una logopedista e una psicologa che da 15 lavora coi più piccoli –. Eppure oggi, dopo quasi 7 anni dalla nascita di nostro figlio io non sono riconosciuta come madre dalla legge, non sono indicata sul suo atto di nascita e per qualunque procedura sanitaria e amministrativa deve occuparsene esclusivamente l’altra madre.
Io che mi occupo quotidianamente del benessere fisico, emotivo, educativo di mio figlio per lui non sono nessuno e lui non è nessuno per me. Noi non siamo nessuno in questo stato. Subiamo una grande ingiustizia”.
Maria Sole Giardini, affetta dalla sindrome di Rokitansky (nata senza utero ma fertile in quanto produce ovociti, e quindi di fatto impossibilitata a portare avanti una gravidanza), Christian De Florio e Carlo Tumino (magari li conoscerete meglio come i “Papà per scelta” su Instagram, dove raccontano la loro quotidianità con due gemellini, Sebastina e Julian), genitori grazie alla maternità surrogata negli Stati Uniti, hanno parlato delle loro storie, quindi del divieto di accedere alla gravidanza per altri.
“Le coppie italiane di papà intenzionali come noi – dicono Christian e Carlo – hanno accesso a percorsi di surrogacy esclusivamente in Canada e Usa, due Paesi che hanno ben legiferato la GPA da decenni anche in forma solidale. La gestazione per altri è una tecnica riproduttiva, ma è soprattutto un atto di generosità e amore, col quale si riconosce l’autodeterminazione di una donna che può decidere, se lo vuole, di portare avanti una gravidanza per conto di un’altra coppia che non può naturalmente concepire per infertilità, malattia o per l’orientamento sessuale".
Anche per loro e per tantissime altre future famiglie oggi discriminate, l’Associazione Luca Coscioni ha depositato in Parlamento una legge per regolamentare la gravidanza per altri solidale.