Né eroine né vittime, lasciateci essere donne (anche) mediocri

In occasione dell’8 marzo, in genere, si finisce per raccontare le donne o come oggetto di violenza o come straordinarie eccezioni alla regola. Ma al centro di questo continuum ci siamo un po’ tutte, con la nostra normalità, e chiediamo solo di essere rispettate per ciò che siamo

di VALENTINA BERTUCCIO D’ANGELO
8 marzo 2025
L'8 marzo è la Giornata internazionale delle donne

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In un universo parallelo, senza le ingiustizie e le contraddizioni del nostro peggiore dei mondi possibili, l’8 marzo sarebbe un giorno qualunque. Festeggiare la giornata internazionale delle donne avrebbe lo stesso significato di “festeggiare le persone”. Sarebbe assurdo pure pensarlo. Oriana Fallaci diceva: “Le donne non sono una fauna speciale e non capisco per quale ragione esse debbano costituire, specialmente sui giornali, un argomento a parte: come lo sport, la politica o il bollettino meteorologico”. Se qualcuno si chiedesse cosa vogliamo, noi donne, è proprio questo: non una Giornata Internazionale purtroppo ormai dallo scarso significato, ma essere trattate come ogni essere umano.

Ma eccoci qui a celebrare un altro 8 marzo. E allora, in attesa di non doverci più pensare, i giornali e le tv si riempiono di articoli e approfondimenti (lo facciamo anche noi di Luce) che raccontano o di quanto siamo ancora vittime di violenze e ingiustizie (verissimo) o di quanto possiamo essere eccezionali in tutti i campi dello scibile umano. Fragili o scienziate, picchiate o premi Nobel.

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La narrazione sulle donne sta ai due estremi – vittime o eroine – di un continuum al cui centro ci siamo un po’ tutte noi. Ma perché? Lasciateci essere normali, pure mediocri. Aneliamo la libertà di essere nella media. Chiediamo che non ci venga chiesto sempre più del massimo per mostrare che siamo degne di rispetto e diritti. Non vogliamo essere esaltate, poste su un piedistallo inevitabilmente in bilico. Vogliamo – pazzesco doverlo dire – un trattamento di pari diritti con i colleghi uomini nei vari campi della vita, che tenga conto delle differenze che ci rendono, appunto, uomini e donne.

Perché alle mamme viene chiesto di lavorare come se non avessero figli e crescere i figli come se non dovessero lavorare (ne abbiamo parlato qui) mentre con i papà si grida al miracolo se spingono il passeggino? Perché le donne per emergere devono sempre gettare il cuore oltre l’ostacolo mentre a parità di qualità e caratteristiche, ai colleghi maschi basta esattamente questo, cioè essere portatori di cromosoma Y? 

Quello che chiediamo non è la celebrazione della nostra eccezionalità, ma l’eliminazione delle ingiustizie nella nostra normalità: basta part-time involontario, basta precariato, basta gender gap. Basta essere le protagoniste assolute del lavoro di cura e assistenza, basta conciliazione impossibile. Per eliminare tutte queste cose servono soldi e un cambio drastico di mentalità. In carenza, continueremo a leggere articoli su quanto possiamo essere eccezionali. Grazie, lo sappiamo già. Ma per favore, lasciateci anche essere mediocri. 

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