Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

La fiorentina candidata all'Oscar: "Un inno per applaudirci come donne"

Chiara Tilesi 25 anni vive a Los Angeles e quest'anno il brano del suo film "Tell It Like Woman" è in concorso per la categoria miglior canzone originale

di GIOVANNI BOGANI -
12 marzo 2023
Tilesi all'Onu

Tilesi all'Onu

Alla cerimonia degli Oscar, nel Dolby Theatre di Los Angeles, sono pochissimi i fortunati che hanno un posto a sedere. Ci sono alcuni giornalisti internazionali accuratamente selezionati, e ci sono quelli con una nomination nel cuore, e una speranza nell’anima. Ma alla notte degli Oscar 2023, fra poche ore - domenica notte per l'Italia - ci sarà anche Chiara Tilesi. Fiorentina, da venticinque anni a Los Angeles. Produttrice del film "Tell It Like a Woman", candidato all’Oscar per la miglior canzone originale, "Applause", scritta da Diane Warren e interpretata da Sofia Carson. Una nomination che è il punto di approdo di un lavoro immenso, per la dignità delle donne, per la valorizzazione della creatività femminile: un lavoro fatto da una donna, con passione e tigna, senza fermarsi di fronte alle difficoltà, di fronte ai 'no'. Raggiungiamo Tilesi al telefono, a Los Angeles. La conosciamo dal suo primo film importante come produttrice, "All the Invisible Children", un progetto collettivo sull’infanzia sfruttata e violata, al quale avevano partecipato registi di fama mondiale come Spike Lee, Emir Kusturica, Ridley Scott e John Woo, con Maria Grazia Cucinotta fra i protagonisti.

Chiara Tilesi, produttrice di "Tell it like woman" per la We Do It Together e prodotto da Iervolino e Lady Bacardi entertainment

Questa volta, Chiara, di che cosa si tratta? "Questo è un film collettivo, sulle donne, fatto da donne. Sette cortometraggi, otto registe che vengono da tutto il mondo. In molti casi, gli episodi sono tratti da storie vere. Quello diretto da Maria Sole Tognazzi, con Margherita Buy protagonista, nasce dalla vicenda reale di una donna vittima di violenze domestiche, che trovò un modo rocambolesco per uscire di casa e chiedere aiuto. C’è un episodio che vede protagonista una top model come Cara Delevingne, che ha affrontato il personaggio di una homeless. Non tutti sanno che negli Stati Uniti l’aumento dei senzatetto, delle persone che non hanno una casa, è stato esponenziale". E in tutto questo, la canzone è arrivata fino agli Oscar. "La canzone ‘Applause’ è un inno alla necessità di applaudirci. Quando ho parlato con Diane Warren, lei mi ha chiesto le sceneggiature degli episodi. Pochi giorni dopo Diane mi ha fatto sentire una canzone: al primo ascolto avevo le lacrime agli occhi. E da sei mesi questa canzone sta conquistando tutti. Ho lavorato con lei e con il suo team, sono entrata nel complicato meccanismo della campagna degli Oscar: già quello, di per sé, entusiasmante".

Chiara Tilesi in una foto con Diane Warren e Sofia Carson

Sono passati 25 anni da quando arrivava a Los Angeles. È stata dura? "È stata una strada molto difficile. Donna, e straniera, in un luogo – Hollywood – dove arrivano i più bravi, da tutto il mondo, e dove dunque la competizione è altissima. Nel mondo del cinema c’è un problema: le registe donne sono pochissime. Nel 2015 erano 7 su 100: e non per caso, l’80% dei film vedeva protagonisti gli uomini". È cambiato qualcosa, però, negli ultimi anni. O no? "Il caso Weinstein, il #MeToo, hanno portato all’attenzione di tutti la prevaricazione maschile. I media sono stati importantissimi per mantenere alta l’attenzione – e Luce! ne è un esempio – sulle questioni femminili, sul rispetto della donna, sulla parità di diritti, ma anche sulle tematiche di inclusività, sull’universo Lgbtq+. Ma molta strada resta da fare. E si sono fatti anche dei passi indietro".

Chiara Tilesi, fiorentina da 25 anni a Los Angeles

Quali? "La pandemia e la recessione economica susseguente alla guerra hanno portato a molti licenziamenti. E chi ne soffre, in massima parte? Le donne. Per non parlare di passi indietro più drammatici: in Afghanistan è stato tolto alle donne il diritto allo studio. In Iran una ragazza è stata uccisa perché indossava male l’hijab. E nella stessa New York la violenza domestica è aumentata, dall’inizio della pandemia, del 30 per cento". Venerdì scorso lei ha presentato il suo film niente meno che all’assemblea dell’Onu. Che emozione è stata? "Enorme. Ho parlato all’assemblea generale delle Nazioni Unite, lì dove ci sono le persone che davvero possono intervenire, con il loro peso politico, in favore del cambiamento e delle donne". Che cosa vorrebbe, più di tutto? "La storia ci ha insegnato che i cambiamenti avvengono: chi avrebbe immaginato, anni fa, di vedere a Sanremo uomini che si baciano, o che parlano del loro marito? Il mondo cambia. Io vorrei un mondo in cui il modello non è più la storia di Cenerentola, in cui la donna aspetta di essere salvata dal Principe azzurro. Io non voglio nessun Principe azzurro, voglio che le donne possano farcela sempre da sole".

"Tell it like a Woman" presentato davanti all'assemblea delle Nazioni Unite

La sua casa di produzione sta facendo proprio questo. "Vogliamo creare nuovi contenuti, per cambiare l’immagine della donna da oggetto a soggetto. Si parla di noi donne per quanto siamo belle, per quanto pesiamo, per quanto sembriamo giovani o meno: sono retaggi da Medioevo. Credo in un mondo, e in un cinema, diversi". Intanto, ha portato il film che ha prodotto al festival 'Los Angeles, Italia', che si svolge la settimana precedente agli Oscar. "Sì, l’accoglienza è stata fantastica. Il direttore del festival, Pascal Vicedomini, da anni riesce a legare cultura italiana e americana, a creare un clima di scambi di idee fra artisti, in un festival che è un inno all’amicizia. Poi, in Italia, faremo un grande evento a Firenze, la mia città, il 9 maggio".