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Il Cio aggiorna le linee guida per le atlete transgender: la lotta tra l'equità e inclusione

I casi della nuotatrice Lia Thomas e della ciclista britannica Emily Bridges al centro del dibattito tra favorevoli e contrari alla politica del Comitato olimpico

di MARIANNA GRAZI -
20 dicembre 2022
Emily Bridges

Emily Bridges

Il Comitato Olimpico Internazionale ha aggiornato le linee guida sulle persone transgender nello sport, nel tentativo di mantenere l'equità nello sport femminile, in seguito alle divisioni sorte sulla versione originale. Le ultime direttive rilasciate nel novembre dello scorso anno (che permettono l'accesso alle gare di élite a persone con diverse identità di genere) erano state criticate perché colpevoli di non aver protetto il principio di "giusta competizione", ma allo stesso tempo non fornivano sufficienti dettagli, lasciando invece in mano alle singole federazioni la scelta sull'ammissione o meno. A queste la Fina e la International Rugby League avevano reagito, ad esempio, mettendo al bando queste atlete dalle gare con le donne, in quanto avrebbero "vantaggi sproporzionati rispetto agli altri". L'ex nuotatrice Sharron Davies e la ciclista Nicole Cooke sono state tra coloro che hanno criticato il Cio quando ha approvato le nuove linee guida, affermando che le atlete transgender che vorrebbero di competere in gare femminili non avrebbero "alcuna presunzione di vantaggio". Ad essere colpite, come riportano i casi di cronaca più recenti, sono anche sportive di altissimo profilo internazionale, tra la nuotatrice americana Lia Thomas e un'altra ciclista, Emily Bridges.

Nicole Cooke è tra le atlete che protestano contro le linee guida poco chiare del Cio sulle atlete transgender

  Una questione, insomma attuale e particolarmente scottante, di cui si parlava già qualche anno fa (ricordiamo la contestata qualificazione di Laurel Hubbard ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020), ma che è diventata via via più urgente. In questo contesto Il Cio si trova in una posizione di mediatore particolarmente difficile, tra chi chiede una sempre maggior inclusività nello sport ad alto livello e chi invece vorrebbe mantenere una "equità nello sport femminile" che sarebbe minacciata invece dall'ingresso di queste atlete, nate biologicamente maschi. Sul Daily Mail è stata pubblicata la dichiarazione aggiornata, che recita: "Il principio 4 [equità] riconosce che le organizzazioni sportive possono a volte avere bisogno di emanare criteri di ammissibilità per le competizioni separate per sesso per mantenere una distribuzione equa e proporzionata dei vantaggi competitivi tra partecipanti". "Riconosce inoltre - si legge - la particolare importanza di promuovere l'uguaglianza delle donne nello sport e di preservare una competizione equa e significativa per le atlete d'élite, il che può richiedere criteri che limitino l'ammissibilità in alcuni casi".

Lia Thomas ha dominato il campionato universitario statunitense

L'aggiornamento delle linee guida sono state pubblicate sul British Journal of Sports Medicine. Al centro dell'acceso dibattito c'è stato il caso della nuotatrice statunitense Lia Thomas, che ha dominato il campionato femminile universitario statunitense come studentessa-atleta in Pennsylvania, dove solo pochi anni prima aveva gareggiato come uomo. Alcuni, tra cui i suoi stessi compagni di squadra, sostenevano che avesse un vantaggio fisiologico ingiusto e che le dovesse essere impedito di gareggiare, mentre altri sostenevano che le dovesse essere permesso di gareggiare liberamente come donna. Un altro caso noto al centro della controversia è stato quello della ciclista britannica Emily Bridges, alla quale è stato impedito di gareggiare ai Giochi del Commonwealth all'inizio di quest'anno, dopo che il British Cycling ha sospeso la sua politica sui trans e le regole di inclusione sono state inasprite dalla Union Cycliste Internationale. Secondo il Daily Mail, il nuovo documento "riconosce che il testosterone può essere un fattore importante che determina le prestazioni degli atleti d'élite in alcuni sport", ma ritiene che sia un fattore troppo approssimativo per determinare l'idoneità di un atleta. Raccomanda invece che i criteri si basino su dati solidi, ricavati su uno specifico gruppo di atlete da regolamentare, e che prendano in considerazione le esigenze specifiche di ogni sport.