Nonostante i notevoli progressi scientifici e terapeutici (compresi i pazienti guariti, saliti a sette in tutto il mondo) l'HIV continua a rappresentare una sfida globale di primo livello. Stigma e disinformazione, ad oggi, restano ostacoli significativi da superare, e andrebbero inseriti in un quadro di sensibilizzazione ben più ampio, che abbia lo scopo di diffondere comportamenti corretti da tenere nei momenti a maggior rischio di esposizione. Non nascondiamoci dietro un dito, il sesso è uno di questi, se non il principale metodo di contagio. Ne parliamo con il dottor Pierluigi Blanc, primario dell'unità complessa di infettivologia alla Usl Toscana Centro.
Può descrivere, innanzitutto, la situazione dei contagi in Italia?
“Per quanto riguarda la situazione dei nuovi casi di HIV in Italia, nell'ultimo periodo il dato si è un po’ stabilizzato, pur mantenendo un'incidenza significativa. È chiaro che c'è stata una diminuzione dei contagi nel corso degli anni, ma nell'ultimo periodo siamo di fronte a una situazione endemica piuttosto stabile. In Italia, il valore si attesta attorno a tre nuovi casi per 100.000 residenti, mentre in Toscana la percentuale è leggermente superiore, con quattro nuovi casi per 100.000 residenti.
Inoltre, ad essere cambiata negli anni è la dinamica di trasmissione, in quanto gli ultimi casi sono prevalentemente a trasmissione eterosessuale. È presente, inoltre, una notevole distribuzione tra persone straniere, come testimonia l’ultimo report Icona. Secondo il dossier, all’interno del quale sono inseriti oltre 14mila casi, questa casistica copre il 30% dei nuovi casi di infezione da HIV. Inoltre, vediamo che molti dei nuovi casi siano in realtà casi di AIDS, legati a soggetti che hanno un'infezione vecchia e vengono osservati in una fase piuttosto avanzata. Questo fa capire come, purtroppo, ci sia un problema di infezione sommersa che deve in qualche modo essere portato alla luce”.
Secondo lei il livello di prevenzione e consapevolezza della popolazione è sufficiente o servirebbero nuove campagne di sensibilizzazione in chiave generazionale?
“Ultimamente c’è stata una fase di disinteresse nei confronti della problematica. Inoltre credo che, per quanto riguarda la consapevolezza del rischio di HIV, le nuove generazioni non siano assolutamente sensibilizzate perché, dopo la fase degli anni ’80 e ’90 in cui si è dato massimo sfogo alla sensibilizzazione, il tutto si è perso nel corso del tempo. Secondo me, sarebbe il momento di riprendere in mano certe procedure, composte da pratiche di sensibilizzazione e da un'informazione corretta rivolta soprattutto ai giovani. Inoltre, occorrerebbe approfittare di queste campagne di sensibilizzazione per fare un discorso rivolto anche alla prevenzione delle infezioni a trasmissione sessuale, in quanto il problema non si limita solo all’HIV”.
I giovani sono consapevoli dei rischi e conoscono le regole basilari di prevenzione?
“Stiamo riscontrando, in questa fase, una ripresa notevolissima dei casi di sifilide, ad esempio. Anche questo dimostra come la disinformazione in merito al rischio di trasmissione di infezioni a trasmissione sessuale sia particolarmente elevata nella generazione più giovani”.
C'è il rischio di una stagionalità nei contagi legato all’estate e ad eventuali comportamenti un po’ più lascivi?
“Direi di sì, chiaramente le possibilità di incontri occasionali sono più alte in estate grazie alle vacanze e alle ferie. E aumenta, di conseguenza, la possibilità di avere incontri occasionali con persone non conosciute. Ma se non vengono messe in essere le procedure di precauzione fondamentali e quindi, fra tutte, l'uso del preservativo, è ovvio che i rischi sono destinati ad aumentare.Il tutto, ovviamente, pone un rischio aggiuntivo rapportato non solo al rischio di infezione da HIV ma, ribadisco, anche ad eventuali infezioni da altre malattie a trasmissione sessuale come sifilide, gonorrea, infezioni erpetiche, clamidia e via dicendo”.
Ad oggi, quali sono le nuove frontiere di ricerca? Solo pochi giorni fa è giunta la notizia del settimo guarito da HIV su scala mondiale.
“Per quanto riguarda i casi di persone dichiarate guarite dall'HIV, si tratta di persone che hanno ricevuto tutte un trapianto di cellule staminali emopoietiche. Un trapianto reso necessario dal fatto che questi soggetti, oltre a essere soggetti portatori dell'infezione da HIV, avevano sviluppato anche un tumore del sangue. Il trapianto di cellule staminali, verosimilmente, è stato effettuato perché le precedenti terapie non avevano dato risposta. In compenso, ciò ha indotto l’effettiva eliminazione dell'infezione da HIV, e questo è un dato sicuramente molto interessante. Che le cellule staminali possano avere questa capacità è indubbio, ma dobbiamo specificare che si tratta di una situazione molto particolare. Queste terapie vengono utilizzate per combattere le patologie ematologiche e sono, in ogni caso, terapie estremamente complesse con elevati fattori di rischio.
Non è pensabile che questa terapia possa rappresentare una terapia da poter estendere a soggetti che non siano affetti anche da patologie tumorali e che quindi necessitino del trapianto per questo motivo, ma apre a studi sulla possibilità di eradicazione dell'infezione da HIV. Al momento non sono disponibili terapie eradicanti, ma unicamente terapie in grado di azzerare la carica virale e, di conseguenza, in grado di concedere al soggetto una vita normale anche dal punto di vista dell'attività sessuale e delle prospettive di vita.
Nel campo della ricerca, dunque, spiccano le nuove terapie long acting, che potranno essere somministrate ogni due o, addirittura, ogni sei mesi, dando quindi una libertà di azione notevole a questi pazienti che, d'altra parte, sono comunque costretti ad effettuare una terapia a vita finché non si avranno terapie in grado di eradicare definitivamente l’HIV”.