L’inarrestabile Marta Pozzi: “Faccio medicina e sport agonistico. Il futuro me lo costruisco passo dopo passo”

La 24enne Trevigiana, al quarto anno di università, nel 2018 ha subito la disarticolazione della gamba destra a causa di un tumore: “Ho una vita normale con la mia protesi, basta sguardi pietistici”

di MARIANNA GRAZI -
14 maggio 2024
Marta Pozzi ( Bizzi Team)

Marta Pozzi ( Bizzi Team)

Ha 24 anni compiuti da poco, la sua vita si alterna tra università e sport, pratica nuoto e apnea. Marta Pozzi è nata a Treviso il 1° aprile 2000 e, da tempo, ha trovato nell’elemento dell’acqua il suo secondo habitat naturale. “Nuoto da ormai sei anni. Da quando ho subito l’amputazione, appena ho potuto, ho ricominciato a fare sport. Come atleta sono molto competitiva, ma allo stesso tempo riconosco la bravura delle altre, mi piace la competizione sana”.

Nonostante non abbia ottenuto i tempi per qualificarsi ai prossimi Giochi di Parigi, fa parte del gruppo di fly2paris, progetto ideato da Teresa Grandis e Ruggero Vio che figura tra le iniziative dell’Associazione art4sport ONLUS (e già alla sua seconda edizione, dopo Tokyo). Marta avrà quindi la possibilità di stare a stretto contatto con i campioni di oggi e di domani, sognando di diventarlo a sua volta. “Da quando sono entrata a far parte di fly2, la mia competitività è aumentata, sono anche migliorata molto nelle gare. Non abbastanza, per ora, dato che il nuoto è uno sport molto impegnativo, però mi sono tolta le mie soddisfazioni e continuo ad allenarmi con impegno e passione”.

Fly to Paris ( Bizzi Team)
Fly to Paris ( Bizzi Team)

Che stili e distanze, nel nuoto, le piacciono di più?

“Ho iniziato facendo stile libero, perché sapendo nuotare ma non avendo mai fatto agonismo prima dell’amputazione era il più semplice a cui approcciarsi. Adesso mi sto addentrando anche negli altri stili, in particolare mi concentro sui misti, che sono quelli che mi divertono di più e trovo meno monotoni”.

Ha seguito la Nazionale Italiana ai recenti europei di nuoto paralimpico? Sogna di farne parte?

“Certo, accendevo la tv mentre cucinavo ed era uno spettacolo. Ovviamente mi piacerebbe partecipare a certi campionati. È molto difficile, però, perché io sono giovane, ma non giovanissima per lo sport agonistico. Non è detto quindi che riesca a qualificarmi per un ipotetico 2028 (le future Paralimpiadi, ndr), soprattutto perché sto cercando di portare avanti anche la carriera universitaria e non è facile conciliare gli impegni. Ma è sempre bello vedere quanto forte sia la Nazionale e quanti ragazzi abbiano sempre creduto e continuino a credere nello sport, come anche io tento di fare”.

Faceva il tifo per qualcuno/a in particolare?

“Per Vittoria Bianco, che conosco molto bene, perché oltre a fare le gare con me e vincerle tutte è stata anche mia compagna di stanza in ospedale, essendo noi due state operate a pochi giorni di distanza. Vederla vincere il bronzo è stato parecchio emozionante per me. Mi ricordo che lei (in ospedale, ndr) continuava a dire ‘Andrò a Tokyo, andrò a Parigi’ e io non capivo nemmeno dove fossi, mentre lei era già convintissima di voler andare alle Paralimpiadi. È stato molto stimolante sentirle dire queste cose ai genitori”.

Oltre lo sport porta avanti la carriera universitaria. Che facoltà frequenta? La sua storia personale ha influito su questa scelta?

“Studio medicina. Sicuramente un po’ ha influito quello che mi è successo, ma di base io voglio diventare medico come quelli che si sono occupati di me, sono loro a ispirarmi, perché per me la mia dottoressa è stata anche un’amica e una confidente e tuttora lo è. Fare medicina vuol dire curare, ma anche sapersi approcciare al paziente.

