
La spedizione alle isole Svalbard
La storia climatica e ambientale del nostro Pianeta è conservata nel ghiaccio e può fornire informazioni a ritroso nel tempo di centinaia di migliaia di anni. Ma è una corsa contro il tempo perché i ghiacciai stanno scomparendo velocemente. Le isole Svalbard, sono tra le isole più spettacolari da visitare ma al contempo sono anche l’epicentro artico dell'emergenza climatica. Ed è lì che i ricercatori sono voluti andare in missione per prelevare due carote di ghiaccio di 125 metri ciascuna, per comprendere meglio il fenomeno della "amplificazione artica".
In campo c’è un team internazionale, che coinvolge scienziate e scienziati del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (Cnrs), dell'Istituto Polare Norvegese, dell'Università Ca' Foscari Venezia e dell'Università̀ degli Studi di Perugia, guidati dall'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) il cui direttore è il professor Carlo Barbante. Professor Barbante perché proprio alle Svalbard? "Perché sono l’ultima frontiera dell’artico che preserva informazioni importantissime del clima del passato. Devo dire che fino a pochi anni fa pensavamo che queste aree fossero solo marginalmente toccate dal cambiamento climatico e invece ci siamo accorti che anche queste zone si stanno riscaldando molto rapidamente. Addirittura la velocità è più di tre volte la media del pianeta e dunque questi archivi climatici, ovvero le calotte, sono fortemente influenzate da quello che sta accadendo e diventa molto urgente prevenire e andare a prelevare questi carotaggi". Qual è l'obiettivo di questa spedizione internazionale? “Andare in questi archivi naturali, che sia in alta quota o all’arcipelago delle isole Svalbard, prelevare queste carote di ghiaccio che contengono al loro interno un archivio straordinario del clima e della contaminazione ambientale del passato e prima che sia troppo tardi trasportarli in Antartide, che è un frigorifero naturale e conservarli alla stazione italo-francese di Concordia, che si trova sul plateau antartico orientale, dove abbiamo un sito di stoccaggio a meno 52 gradi. È una operazione fatta per gli scienziati di domani, perché fra 20 o 30 anni, quando avremo ulteriori nuove tecniche di analisi, questi campioni non ci saranno più o saranno completamente rovinati dalla fusione derivante dal riscaldamento globale”.
Le carote che riuscirete a raccogliere verranno portate alla Ice Memory in Antartide? Cosa avete creato laggiù? "È una trincea scavata sotto la neve, un sito a 3200 metri di quota all’interno del plateau antartico. La temperatura media è di -52 gradi. Un frigorifero naturale ed è un sito di nessuno. È ideale per conservare questi archivi a memoria futura". Cos’è l’amplificazione artica? "L’artico ha un aumento di temperatura, che è più di 3 volte quella media mondiale, ed è dovuto a diversi fattori. Da un aumento di temperatura si ha la fusione del permafrost che emette sostanze come metano; questo provoca un'ulteriore innalzamento della temperatura. Questo è un effetto del surriscaldamento e poi ce ne sono altri, come la retroazione legata al ghiaccio marino. Tutti questi effetti fanno si che ci sia un’amplificazione importante nell’artico". Ogni campione quanto ci può fare tornare indietro nel tempo? "Dipende dove andiamo. Ci sono carote nelle Alpi che ci possono far tornare indietro di poche decine di anni ma sul Monte Rosa abbiamo un carota che ci fa andare indietro di 10mila anni. In Antartide abbiamo un progetto che cerca di ricostruire il clima del passato per un milione mezzo di anni". Questo archivio di informazioni quanto ci può essere utile? "Ha una valenza straordinaria perché consente di mettere in una giusta prospettiva quello che sta accadendo. Possiamo capire a che cosa è legato l’aumento di temperatura attuale e metterlo in una prospettiva corretta".
Alla luce di quanto avete raccolto che fotografia emerge? "Abbiamo portato il clima del nostro Pianeta ad un eccesso e lo vediamo nei ghiacciai delle zone non polari dove abbiamo una fusione importante. Per esempio due anni fa abbiamo fatto una perforazione al Grand Combin e lo avevamo monitorato per 5 anni. Ma quando siamo andati lì ultimamente questa piccola calotta glaciale era completamente intrisa di acqua. Nel giro di pochi anni il sistema è cambiato: stiamo accelerando un processo in maniera drammatica. I ghiacciai ci stanno letteralmente sparendo sotto i piedi". La vostra è una sfida senza precedenti, una corsa contro il tempo, visto e considerato che molti ghiacciai si stanno sciogliendo… "Direi proprio di si. La verità è che non abbiamo più tempo per andare a raccogliere queste informazioni". Attraverso questi carotaggi gli scienziati potranno anticipare i cambiamenti climatici futuri? "Già lo fanno. Abbiamo allertato l’opinione pubblica e i decisori politici da molti anni sul fatto che il cambiamento climatico non solo avviene, ma è causato dall’uomo e se continuiamo così sarà irreversibile".
La spedizione tra i ghiacci
Si tratta del fenomeno dovuto alla riduzione della copertura del ghiaccio marino che ha tra le sue conseguenze il riscaldamento dell’oceano. La spedizione è arrivata il 1° aprile, in parte via nave, in parte con un piccolo aereo e poi con tre ore di motoslitta. Seguendo una traccia ben definita sono arrivati al ghiacciaio Holtedahlfonna, il sito di perforazione: il plateau più alto dell’arcipelago delle Svalbard e anche il ghiacciaio più esteso dell’arcipelago.
Un carotaggio tra i ghiacci delle isole Svalbard

Il professor Barbante, direttore dell'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp)

Il team di scienziati alle isole Svalbard

L'accampamento degli scienziati alle isole Svalbard