Il diritto alla propria terra per il popolo indigeno brasiliano è ancora una volta messo in pericolo da una serie di attacchi che negli ultimi giorni si sono succeduti in almeno tre Stati, da parte del colosso sudamericano ai danni di alcune delle tribù più fragili, come quella degli Awa Guarani.
Azioni che in questa occasione non avrebbero causato vittime, ma solo il tentativo da parte dei giannizzeri dei latifondisti di recuperare porzioni di territorio. Durante la presidenza di Jair Bolsonaro gli incidenti erano all’ordine del giorno e la legge del 2007 – quella appunto che delimita le terre indigene – praticamente inevasa; era stata addebitata direttamente al presidente la responsabilità di avere coperto gli autori dei roghi che intendevano fare piazza pulita di terreni coltivabili da parte degli indios per poter aumentare la capacità di pascolo e della ricerca di oro, petrolio e metalli preziosi. Non è solo l’Amazzonia a perdere le proprie caratteristiche sociali, ma anche la zona centrale del Paese, il Pantanal, fino al Rio Grande do Sul, terra particolarmente fertile e ambita dalle multinazionali dell’agricoltura e dell’allevamento.
Gli attacchi contro le popolazioni indigene
La cronaca di questi giorni, secondo le notizie del Consiglio Indigeno Missionario (Cimi) che ha sentito i rappresentanti dei vari popoli indigeni, parla di azioni di forza per la riconquista di aree nel Mato Grosso do Sul e nel Parana occidentale. Nel primo Stato, le cinque aree riconquistate dagli indios della regione di Douradina all’interno della terra indigena di Lagoa Rica Panambi continuano a essere attaccate da criminali armati: una decina di mezzi con miliziani hanno attaccato il gruppo Guarani Kaiowá tanto che è dovuta intervenire la Forza di Sicurezza Nazionale che ha sparato colpi intimidatori. A Caarapó due aree riconquistate nella terra di Dourados Amambai Peguá sono state sorvolate da droni e circondate. Nel Paraná occidentale sono stati usati contro gli Awa, a Tata Rendy, anche gli incendi.
Gli attacchi secondo gli indigenisti sono stati studiati tutti da una stessa organizzazione. Che potrebbe essere quella che ha operato anche nel Rio Grande do Sul, lo Stato dove l’immigrazione italiana è molto forte e dove nelle scorse settimane il nostro presidente Sergio Mattarella ha effettuato una visita di Stato alla numerosa e operosa comunità soprattutto di discendenti di emigranti veneti. In questo caso gli attacchi hanno coinvolto la popolazione Kaingang di Passo Fundo: uomini incappuciati sono scesi dai loro veicoli e hanno sparato agli indigeni e dato fuoco a un villaggio dove le famiglie avevano deciso di tornare a vivere.
Il malcontento contro Lula
La situazione, quindi, è delicata e le associazioni degli indigeni non sono neppure contenti dell’operato del governo di Luis Inacio da Silva, Lula, che dell’ambientalismo aveva fatto una base per la battaglia elettorale. Il presidente di sinistra, che ha però dovuto accettare l’appoggio anche di partiti moderati per battere i liberali di Bolsonaro, aveva fatto sperare che fossero finite le espropriazioni dei latifondisti, la deforestazione, la ricerca dei minerali che stanno depauperando i polmoni verdi che servono tutto il pianeta.
I tecnici del Ministero del Popoli Indigeni avevano fatto visita proprio alle zone che sono state poi fronte degli scontri e forse queste azioni sono state una reazione all’intervento del governo, che cerca una mediazione con i proprietari terrieri e i politici locali per trovare una soluzione e fermare le ostilità in un territorio in cui l’apparato statale non è così solido come si potrebbe sperare, e dove la corruzione a volte prende il sopravvento anche nelle forze di polizia.
Indios e attivisti internazionali uccisi
I latifondisti spesso assumono delle ‘squadracce’ per difendere i propri interessi: fece scalpore nel 2022 la vicenda del giornalista inglese Dom Philips che venne ucciso nell’Amazzonia Occidentale assieme a un attivista locale, Bruno Pereira, perché stava compiendo un reportage sullo sfruttamento delle risorse e soprattutto sull’appoggio logistico che spesso proprietari terrieri danno ai narcotrafficanti per i loro traffici. Due persone, due pescatori fratelli, sono in carcere per quell’omicidio: ne sono gli autori, ma i mandanti non sono mai stati perseguiti e neppure fino a oggi ricercati.
Nel 2022 il numero di omicidi di indios è stato di 33 su circa 800 assalti alle loro terre. Una situazione sempre sul filo del rasoio per una popolazione che si stima in poco meno di un milione di indigeni che vivono in 690 terrirori pari al 13% della superficie del Brasile. Inoltre vive qui la maggior parte dei popoli ‘incontattati’ del pianeta, di cui si hanno notizia per avvistamenti fugaci in varie zone dell’Amazzonia, ai confini dello Stato di Acre o in territori invitti della Valle Javari al confine col Perù. Altri sono piccoli gruppi sparuti: i sopravvissuti di tribù quasi completamente sterminate dal progresso che ha invaso le loro terre e dalla fuga costante dai taglialegna e dagli allevatori che invadono la loro terra. Moltissimi vengono bersagliati da malattie contro le quali non hanno rimedi naturali. E se incontrano un forestiero sul loro cammino scappano immediatamente.