La mia vita è un po’ stressante, ma se non fosse così piena sarebbe noiosa. Sono al quarto anno e sto iniziando a capire quali sono gli ambiti che mi piacciono anche grazie ai tirocini, non più solamente attraverso la teoria. Per ora sono indirizzata verso ginecologia e ostetricia, faccio anche un tirocinio extracurriculare. Voglio arrivare preparata alla scelta della specializzazione e l’anno prossimo sarò in Erasmus in Spagna. Ho scelto questa destinazione perché voglio uscire dalla mia comfort zone. Anche per una semplice questione di divertimento, perché ho paura di perdermi la parte bella e leggera degli anni universitari. Si pensa che medicina sia solo studio, ma se studiassi e basta sarei già ‘uscita di testa’, non sarei in pari con gli esami – come invece sono – e non riuscirei a mantenere anche una vita sociale, oltre agli allenamenti giornalieri”.

Marta Pozzi ( Bizzi Team)
Marta Pozzi ( Bizzi Team)

Nel 2018, al ritorno di un osteosarcoma scoperto nel 2016, lei subisce l’amputazione, anzi la disarticolazione della gamba destra. Come ha vissuto quel momento?

“È difficile dire di averla presa bene, a destra mi è rimasto solo il bacino, mi hanno tolto tutta la gamba. Avevo un tumore, lo stesso di due anni prima, che mi aveva portato a un’operazione per inserire una protesi interna, come quella che mettono spesso agli anziani. Nel 2017 ero tornata più o meno a una vita normale con la mia ‘gambetta un po’ monca’ come la chiamavo io. Poi però nel 2018 il tumore è riapparso, ma per fortuna se non altro nella stessa gamba, in sede.

Ho chiesto ai medici, che prima di vedere quanto esteso fosse il tumore pensavano di fare un intervento simile al primo, di tagliarmela. La fisioterapia per l’operazione è molto importante, molto più dura di quella che ho fatto poi per la protesi, quindi non accettavo l’idea di provare così tanto dolore e non avere poi una gamba funzionale. Non credevo che mi avrebbero disarticolato, pensavo mi facessero un taglio sul femore. Il tumore però era molto invasivo ed essendo già tornato hanno deciso di togliere tutto. Quello è stato uno choc, anche perché mi avevano dato una prognosi diversa da chi ha una protesi transfemorale, che cammina normalmente. A me dissero 'camminerai con una protesi estetica e due stampelle’ e la presi molto male, pensando che a quel punto fosse meglio stare in carrozzina. Andando in centro protesi la situazione tuttavia è svoltata: mi hanno spiegato che sarei tornata a camminare”.

Come e quando conosce art4sport?

“Proprio in quel periodo, un mesto dopo l’operazione, perché facevo fisioterapia dove Bebe faceva la preparazione atletica per le Paralimpiadi, quindi tramite Claudio Pavanello, mio fisioterapista e preparatore atletico ancora oggi del progetto fly2. Mio papà entrò in contatto con Teresa Grandis lei ci invitò a trascorrere con loro un weekend a Cortina. Io ero magrolina, striminzita, con la testa pelata, ci andai ed entrai in contatto con la realtà di art4sport e fu bellissimo.

Non ero vista come quella senza gamba, lì a tutti mancava un pezzo (ride, ndr) ma tutti mi guardavano perché ero quella nuova e la cosa mi faceva davvero piacere perché in quel periodo anche uscire di casa, in carrozzina e col cappellino, mi faceva percepire gli sguardi di pietà delle persone, una cosa che mi ha sempre dato molto fastidio. Entrare in questa grande famiglia di ragazzi come me mi ha fatto sentire accolta e mi ha spinto a informarmi sugli sport da praticare”.

Foto Bizzi Team
Foto Bizzi Team

Perché ha scelto il nuoto?

“All’inizio sono andata a esclusione e ho deciso per il nuoto perché avevo paura di farmi male. Adesso in realtà non ce l’ho più, vado a sciare, a fare arrampicata sulle pareti di roccia. Mi avevano proposto il sitting volley, in effetti, ma in quel momento della mia vita volevo staccarmi dai ricordi. Così ho deciso di fare nuoto, anche per provare uno sport individuale e mettermi in gioco come persona. Poi dove facevo fisioterapia c’era la piscina, con un gruppo di persone con disabilità intellettiva, e lì ho scoperto questo mondo bellissimo, ho scoperto cos’è l’inclusione vera, a trattare queste persone come assolutamente uguali a tutte le altre, e ho imparato il linguaggio giusto per farlo”.

