"Le nuotatrici": su Netflix una storia vera consigliata a chi ha ancora voglia di un mondo migliore
Cosa si cela dietro alle immagini di “barconi” dei clandestini? Ecco perché vedere il film della regista Sally El-Hosaini che racconta la vicenda della nuotatrice siriana Yusra Mardini
Yusra e Sara nel film Netflix "Le nuotatrici"
Il sogno olimpionico da coronare come quello di qualsiasi adolescente europeo dedito allo sport, dall’altra parte la guerra come quotidianità, lontana mille luci dalle vite dei nostri figli, nipoti, fratelli europei che vivono influenzati da internet e mai hanno visto cadere una bomba sopra un palazzetto dello sport. Un paradosso che ti attacca allo schermo quello del film Le nuotatrici in onda su Netflix firmato da Sally El Holsaini. Un film che deve essere visto dai 14 anni in poi, perché solo così chi, in futuro, deciderà il destino del mondo si può rendere conto di ciò che spesso, quasi sempre, si cela dietro ai “barconi” di clandestini che sentono, tra una boccata di pasta e di carne a pranzo, come sottofondo di un realtà quasi scontata. Una boccata di realtà su determinazione e sacrificio che può fare soltanto bene a chi è in procinto di attaccare le cinture di sicurezza per affrontare questo strano mondo. Un padre che non è padrone, nella Siria che ci raccontano "bacchettona", cresce due figlie con nobili ideali, sportive, ma soprattutto coraggiose. Ed è il coraggio di questo film che deve attaccare allo schermo lo spettatore minorenne, perché dentro ognuno di loro quel coraggio esiste, basta trovarlo. Le nuotatricisu Netflix, consigliato a chi ha ancora voglia di un mondo migliore.
La storia di Yusra e Sara Mardini
Basato su eventi realmente accaduti, il film di Working Title/Netflix racconta l’incredibile storia di Yusra e Sara Mardini, sorelle adolescenti siriane fuggite da Damasco nel 2015, mentre la devastante guerra civile si stava tragicamente avvicinando alla loro casa. Dopo aver raggiunto la Turchia, in preda alla disperazione, per attraversare il Mar Egeo e raggiungere l’isola greca di Lesbo, hanno pagato dei contrabbandieri per salire su un’imbarcazione pericolosamente sovraffollata con 18 compagni di viaggio. A metà percorso, il motore si è fermato e la barca ha iniziato ad imbarcare acqua; a quel punto le ragazze – che avevano entrambe praticato nuoto nel loro Paese – si sono eroicamente buttate in mare con altre due persone e hanno nuotato per oltre tre ore fino all’altra sponda, trascinando con sé la barca. Tutti sono sopravvissuti.
L’impegno dei produttori perché fosse “La storia vera”
“Questo è un film con cui ogni persona al mondo può confrontarsi”, ha dichiarato la 24enne, ormai nota anche nel mondo del nuoto internazionale dopo aver partecipato a due Olimpiadi, poco prima della prima mondiale del film, in occasione della prestigiosa serata di apertura del Toronto International Film Festival (TIFF). “Vogliamo che il film faccia la differenza“. Descritto come “un’epopea spettacolare“, è stato diretto dall’acclamata regista egiziano-gallese Sally El Hosaini e ha come protagoniste le sorelle libanesi Nathalie e Manal Issa, che interpretano Yusra e la maggiore Sara. Il film racconta la loro infanzia a Damasco, la loro passione per il nuoto fin da piccole e il loro drammatico viaggio verso l’Europa nel 2015. Prima di sfilare sul tappeto rosso canadese, un’emozionatissima Mardini ha dichiarato: “Abbiamo raccontato tutta la storia. Volevamo che fosse quella vera, autentica”, aggiungendo che i registi hanno fatto visita alla sua famiglia in Germania e si sono recati anche nei campi profughi greci dove hanno soggiornato come primo approdo in Europa. “Hanno investito molto tempo ed energia in questo progetto e non abbiamo dubitato neanche per un secondo che avrebbero fatto un ottimo lavoro”.
Chi è Yusra Mardini
Yusra Mardini ha partecipato a due edizioni dei Giochi Olmpici con la squadra dei rifigiati
Yusra Mardini non è un medico, è una nuotatrice siriana. Nonostante questo però, grazie al suo talento, ha salvato 18 persone. Prima della guerra in Siria, Yusra era una nuotatrice agonistica che rappresentava il suo paese nelle competizioni internazionali. Il conflitto si stava inasprendo e le esplosioni delle bombe echeggiavano sempre più forti nelle orecchie della giovane atleta. Una mattina l’episodio che le aprì gli occhi: mentre era in piscina a Damasco con sua sorella, Sarah, una bomba distrusse il tetto dell’impianto sportivo e si immerse in acqua. Solo la fortuna, e un difetto della carica, che non esplose, le permisero di sopravvivere. A quel punto la scelta tanto difficile quanto obbligata: abbandonare per sempre il suo paese. Così, con la sorella, intraprese un viaggio per la salvezza in direzione Germania. Per raggiungere la loro meta, Yusra e Sarah si imbarcano su un gommone con altre 18 persone. Un gommone su cui, in teoria, non ci sarebbero stati più di 9 posti. Nel bel mezzo del viaggio verso la Grecia, un temporale si abbatté sulla rotta del gommone che, essendo già sovraffollato, non riuscì a reggere anche il peso dell’acqua che copiosa stava riempiendo l’imbarcazione. Il barcone stava lentamente affondando, così Yura e Sarah decisero di tuffarsi in acqua con altri due uomini per provare a tenerla a galla. Per tre ore e mezzo letteralmente trascinarono la barca fino all’approdo sull’isola di Lesbo, dove si poterono considerare finalmente in salvo.
“Il nuoto mi ha letteralmente salvato la vita - dice l’atleta olimpica- prima, quando ero in viaggio verso la Germania. Poi, arrivata qui, mi ha dato la possibilità di ricostruirla”. Dopo essere sbarcata in Grecia, Yusra è effettivamente riuscita ad arrivare in Germania, più precisamente a Berlino, dove presso il club Wasserfreunde Spandau 04, partner delle Scuole di sport d’élite della capitale teutonica, ha trovato una seconda casa oltre a una struttura attrezzata per allenarsi ai massimi livelli. Grazie alla sua dedizione, Mardini è diventata una delle più veloci in vasca, tanto da qualificarsi per le Olimpiadi di Rio 2016 come parte della prima squadra olimpica dei rifugiati. Un’esperienza che si è ripetuta anche a Tokyo in questa edizione dei Giochi, in cui è stata anche portabandiera per la selezione dei rifugiati: “Sono onorata di portare la bandiera perché per me significa che rappresento tutti i rifugiati nel mondo, portando anche le loro speranze per un mondo migliore. Rappresenterò l’intero team e trasmetterò il nostro messaggio che i rifugiati possono sognare e avere successo come chiunque altro”. Mardini è stata anche la più giovane ambasciatrice di buona volontà dell’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nell’aprile 2017. Una giovane donna che ha lottato prima contro la guerra e poi contro il mare aperto per mettere in salvo la sua vita e quella dei suoi compagni , non può più temere nulla.