La
pubertà precoce è in rapido aumento. A testimoniarlo è un nuovo studio dell
’IRCCS G. Gaslini di Genova che è stato pubblicato sul Journal of the Endocrine Society di agosto. La ricerca medica prende in esame i dati di 133 ragazze, da gennaio 2016 a giugno 2021.
L'aumento dei casi in pandemia
Lo studio dell'Istituto Gaslini di Genova ha preso in considerazione 133 bambine che hanno ricevuto la diagnosi tra 2016 e 2021
"L'analisi si è concentrata in particolare sui cambiamenti nello stile di vita durante i
periodi di lockdown, rivelando che negli ultimi anni è stato osservato un lento aumento di casi di
pubertà precoce, in particolare nelle bambine"
spiega Mohamad Maghnie, direttore della UOC Clinica Pediatrica ed Endocrinologia. Il
responsabile scientifico dello studio parla di "un'estrema 'impennata' proprio negli ultimi due anni tra Covid-19" e spiega che "questo fenomeno è stato segnalato da molti centri di diversi Paesi". Prime firmatarie del report sono la pediatra Daniela Fava, della clinica Pediatrica ed Endocrinologia e la dottoressa Carlotta Pepino specializzanda in Pediatria all’Università di Genova.
Pubertà precoce: le conseguenze
La pubertà precoce consiste nella comparsa di segni di sviluppo puberale
prima dell'età di 8 anni per le femmine e 9 anni per i maschi. Oltre a un
disagio psicologico e relazionale nel minore, questa può contribuire ad aumentare il rischio, nel corso degli anni, di
sviluppare patologie quali
diabete,
malattie cardiovascolari e alcuni tipi di
tumore dell'apparato riproduttivo.
La PP colpisce maggiormente le femmine e comporta gravi rischi per la loro salute legati al possibile sviluppo, negli anni, di diabete, malattie cardiovascolari e tumori dell'apparato riproduttivo
Prima della pandemia il fenomeno colpiva appena
un* bambin* su 10.000. La pubertà precoce è 10 volte più comune nelle bambine che nei bambini, anche se le ragioni di questa differenza sessuale sono ancora misteriose. Lo scopo dello studio è stato valutare l’incidenza della pubertà precoce centrale idiopatica (ICPP) nelle bimbe durante il periodo più acuto del coronavirus in Italia rispetto all’incidenza valutata nei 4 anni precedenti, indagando anche sulla possibile relazione tra l’aumento di incidenza della PP e il cambiamento dello stile di vita legato al lockdown.
L'incidenza in crescita
“Durante la pandemia di Covid-19, il numero delle bambine che abbiamo valutato per sospetta pubertà precoce
è aumentato di quasi l’80% rispetto ai quattro anni precedenti, e la percentuale di bimbe a cui è stata diagnosticata la PP rapidamente progressiva è stato del 30% più alto durante il periodo pandemico.
Prima della pandemia,
solo il 41% delle ragazze indirizzate al nostro Istituto per sospetta pubertà precoce presentava questa forma, ma durante la pandemia la percentuale è salita al 53,5%" sottolinea ancora Daniela Fava. “Lo studio è stato condotto su
133 bambine che hanno ricevuto diagnosi nel nostro Istituto da gennaio 2016 a giugno 2021 - spiega ancora l'esperta -. A differenza di altri studi italiani, abbiamo analizzato i nostri dati prendendo in considerazione un intervallo più lungo, in particolare il periodo tra marzo 2020 e giugno 2021, durante il quale l’Italia ha subito un lockdown totale, poi parziale, e una riduzione delle attività.
I fattori scatenanti
Pubertà precoce, casi raddoppiati. Stress e vita sedentaria fra le cause: “Colpa della pandemia”
Parlando dei
possibili fattori scatenanti di questo fenomeno, è stato riscontrato un BMI (indice di massa corporea) più elevato nelle ragazze diagnosticate, sebbene non statisticamente significativo. Questi dati sono in linea con il trend di
aumento di peso registrato negli ultimi anni nei bambini. I cambiamenti nelle abitudini quotidiane durante la pandemia potrebbero aver modificato la composizione corporea in termini di distribuzione del grasso, anche senza causare un aumento significativo del BMI. Ricordiamo che tra le pazienti visitate durante i primi 15 mesi della pandemia, quasi il 90% aveva
interrotto ogni attività fisica. “L’incremento del BMI non è stato l’unico dato rilevato, abbiamo anche osservato un
uso prolungato di dispositivi elettronici, che potrebbe aver influenzato i tempi di sviluppo puberale attraverso fattori diretti e indiretti. Le bambine con diagnosi di pp durante il periodo pandemico hanno mostrato una media di 2 ore giornaliere in più (rispetto al periodo precedente) trascorse utilizzando dispositivi elettronici e 88,5% di queste hanno interrotto l'attività fisica programmata che svolgevano prima della pandemia. Nessuna bambina aveva avuto il Covid-19 prima della diagnosi di RP-ICPP" dichiara il professor Maghnie.
Daniela Fava, Clinica Pediatrica Gaslini
Non si può però escludere che il maggior tempo trascorso dai genitori con i propri figli durante il lockdown possa aver
favorito il riconoscimento di segnali precoci di avvio puberale; ciò potrebbe aver contribuito al maggior numero di bambine visitate per sospetta pubertà precoce durante il periodo pandemico. Questo ha anche accelerato la tempistica della diagnosi durante i due anni presi in analisi: le bambine a cui è stata diagnosticata la PP erano circa quattro mesi più giovani delle altre (sette anni e otto mesi, anziché otto anni). Tra i possibili trigger dell’anticipo puberale può non essere trascurabile il ruolo dello stress psicologico, delle tensioni familiari, della situazione economica e della possibile maggiore esposizione agli interferenti endocrini durante la pandemia. “Il forte picco di nuove diagnosi di pubertà precoce idiopatica rapidamente progressiva (RP-ICPP) in coincidenza con la pandemia di Covid-19 è un fenomeno importante. I bambini sono diventati meno attivi fisicamente e i
tassi di sovrappeso e obesità, così come lo stress, sono aumentati durante la pandemia. L’attenzione su questo fenomeno ancora in gran parte misterioso, è anche legato alle ricerche che hanno messo in relazione la pubertà precoce con il possibile un aumento del rischio di malattie cardiometaboliche, depressione e altri problemi di salute mentale nella vita adulta. Inoltre, l’età precoce del menarca è un fattore di rischio accertato per il cancro al seno e altre forme di tumore estrogeno dipendenti” conclude il dottore.