Ha soli 15 anni, una breve carriera alle spalle, e quest’anno ha vestito i panni di Andrea Spezzacatena. Anzi, i suoi pantaloni rosa. Samuele Carrino è il protagonista del film, inaspettatamente discusso, “Il ragazzo dai pantaloni rosa” che, sul solco della vita reale e di un dolore tangibile, racconta una storia di bullismo, di omofobia, di enorme sofferenza e delle tragiche conseguenze alle quali tutto ciò può portare, soprattutto in tenera età.
Un film importante per il messaggio che veicola, per la storia intima che racconta e che, come detto prima, si è trovato inaspettatamente al centro di polemiche a dir poco assurde sulla sua idoneità o meno ad essere proiettato nelle scuole. Con la stessa ipocrisia con cui ai giovani si sceglie di non parlare di sesso, c’è chi vorrebbe tacere anche sulla violenza e sul bullismo, rimanendo nell’ingenua e cieca convinzione che non parlando di certe cose esse non accadano, ignorando ciò che è sotto gli occhi tutti: che accadono già.
Ecco perché ha detto bene lo stesso Carrino, durante una delle passate interviste sul film, quando ha definito questa pellicola “necessaria”.
“Non conoscevo la storia di Andrea – ha ammesso tempo fa – ma appena ho letto il copione ho capito che era un film necessario e ho sentito una voglia assurda di essere l’Andrea che stavano cercando. Così mi sono documentato, ho letto il libro, ho visto le interviste e ci ho messo il cuore, perché è lì che deve arrivare il film, al cuore di tutti. Sia a quello dei bulli, per capire che anche le parole e non solo i gesti possono uccidere; sia al cuore delle persone bullizzate, affinché comprendano che le loro parole le possono salvare. Il momento per me più toccante – ha proseguito il giovane attore – è stato l’incontro con la madre, Teresa, sul set. La prima cosa che abbiamo fatto ci siamo abbracciati”.