L’Iran condanna al carcere i registi del film “Il giardino persiano”: l’amore diventa un crimine contro lo Stato

La coppia di registi Mayam Moghadam e Behtash Saneeha condannati a 14 mesi di prigione. Questo è solo l’ultimo di una serie infinita di attacchi da parte del regime iraniano ad artisti, cineasti, attori e attrici

di GIOVANNI BOGANI
15 aprile 2025
Behtash Sanaeeha e Maryam Moghaddam

Behtash Sanaeeha e Maryam Moghaddam

Il regime iraniano, ancora una volta, contro i suoi cineasti migliori, contro la libera espressione artistica nella Repubblica islamica. La coppia di registi Mayam Moghadam e Behtash Saneeha, autori dello splendido film “Il giardino persiano”, che racconta l’incontro fra una donna anziana in cerca di amore e un timido e malinconico taxista della stessa età, sono stati condannati dal regime iraniano a 14 mesi di prigione – pena sospesa per cinque anni – per “aver diffuso bugie con l'intenzione di disturbare l'intenzione di disturbare l'opinione pubblica”, e ad un ulteriore anno di prigione per “aver partecipato alla produzione di un contenuto volgare”. Lo scrive l'agenzia di stampa francese France Presse.

“Il mio giardino persiano” era stato presentato alla Berlinale, dove aveva vinto il premio FIPRESCI della critica internazionale, e aveva proseguito un lungo percorso di successi e di premi nei festival di tutto il mondo: in Italia è stato distribuito da Academy Two, superando i 100mila spettatori. Ai due registi era già stato vietato di lasciare il paese, quando il film era al montaggio, e dunque di presenziare alla prima berlinese del film, nel febbraio 2024.

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“Il mio giardino persiano” – in titolo inglese è “My Favourite Cake” – racconta con grande delicatezza la solitudine di una donna anziana, che ha perso entusiasmi, voglia di vivere. E scopriamo il suo desiderio di iniziare una relazione con un altro uomo. Sono anziani tutti e due: l'incontro è fatto di gentilezze, esitazioni, piccole premure. La donna, in casa sua, viene mostrata senza il velo. Inaccettabile, per gli ayatollah, che una donna venga mostrata a capo scoperto in un film.

Ci sono tanti segnali sulla vita quotidiana in Iran: la videochiamata della protagonista alla figlia, che vive fuori dall'Iran e non ha tempo per ascoltarla; ci sono segnali di piccole grandi resistenze al regime, come quando i due protagonisti settantenni bevono un goccio d'alcol, proibito dal regime. Il film racconta la difficile ricerca della felicità personale, in una società chiusa. È un film più intimo che politico; ma nella sua dimensione intima, diviene politico.

C'è anche una breve scena in cui la protagonista prende le difese di una ragazza, che in un parco viene rimproverata da una guardia della “polizia morale” iraniana per non indossare il velo correttamente, e sta per essere caricata su un cellulare della polizia. La scena è stata girata prima della vicenda di Mahsa Amini, la studentessa 22enne fermata per non indossare bene il velo e morta poco dopo, che ha scatenato rivolte e proteste in tutto l'Iran.

I due registi erano da tempo in attesa di processo. Oltre alle condanne alla reclusione, per il momento sospese, sono state loro inflitte due multe e il sequestro dell'equipaggiamento tecnico per girare, con l'accusa di “aver partecipato alla produzione di un contenuto volgare”.

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La regista Maryam Moghadam ha commentato la sentenza in una intervista con la radio pubblica svedese: “Mostrare la realtà da noi è illegale, non ci è permesso di mostrare chi siamo”. La condanna a Moghadam e Saneeha è l'ultimo episodio, per il momento, di una serie infinita di attacchi da parte del regime iraniano ad artisti, cineasti, attori e attrici.

Il regista Jafar Panahi, Orso d'oro a Berlino, è stato arrestato nel marzo 2010 e condannato a sei anni di prigione, con il divieto per vent'anni di dirigere film. Nel 2022 è stato nuovamente arrestato e condannato ad altri sei anni, per essere scarcerato nel febbraio 2023. Il regista Mohammad Rasoulof, anche lui premiato con l'Orso d'oro, è stato arrestato nel 2010, condannato di nuovo nel 2019 e di nuovo nel 2022, quando è finito nella famigerata prigione di Evin. Nel 2024 è stato condannato a otto anni di carcere e alla fustigazione: pochi giorni dopo, ha lasciato clandestinamente il paese e da allora vive in esilio in Europa.

L'attrice Zar Amir Ebrahimi, premiata a Cannes come migliore attrice per “Holy Spider”, era stata condannata al carcere e a 99 frustate, ed è fuggita in Francia, dove vive in esilio dal 2008. E le storie di fughe, condanne, enormi difficoltà da parte di artisti iraniani a far sentire la propria voce non si contano.