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Home » Spettacolo » “Sono omosessuale, non gay!”: il rapporto del maestro Franco Zeffirelli con la sessualità

“Sono omosessuale, non gay!”: il rapporto del maestro Franco Zeffirelli con la sessualità

Un docufilm di Anselma Dell’Olio per "Casa La Rossa" ripercorre la rocambolesca vita e carriera del grande artista. In sala per tre giorni, dal 24 al 26 ottobre

Ettore Maria Colombo
24 Ottobre 2022
Franco Zeffirelli

Franco Zeffirelli

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Che uomo. Che artista. Che genio. Si torna a parlare del maestro Franco Zeffirelli (1923-2019), grazie al docu-film, nei cinema per tre giorni (dal 24 al 26 ottobre), “Franco Zeffirelli. Conformista Ribelle”. Il documentario è stato scritto e diretto da Anselma Dell’Olio – autrice, saggista, femminista storica, moglie del giornalista, ex direttore del Foglio, Giuliano Ferrara – che è già stato presentato in concorso nella sezione “Venezia Classici” alla 79sima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Prodotto da Francesca Verdini e coprodotto da Pietro Peligra si tratta di una produzione “La Casa Rossa” (casa di produzione fondata dalla Verdini, molto attiva su progetti sociali) e RS Productions, in collaborazione con Rai Cinema e il patrocinio della “Fondazione Franco Zeffirelli”, che sarà distribuito nei cinema italiani da RS Productions.

Di cosa parla il docufilm di Anselma Dell’Olio

Il docufilm in sala dal 24 al 26 ottobre: “Franco Zeffirelli – Conformista ribelle”

Il documentario racconta i momenti topici, i punti di svolta e le montagne russe di una brillante, quanto movimentata, carriera internazionale e la rocambolesca esistenza di un grande artista. Dalle sue origini come figlio di nessuno alla conquista di fama internazionale come regista, art director, pittore, ideatore di cinema, teatro e opera lirica. Attraverso interviste originali e d’epoca con alcune delle star più acclamate che l’hanno conosciuto, ammirato e amato e con i familiari, amici e collaboratori più stretti, un coinvolgente e appassionante racconto rende giustizia alla persona e all’artista, oltre che “maestro”, in tutte le sue multiformi e anche opposte sfaccettature. Un carattere composito, che si manifesta nella sua vasta produzione artistica, ma anche nelle sue scelte politiche, nella sua fervente spiritualità e nell’amore per il mistero, nelle amicizie e nelle leggendarie polemiche con critici e avversari. Ne esce un ritratto a tutto tondo, con alti e bassi continui, di un artista che ha promosso e onorato la cultura italiana più alta e insieme più popolare in tutte le capitali mondiali per diversi decenni.

Il “baffo moscio” della critica e il melodramma

Docu-film Zeffirelli
Docu-film “Franco Zeffirelli – Conformista Ribelle”

“È la prima volta che un’opera cinematografica indaga sulle molte, variegate e anche opposte sfaccettature professionali, culturali e caratteriali di Franco Zeffirelli – commenta la regista Anselma Dell’Olio -. Mi interessavano le differenze poco note tra il vasto, singolare incanto che suscitava il suo nome nelle grandi capitali culturali mondiali e il baffo moscio con il quale era trattato in Italia. Con la sola eccezione delle sue opere liriche, per le quali nel suo Paese ha avuto una minima parte degli onori, del rispetto, della gloria e della venerazione che lo circondavano all’estero. Ma ancor di più mi interessava la vita interiore di un omosessuale cattolico convinto, discreto ma mai coperto in un’epoca assai meno liberale del presente”.
Toscano e fiorentino per nascita e per vocazione, legatissimo alla sua città, che amava e che rese immortale, e alla sua regione, vero toscanaccio, si potrebbe dire che del Maestro si è detto tutto. Invece, non è vero. Mancava un film – in questo caso un docufilm – che ne raccontasse, in modo completo e sistematico, la vita, le opere, l’arte. Ma anche, appunto, il rapporto con la sessualità e, in particolare, la sua rivendicata omosessualità.

