Combustibili fossili e phase out? Ecco quali sono i tabù del linguaggio climatico

In vista della COP29, la Conferenza delle Parti sui Cambiamenti Climatici che si terrà a Baku dall'11 al 22 novembre, gli esperti di Babbel, hanno sviluppato un glossario per comprendere i concetti chiave

di EDOARDO MARTINI
7 novembre 2024
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Non c'è un Pianeta B: la protesta degli attivisti per il clima

Manca sempre meno alla COP29, la 29esima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) che si terrà a Baku, in Azerbaigian, dall'11 al 22 novembre 2024.

Per l’occasione ci hanno pensato gli esperti di Babbel a capire – almeno dal punto di vista linguistico – come affrontare la crisi climatica attraverso politiche concrete ed azioni collettive: hanno analizzato come l'uso del linguaggio o l'omissione di alcune terminologie riveli le complesse dinamiche legate al cambiamento climatico sviluppando un glossario utile a comprendere i concetti chiave dei discorsi sul clima e sull'ambiente.

L'importanza del linguaggio climatico 

Come sappiamo il linguaggio è parte fondamentale della vita umana, della sua evoluzione culturale e del suo sviluppo storico. È quindi importante conoscere il significato delle parole, a maggior ragione in contesti politici e scientifici perché l'uso o l'omissione di alcuni termini potrebbe avere un impatto sull'equilibrio tra esigenze ambientali ed economiche. Un esempio rilevante è l'uso del termine “combustibili fossili“, evitato per 28 anni negli accordi finali delle conferenze sul clima.

Alla COP26 di Glasgow, nel 2021, si fece per la prima volta menzione esplicita del “carbone“, ma solo alla COP28 due anni dopo si è parlato della necessità di allontanarsi da tutti i combustibili fossili. Tuttavia, la formula scelta, “allontanarsi gradualmente“, è stata considerata dagli attivisti ambientali troppo debole rispetto alla transizione rapida e decisa che essi auspicano; il linguaggio adottato non rifletterebbe difatti l'urgenza della crisi climatica e rischierebbe di rallentare l'azione concreta necessaria. Anche l’uso di termini come “unabated“, “phase out“ e “geoengineering“ riflette diverse visioni.

Combustibili fossili
Combustibili fossili

I tabù 

Ed è proprio qui che scendono in campo gli esperti di Babbel che hanno analizzato le implicazioni di tali scelte lessicali:

- Unabated: quando si parla di combustibili fossili “unabated“ (letteralmente “non ridotto“ o “non attenuato“), si fa riferimento a quelli che continuano a essere utilizzati senza alcuna misura per ridurre le emissioni di gas serra, come la cattura del carbonio. In altre parole, i gas serra prodotti da questi combustibili vengono rilasciati direttamente nell'atmosfera, contribuendo significativamente al riscaldamento globale.

- Abated: al contrario di “unabated“, significa “ridotto“ o “attenuato“. In questo contesto, indica i combustibili fossili il cui utilizzo è accompagnato da tecnologie per catturare una parte delle emissioni, riducendo così l'impatto ambientale. Tuttavia, non esiste una definizione universalmente concordata su quanta parte delle emissioni debba essere trattenuta per poter considerare un combustibile “abated“.

Phase out: traducibile con l’espressione “eliminare gradualmente“, si usa per descrivere l'intenzione di smettere di utilizzare i combustibili fossili in modo definitivo, ma in maniera progressiva nel tempo, fino a che non verranno completamente dismessi. L'espressione implica una chiara eliminazione graduale di un'attività, in questo caso l'uso dei combustibili fossili. È una scelta linguistica che denota un forte impegno a fermare completamente questa pratica, ed è spesso usata nei contesti in cui si vuole sottolineare la necessità di un'azione decisiva per il cambiamento climatico.

- Phase down: significa “ridurre gradualmente“, ma non implica necessariamente una completa eliminazione. È un termine meno forte rispetto a “phase out“ e suggerisce una diminuzione dell'uso dei combustibili fossili, senza promettere un'eliminazione totale. “Phase down“ è una scelta linguistica più morbida, che riflette un impegno meno deciso, una formulazione che può essere percepita come una strategia più prudente che lascia margine a una riduzione progressiva, ma non definitiva, del loro utilizzo.

Geoengineering: si riferisce ad un insieme di tecnologie “speculative“ progettate per modificare su larga scala il clima terrestre, con l'obiettivo di mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Questo termine comprende una gamma di interventi ancora poco testati, che spaziano da tecniche come l'iniezione di aerosol nella stratosfera per riflettere la radiazione solare, fino a interventi come la verniciatura dei tetti in colori chiari per ridurre l'assorbimento di calore. Durante la COP28, questo tema ha suscitato dibattiti accesi, con organizzazioni della società civile come la Women and Gender Constituency e la Climate Action Network che avvertono che tali tecnologie speculative potrebbero distogliere l'attenzione dalla necessità urgente di ridurre le emissioni di gas serra: il timore è che la normalizzazione di termini come “geoingegneria“ nel discorso sul clima possa portare a una più ampia accettazione di queste tecnologie, rischiando di mettere in secondo piano le discussioni su soluzioni climatiche più efficaci, eque e sostenibili. 

Le formulazioni alternative 

Ma non è tutto qui perché in questi contesti stanno anche emergendo formulazioni alternative che cercano di trasmettere l'urgenza della transizione energetica. Anche qui il linguaggio è fondamentale: termini come “substitution“ (sostituzione) legano l'espansione delle rinnovabili alla progressiva sostituzione dei combustibili fossili, aggiungendo verbi come “accelerating“ (accelerare) e avverbi come “rapidly“ (rapidamente). Questi termini sono spesso accompagnati da parametri temporali precisi, come “by this decade“ (entro questo decennio), e cercano di trasmettere l'urgenza della transizione energetica. Anche in questo caso, le formulazioni possono apparire più o meno incisive, suggerendo diversi gradi di impegno da parte dei governi e degli attori politici.

“Non è solo una questione di parole“

“Le parole che usiamo per descrivere la crisi climatica sono più di semplici termini tecnici: hanno un peso emotivo e sociale. Aiutare le persone a comprendere ed usare correttamente questi termini è cruciale per facilitare un dialogo più informato su questi temi”, spiega Esteban Touma Portilla, Content Producer e insegnante di Babbel Live, la piattaforma che offre lezioni online dal vivo tenute da insegnanti altamente qualificati. “Il modo in cui parliamo del cambiamento climatico non è solo una questione di parole: è una questione di azione. Le parole che scegliamo hanno infatti la capacità di alimentare la consapevolezza e spingere al cambiamento o, al contrario, generare confusione".