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Home » Spettacolo » La vita bugiarda degli adulti, la serie che accende i riflettori sulla potenza delle vite delle donne

La vita bugiarda degli adulti, la serie che accende i riflettori sulla potenza delle vite delle donne

Valeria Golino e l'esordiente Giordana Marengo al centro di una storia di formazione tratta dall'omonimo romanzo di Elena Ferrante

Margherita Ambrogetti Damiani
5 Gennaio 2023
Valeria Golino e Giordana Marengo in "La vita bugiarda degli adulti" (Instagram)

Valeria Golino e Giordana Marengo in "La vita bugiarda degli adulti" (Instagram)

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Su Netflix è disponibile un nuovo prodotto destinato a far parlare di sé: “La vita bugiarda degli adulti”. Tratto dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, la serie arriva dopo “L’amica geniale” e pare avere tutti gli elementi per bissarne il successo di pubblico e critica. Con la regia di Edoardo De Angelis, “La vita bugiarda degli adulti” è stata scritta dal regista stesso con la Ferrante in persona, Laura Paolucci e Francesco Piccolo. Un esercizio assai difficile ma, a detta di De Angelis, molto appassionante. “La vita bugiarda degli adulti” è una serie dolcemente crudele, immensamente realistica, capace di raccontare quotidiane verità malcelate senza girarci troppo intorno. Al centro dei sei episodi ambientati in una Napoli degli anni Novanta incredibilmente vera, le storie di Vittoria (Valeria Golino), una donna sfacciata, ribelle, libera e fiera di esserlo, di sua nipote Giovanna (l’esordiente Giordana Marengo), della madre Nella (Pina Turco), del padre Andrea (Alessandro Preziosi) e di una città divisa tra borghesi che vivono in eleganti case del Vomero e proletari che sopravvivono nella Napoli del Pascone. Quando Giovanna inizia a gravitare tra queste due realtà nulla le sembra più come appare.

Su Netflix la serie in sei episodi (Instagram)
Su Netflix la serie in sei episodi (Instagram)

Quelle abilmente scritte dalla tagliente penna di Elena Ferrante sono vicende che raccontano l’adolescenza di Giovanna, diversa da come la vorrebbero i genitori ma dannatamente convinta a non cedere a convenzioni e convinzioni. Nonostante i reiterati tentativi di sradicarne gli istinti, la giovane donna cresce a immagine e somiglianza della zia Vittoria, sorella che Andrea aveva rinnegato e donna che Giovanna vuole conoscere a ogni costo, fosse anche solo per provare a capire qualcosa in più di sé. Un incontro/scontro frontale con la verità per quella che è e con il fatto che negarsi la possibilità di somigliare alla parte più vera di sé è un errore da non commettere mai. Il loro legame stravolge la vita di Giovanna e della sua famiglia, squarciando il velo che fino ad allora aveva reso le loro esistenze apparentemente giuste, perfette, immacolate. Davanti agli occhi di esseri umani spaesati e di certo non pronti a una simile forza che solo la vita vissuta sa sprigionare, si srotolano verità scomode e dolorose, costellate di insicurezze, disorientamenti, equilibri fragili e inaspettate bellezze ben nascoste dove non si è soliti cercarle.

 

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L’idea di famiglia va in pezzi e si scioglie come neve al sole al cospetto di una serenità che nulla ha a che vedere con i canoni che a Giovanna volevano far credere normali ma che, in realtà, nascondevano tradimenti, infelicità e frustrazioni. Quella firmata da De Angelis in “La vita bugiarda degli adulti” è indubbiamente una storia di formazione che, ancora una volta, accende i riflettori sulla potenza delle vite delle donne (e dei giovani) che, in un modo o nell’altro, sanno sempre come rovesciare il tavolo, cambiare le regole del gioco e vincere mano e partita. Una serie che va oltre lo schermo, che bussa alle porte degli spettatori e, senza chiedere il permesso, chiede a gran voce se la vita che stanno vivendo è (davvero) quella giusta.