Un genio, ma anche un conservatore eretico

 "Franco Zeffirelli - Conformista Ribelle"
Alcuni dei personaggi sul set del film “Franco Zeffirelli – Conformista Ribelle”

Zeffirelli era, certamente, un vero conservatore. Dal punto di vista culturale e sociale, in modo però politico. Non a caso è stato senatore eletto nelle fila di FI, voluto personalmente in quella carica da Berlusconi, ma il suo era un conservatorismo alla Malaparte, alla Fallaci. Un conservatorismo, cioè, eretico e dissidente. Lo dimostrano anche, e in tutta la sua vita, le sue scelte artistiche e personali, altrettanto eretiche. Basterebbe ricordare che ha portato nei teatri di tutto il mondo il melodramma rendendolo pop. Come capita ai grandi artisti, soprattutto a quelli che hanno la fortuna di avere una lunga vita, nei racconti dell’ultimo Zeffirelli le scelte professionali si sono mescolate a quelle private in un intreccio quasi inestricabile. Come il tema della sua omosessualità, soprattutto negli ultimi anni, in tempi in cui èpiù facile affrontare il tema rispetto a quelli in cui è cresciuto il regista, che non aveva mai, in realtà, nascosto la sua umanità, pur preferendo a lungo non dichiararsi, finendo per sintetizzare il cliché di artista eretico.

Una omosessualità palese, ma non dichiarata

“Sono omosessuale, non sono gay“, diceva Zeffirelli per cui la parolina inglese sarebbe stata “frutto della cultura puritana, una maniera stupida di chiamare gli omosessuali, per indicarli come fossero dei pazzerelli”. La sua fede cattolica non rappresentava per lui un conflitto con la propria sessualità perché “il peccato della carne” è “tale se compiuto con un uomo o con una donna”. Nel suo approccio alle tematiche Lgbtq, che pure ha affrontato specie negli ultimi anni, c’era anche una lettura storica e, dunque, politica: “Essere omosessuale – spiegava ancora in un’intervista all’Espresso del 2013 – è un impegno molto serio con noi stessi e la società. Una tradizione antica di alto livello intellettuale”. Zeffirelli pensava al Rinascimento e all’epoca classica: “Nella cultura greca l’esercito portava gran rispetto a due guerrieri che fossero amici e amanti, perché in battaglia non difendevano solo la patria, ma reciprocamente anche se stessi, offrendo una raddoppiata forza contro il nemico”.

Franco Zeffirelli a Positano

Un giudizio duro, quello sui movimenti gay

Assai diverso, invece, il suo giudizio sulle forme contemporanee, socio-culturali, con cui gli omosessuali si pongono nei confronti della società e le modalità per esserne riconosciuti. Netto, duro, ad esempio, il suo giudizio sui Pride: “Esibizioni veramente oscene, con tutta quella turba sculettante”. Contrario anche ai matrimoni tra persone omosessuali e alle adozioni, Zeffirelli, per cui “non c’è alcun bisogno di mettersi lì a creare una pseudo-famiglia ‘legale’ a vanvera, per me ridicola e inaccettabile. Basta sistemare le cose tra persone civili: se viviamo insieme e magari compriamo una casa, chiariamo anche le questioni delle quote, tra persone intelligenti che si vogliono bene”. Insomma, al massimo tollerava le unioni civili di Renzi. Il regista sul tema poneva anche una questione anagrafica. Ricordando di avere molti amici gay che vivono in coppia, specificava però che si tratta di “scelte mature, ponderate. In età più giovane, ci si prende, ci si lascia con grande facilità: non c’è un legame di consacrazione e si tende a svicolare. È un mondo incostante”. Del resto, però, anche il Genio – e pure il suo genio – è stato incostante. Come si confà a un artista.

 

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Che uomo. Che artista. Che genio. Si torna a parlare del maestro Franco Zeffirelli (1923-2019), grazie al docu-film, nei cinema per tre giorni (dal 24 al 26 ottobre), "Franco Zeffirelli. Conformista Ribelle”. Il documentario è stato scritto e diretto da Anselma Dell’Olio – autrice, saggista, femminista storica, moglie del giornalista, ex direttore del Foglio, Giuliano Ferrara – che è già stato presentato in concorso nella sezione "Venezia Classici” alla 79sima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Prodotto da Francesca Verdini e coprodotto da Pietro Peligra si tratta di una produzione "La Casa Rossa" (casa di produzione fondata dalla Verdini, molto attiva su progetti sociali) e RS Productions, in collaborazione con Rai Cinema e il patrocinio della "Fondazione Franco Zeffirelli", che sarà distribuito nei cinema italiani da RS Productions.

