È un titolo simbolico, “Tutto scontato”, quello del nuovo spettacolo teatrale di Aurora Leone, attrice e autrice, conduttrice e volto dei The Jackal, reduce dal successo del precedente monologo “Vero a metà”. Un qualcosa che, si sa, alla fine non è mai uguale a quello che ci si aspetta, ma va bene così, anzi, meglio!
Uno show comico, ma non del tutto. Di quelli che “fa ridere, ma anche riflettere”, come l’adesivo che vedi in periodi di saldi, che ti fa entrare nel negozio con la speranza di trovare qualcosa che ti piace, della tua taglia e che magari era pure quello che stavi cercando e poi alla fine non trovi nulla, come sempre. Ma ne esci comunque con un sorriso, per aver risparmiato magari, e con la consapevolezza che, al solito, è così scontato. Proprio come quello che accade scrollando i social, attaccati compulsivamente ai nostri smartphone per paura di perderci qualcosa, ma consapevoli che il 99% di quello che troveremo lo abbiamo già visto, sentito, letto.
Uno spettacolo “a metà tra il linguaggio di Ricky Gervais e quello di Mattarella”: in che senso?
“I due paragoni azzardati traducono anche la mia difficoltà di collocarmi e di definire questo spettacolo. Gervais è l'esponente, da una parte, della stand-up comedy, ma all’interno di Tutto scontato c’è la voglia, oltre che di far ridere chiaramente, di raccontare delle storie, di trasmettere un messaggio al pubblico che poi si porta a casa, ed ecco quindi dall’altra parte Mattarella che ci arriva in soccorso con un linguaggio più pulito. Io mi sento in mezzo, penso sia uno spettacolo a tratti scomodo e a tratti può piacere anche alle famiglie”.
Sul palcoscenico da solista e nei video coi The Jakal: come vive i due ambiti?
“Vivo gli spettacoli come una responsabilità. Lo spettacolo a teatro, rispetto ai video che sono diventati il mio lavoro quotidiano, richiede un impegno in più perché il pubblico non solo ha scelto di assistere ma ha pagato pure un biglietto”.
Che rapporto ha con il pubblico a teatro rispetto a quello coi followers sui social?
“Vedere e sentire persone che ridono e applaudono a quello che fai, durante e dopo lo spettacolo, penso sia l’apice della soddisfazione che chi lavora nell’intrattenimento può provare. Il lavoro quotidiano che fai sui social non ha la tangibilità di quello che è il tuo pubblico. Perché davvero non è detto che tutto quello che riesci ad avere sui social lo puoi convertire in persone che decidono di venirti a vedere, di comprare un biglietto per uno spettacolo.
L’altra cosa bella del teatro è che rappresenta uno spazio sicuro, dove potersi esprimere e dove cessano quelle che sono le cose negative dei social. È un luogo in cui avviene un confronto personale, live”.
Cosa la ispira nella scrittura dei suoi spettacoli?
“Parto dalla quotidianità. Se mi succede qualcosa che reputo divertente la prima cosa che faccio è segnarmela in una nota del mio cellulare dove ci sono gli spunti di tutti i miei spettacoli. È la stessa nota da quando ho 17 anni, è passata da iPhone a iPhone, ed è bello vedere com’è cambiata la mia percezione delle cose nel tempo.
Un esempio: quest’estate ho fatto l’esame di Latino 2, perché frequento ancora l’università, dicendomi ‘O va bene o lo metto nello spettacolo’. È finito in Tutto scontato. Oppure, visto che parlo della mia ansia sociale – ho la cosiddetta Fomo (fear of missing out) – sono arrivata addirittura ad accompagnare il mio ragazzo alla festa del crossfit, dicendomi che al massimo sarebbe diventata almeno uno spunto per lo spettacolo. Così è stato e posso dire che è anche una delle parti più divertenti.
Quindi mi dico che è bello che tutti i fallimenti si possono convertire in testi comici, è un approccio più positivo ai traumi, poterli condividere con altre persone”.
Condivisione e risate: la ricetta per superare il disagio giovanile di Aurora Leone?
“Torno al ‘fa ridere ma anche riflettere’, al fatto di metterci anche argomenti che non per forza risultano divertenti rispetto ai disagi di cui parlavamo. È molto importante per chi ti ascolta e prova la tua stessa paura sentire che anche tu temi, magari, il giudizio degli altri – e in una parte dello spettacolo dico propri che ho iniziato a andare in terapia per questo –. Questi concetti hanno una profondità e una difficoltà nell’essere espressi, ma con il mezzo della risata mi riesce molto bene questa sorta di terapia di gruppo con il pubblico che, secondo me, lascia qualcosa in più di una risata alla fine dello spettacolo. Già raccontare un’esperienza personale è un buon metodo per dare un consiglio a qualcuno. Permette di ripensare a quello che si è provato vivendo insieme quella serata”.
Che rapporto ha con Firenze - dove sarà in scena il 9 gennaio, ore 21, al Teatro Puccini - e con la Toscana?
“In Toscana ci sono stata varie volte, una delle mie migliori amiche si è trasferita a Pisa e ogni anno ci torno. Questa data, la prima volta a Firenze, è quella che ho temuto di più come risposta all’annuncio dello spettacolo. Sarà l’unica non sold out e questa cosa me la rende ancora più speciale perché credo che quelle persone che ci saranno sono persone a cui devo essere triplamente grata. Ho approcciato questo tour senza sapere nulla sui teatri in cui sarei andata né qual è stata la risposta del pubblico, quindi non è che mi aspettassi una cosa e poi ne è successa un’altra. Semplicemente per questa tappa c’è stata una risposta diversa dalle altre e sono curiosa di vedere la reazione live del pubblico. E poi la tournee è anche una scusa per fare un tour enogastronomico, in questo caso opterò non per l’Antico Vinaio, che ha aperto anche a Napoli, ma per una bella fiorentina”.
Progetti futuri o in programma?
“Di sicuro nel 2025… Ah no, ci siamo già. Dicevo, quest’anno esce la seconda stagione di Pesci Piccoli, la serie dei The Jackal di cui è uscita la prima su Prime Video nel 2023. Sono molto contenta, ci ho lavorato prima del tour e davvero credo sia una bellissima serie, frutto di un lavoro di squadra, e mi auguro che la guardino più persone possibili”.
Se non avesse fatto l’attrice e lavorato nel mondo dell’intrattenimento, cosa avrebbe fatto?
“Il mio piano B, quando ho messo piede in questo mondo, era fare l’insegnante. Perché conserva quella cosa che mi piace anche negli spettacoli, ovvero parlare alle persone per avere la possibilità di lasciare a qualcuno un qualcosa che può fare la differenza. Il fatto che sia successo in prima persona a me - mi sono iscritta al liceo scientifico perché ero brava in matematica e poi una prof di italiano mi ha fatto innamorare della letteratura, di tutto ciò che era umanistico - mi ha fatto capire il potere di un insegnante nella vita delle persone.
Piano C organizzatrice di eventi, perché vengo da un Capodanno organizzato e andato bene”.
Un buon proposito per il 2025?
“Oddio non ho ancora fatto la lista. Comunque passare più tempo con la mia famiglia. E questa la posso realizzare, perché tornare a casa è più facile che entrare in palestra”.