La colonna sonora di Enzo Avitabile rende la serie ancora più “esclusiva”, punteggiando alla perfezione l’emotività e i tratti caratteriali della protagonista. Magistrale anche la selezione dei pezzi inseriti negli episodi, da Gianna Nannini a Édith Piaf, passando – addirittura – dai 99 Posse. Da vedere e capire.

 

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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Su Netflix è disponibile un nuovo prodotto destinato a far parlare di sé: “La vita bugiarda degli adulti”. Tratto dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, la serie arriva dopo “L’amica geniale” e pare avere tutti gli elementi per bissarne il successo di pubblico e critica. Con la regia di Edoardo De Angelis, “La vita bugiarda degli adulti” è stata scritta dal regista stesso con la Ferrante in persona, Laura Paolucci e Francesco Piccolo. Un esercizio assai difficile ma, a detta di De Angelis, molto appassionante. “La vita bugiarda degli adulti” è una serie dolcemente crudele, immensamente realistica, capace di raccontare quotidiane verità malcelate senza girarci troppo intorno. Al centro dei sei episodi ambientati in una Napoli degli anni Novanta incredibilmente vera, le storie di Vittoria (Valeria Golino), una donna sfacciata, ribelle, libera e fiera di esserlo, di sua nipote Giovanna (l’esordiente Giordana Marengo), della madre Nella (Pina Turco), del padre Andrea (Alessandro Preziosi) e di una città divisa tra borghesi che vivono in eleganti case del Vomero e proletari che sopravvivono nella Napoli del Pascone. Quando Giovanna inizia a gravitare tra queste due realtà nulla le sembra più come appare.
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Quelle abilmente scritte dalla tagliente penna di Elena Ferrante sono vicende che raccontano l’adolescenza di Giovanna, diversa da come la vorrebbero i genitori ma dannatamente convinta a non cedere a convenzioni e convinzioni. Nonostante i reiterati tentativi di sradicarne gli istinti, la giovane donna cresce a immagine e somiglianza della zia Vittoria, sorella che Andrea aveva rinnegato e donna che Giovanna vuole conoscere a ogni costo, fosse anche solo per provare a capire qualcosa in più di sé. Un incontro/scontro frontale con la verità per quella che è e con il fatto che negarsi la possibilità di somigliare alla parte più vera di sé è un errore da non commettere mai. Il loro legame stravolge la vita di Giovanna e della sua famiglia, squarciando il velo che fino ad allora aveva reso le loro esistenze apparentemente giuste, perfette, immacolate. Davanti agli occhi di esseri umani spaesati e di certo non pronti a una simile forza che solo la vita vissuta sa sprigionare, si srotolano verità scomode e dolorose, costellate di insicurezze, disorientamenti, equilibri fragili e inaspettate bellezze ben nascoste dove non si è soliti cercarle.
 
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L’idea di famiglia va in pezzi e si scioglie come neve al sole al cospetto di una serenità che nulla ha a che vedere con i canoni che a Giovanna volevano far credere normali ma che, in realtà, nascondevano tradimenti, infelicità e frustrazioni. Quella firmata da De Angelis in “La vita bugiarda degli adulti” è indubbiamente una storia di formazione che, ancora una volta, accende i riflettori sulla potenza delle vite delle donne (e dei giovani) che, in un modo o nell’altro, sanno sempre come rovesciare il tavolo, cambiare le regole del gioco e vincere mano e partita. Una serie che va oltre lo schermo, che bussa alle porte degli spettatori e, senza chiedere il permesso, chiede a gran voce se la vita che stanno vivendo è (davvero) quella giusta. La colonna sonora di Enzo Avitabile rende la serie ancora più “esclusiva”, punteggiando alla perfezione l’emotività e i tratti caratteriali della protagonista. Magistrale anche la selezione dei pezzi inseriti negli episodi, da Gianna Nannini a Édith Piaf, passando - addirittura - dai 99 Posse. Da vedere e capire.  
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