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Docu-film Zeffirelli
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"È la prima volta che un’opera cinematografica indaga sulle molte, variegate e anche opposte sfaccettature professionali, culturali e caratteriali di Franco Zeffirelli – commenta la regista Anselma Dell’Olio -. Mi interessavano le differenze poco note tra il vasto, singolare incanto che suscitava il suo nome nelle grandi capitali culturali mondiali e il baffo moscio con il quale era trattato in Italia. Con la sola eccezione delle sue opere liriche, per le quali nel suo Paese ha avuto una minima parte degli onori, del rispetto, della gloria e della venerazione che lo circondavano all’estero. Ma ancor di più mi interessava la vita interiore di un omosessuale cattolico convinto, discreto ma mai coperto in un’epoca assai meno liberale del presente". Toscano e fiorentino per nascita e per vocazione, legatissimo alla sua città, che amava e che rese immortale, e alla sua regione, vero toscanaccio, si potrebbe dire che del Maestro si è detto tutto. Invece, non è vero. Mancava un film – in questo caso un docufilm – che ne raccontasse, in modo completo e sistematico, la vita, le opere, l’arte. Ma anche, appunto, il rapporto con la sessualità e, in particolare, la sua rivendicata omosessualità.

Un genio, ma anche un conservatore eretico

 "Franco Zeffirelli - Conformista Ribelle"
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Zeffirelli era, certamente, un vero conservatore. Dal punto di vista culturale e sociale, in modo però politico. Non a caso è stato senatore eletto nelle fila di FI, voluto personalmente in quella carica da Berlusconi, ma il suo era un conservatorismo alla Malaparte, alla Fallaci. Un conservatorismo, cioè, eretico e dissidente. Lo dimostrano anche, e in tutta la sua vita, le sue scelte artistiche e personali, altrettanto eretiche. Basterebbe ricordare che ha portato nei teatri di tutto il mondo il melodramma rendendolo pop. Come capita ai grandi artisti, soprattutto a quelli che hanno la fortuna di avere una lunga vita, nei racconti dell’ultimo Zeffirelli le scelte professionali si sono mescolate a quelle private in un intreccio quasi inestricabile. Come il tema della sua omosessualità, soprattutto negli ultimi anni, in tempi in cui èpiù facile affrontare il tema rispetto a quelli in cui è cresciuto il regista, che non aveva mai, in realtà, nascosto la sua umanità, pur preferendo a lungo non dichiararsi, finendo per sintetizzare il cliché di artista eretico.

Una omosessualità palese, ma non dichiarata

"Sono omosessuale, non sono gay", diceva Zeffirelli per cui la parolina inglese sarebbe stata "frutto della cultura puritana, una maniera stupida di chiamare gli omosessuali, per indicarli come fossero dei pazzerelli". La sua fede cattolica non rappresentava per lui un conflitto con la propria sessualità perché "il peccato della carne" è "tale se compiuto con un uomo o con una donna". Nel suo approccio alle tematiche Lgbtq, che pure ha affrontato specie negli ultimi anni, c’era anche una lettura storica e, dunque, politica: "Essere omosessuale – spiegava ancora in un’intervista all’Espresso del 2013 - è un impegno molto serio con noi stessi e la società. Una tradizione antica di alto livello intellettuale". Zeffirelli pensava al Rinascimento e all’epoca classica: "Nella cultura greca l’esercito portava gran rispetto a due guerrieri che fossero amici e amanti, perché in battaglia non difendevano solo la patria, ma reciprocamente anche se stessi, offrendo una raddoppiata forza contro il nemico".
Franco Zeffirelli a Positano

Un giudizio duro, quello sui movimenti gay

Assai diverso, invece, il suo giudizio sulle forme contemporanee, socio-culturali, con cui gli omosessuali si pongono nei confronti della società e le modalità per esserne riconosciuti. Netto, duro, ad esempio, il suo giudizio sui Pride: "Esibizioni veramente oscene, con tutta quella turba sculettante". Contrario anche ai matrimoni tra persone omosessuali e alle adozioni, Zeffirelli, per cui "non c’è alcun bisogno di mettersi lì a creare una pseudo-famiglia 'legale' a vanvera, per me ridicola e inaccettabile. Basta sistemare le cose tra persone civili: se viviamo insieme e magari compriamo una casa, chiariamo anche le questioni delle quote, tra persone intelligenti che si vogliono bene". Insomma, al massimo tollerava le unioni civili di Renzi. Il regista sul tema poneva anche una questione anagrafica. Ricordando di avere molti amici gay che vivono in coppia, specificava però che si tratta di "scelte mature, ponderate. In età più giovane, ci si prende, ci si lascia con grande facilità: non c’è un legame di consacrazione e si tende a svicolare. È un mondo incostante". Del resto, però, anche il Genio – e pure il suo genio – è stato incostante. Come si confà a un artista.  
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