Ha mai subito qualche forma di discriminazione?

“Più che altro un atteggiamento pietistico, all’inizio soprattutto, perché adesso me ne frego anche molto devo dire. Spesso la gente guarda e vede una persona ‘mutilata’, ed è attraversata da pensieri come ‘poverina, chissà cosa le è successo’. Il punto è che mi sono accorta che questo tipo di pietismo ‘acuisce’ la tua disabilità, il che è grave, ma è la società stessa che porta ad avere questo atteggiamento nei confronti della disabilità in generale.

A me sembra normale la mia vita, come lo è nei contesti sociali che vivo, coi miei amici. Mi hanno amputata a 18 anni, quindi non ho sofferto di bullismo o pietismo a scuola, anche se tutti sapevano chi fossi e della mia condizione. Non mi sono sentita osservata in questo contesto, per strada invece sì. Oggi sfoggio la protesi con orgoglio e se un bambino mi chiede cos’è e come funziona sono molto contenta di spiegarglielo. Mi danno fastidio, al contrario, l’adulto che dal nulla mi fa i complimenti solo perché ad esempio cammino bene con la mia protesi, o il genitore che porta via il bimbo incuriosito”.

I più piccoli sono incuriositi?

“Sì, c’è da dire anche che la nuova generazione di genitori li lascia più liberi di fare domande che prima erano considerate scomode (ma non lo sono!), di capire cosa sia la disabilità. Poi in piscina c’è un gruppo di bambine in spogliatoio che mi chiedono sempre tutto, che mi considerano loro amica”.

È questo uno dei valori promossi da art4sport stessa, l’inclusione attraverso lo sport

“Esatto! Quando ho letto di una ragazzina normodotata che aveva fatto la Bebe Vio Academy, che voleva giocare a basket in carrozzina perché così potevano giocare tutti, a me ha fatto davvero piacere. Era quello che avrei voluto io nel caso in cui avessi avuto la mia disabilità fin da piccola. Anche il progetto stesso è stupendo, perché i bambini possono giocare e fare sport tutti insieme senza barriere. Incentivare l’attività sportiva fin da piccoli per chi ha una disabilità è fondamentale, oltre ad avere grandi esempi che possano ispirare”.

Ha degli idoli sportivi?

“Alcuni sono cambiati nel tempo, altri restano. Paralimpici ce ne sono tantissimi, in primis ammiravo e ammiro tuttora Bebe, poi Alex Zanardi, che è della mia zona. Quando ha avuto l’ultimo gravissimo incidente siamo stati tutti toccati in famiglia. Nel nuoto una ragazza australiana, Ellie Cole, che ha avuto un tumore ed è stata amputata il mio stesso giorno, una coincidenza che ho scoperto dopo. Io tifavo e tifo l’Imoco Volley, perché rimango appassionata di pallavolo e anche a livello olimpico penso ai grandi, quindi Federica Pellegrini, Gianmarco Tamberi e Daniele Garozzo, che oltre ad aver vinto due medaglie olimpiche si è persino laureato in medicina. Non c’è quindi un solo idolo, in tanti mi hanno ispirato durante la carriera”.

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Nonostante non si sia qualificata alle Paralimpiadi grazie a fly2paris potrà comunque fare il tifo ai suoi compagni da Parigi. Che ne pensa?

“Secondo me questa opportunità che ci danno Teresa, Ruggero e il resto dello staff è bellissima e stimolante dal punto di vista sportivo, ti fa venire voglia di dire: ‘La prossima volta ci sarò anche io’. Non so se col nuoto ci riuscirò, è da vedere come va l’apnea, dove sono stata anche ai Mondiali lo scorso anno. Non so se diventerà uno sport olimpico, ci sono tante incognite, ma comunque la possibilità di andare a Parigi è stimolante, soprattutto per il bel gruppo di giovani che fa parte della squadra”.

Come si vede tra 10 anni?

“Spero col camice addosso e impegnata nell’ambito sportivo, magari in altra figura non tanto come atleta. In realtà non guardo così a lungo termine, mi auguro di avere una laurea in tasca, di aver fatto la specializzazione e di rimanere nello sport, chissà, forse come allenatrice”.