Maria Chiara Carrozza: "Donne libere di scegliere il proprio futuro"

La presidente del Cnr: "Per favorire la partecipazione femminile al mondo scientifico è necessario partire da un aspetto fondamentale: l’orientamento"

di ELSA TOPPI -
8 marzo 2023
Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr

Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr

E’ la prima donna a ricoprire la carica di presidente del Consiglio nazionale delle Ricerche. E non solo. Ha ricoperto ruoli politici prestigiosi. E’ stata la più giovane rettrice d’Italia ed è considerata una delle 25 donne più influenti nel settore della robotica. Pisana, classe 1965, Maria Chiara Carrozza è anche una scienziata che ha messo al servizio le sue ricerche e il suo talento professionale per gli altri, declinandoli al sociale e al servizio dei più fragili. E in occasione dell'8 Marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, ci racconta quale dovrebbe essere la missione della scienza e la strada da perseguire per colmare il gender gap. E' stato difficile crearsi una professionalità in materie scientifiche e in ambienti accademici da sempre non così favorevoli e aperti alle donne?  “La mia professionalità è nata da una passione, una passione per le materie scientifiche che avevo già da giovanissima, ulteriormente favorita, poi, da un’insegnante di fisica molto brava. Poi, con il dottorato, svolto alla Scuola Superiore Sant'Anna, mi sono gradualmente avvicinata al tema della robotica biomedica per l'assistenza alle persone, e da lì è iniziata la mia vita professionale, che via via mi ha portata anche ad acquisire competenze gestionali che possono sembrare distanti dal classico lavoro del ricercatore. È stata una strada impegnativa, ma non perché mi sia sentita discriminata, quanto perché ho sempre affrontato questo percorso come una sfida verso nuovi obiettivi”.
Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr

Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr

Come è la giornata tipo della presidente del Cnr?  “Sempre impegnativa ma sempre diversa, per cui non posso dire che esista una giornata ‘tipo’. Quest’anno siamo particolarmente coinvolti con le celebrazioni del centenario, che prevendono un vasto programma di eventi e iniziative che mi stanno portando a girare sedi del Cnr e sedi istituzionali di tutta Italia. L’obiettivo è duplice: da un lato far conoscere sempre di più all’esterno - e soprattutto al pubblico dei giovani e dei giovanissimi - le attività dell’Ente, dall’altro favorire nuove collaborazioni e opportunità con altri soggetti e con la società civile, a tutti i livelli”. Come si può colmare il gender gap che penalizza le donne? E cosa intende fare in qualità di presidente del Cnr?   “Per favorire la partecipazione femminile al mondo scientifico - dall'università alle professioni- è necessario partire da un aspetto fondamentale: l’orientamento, che deve essere fatto già dai primissimi anni di formazione. Dobbiamo raggiungere le famiglie, le scuole, ma anche le periferie, la provincia, i luoghi che ancora mancano di cultura scientifica: è qui che dobbiamo far capire l'importanza dell’investimento in cultura e fornire in parallelo anche gli strumenti per realizzarlo, attraverso politiche attive e inclusive. Perché una società più equa, in cui l’accesso alle professioni sia garantito paritariamente a maschi e femmine, e in cui c'è diversità di genere, culturale, è una società di maggior successo. In parallelo, occorre agire sugli ostacoli che ancora frenano le carriere femminili nel mondo scientifico e accademico, a partire dal gap salariale fino ad arrivare a implementare misure di welfare per una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia, il sostegno alla natalità e alle pari opportunità: al Cnr lo stiamo facendo con la messa a punto di un 'Gender Balance Plan' che si concretizzerà in vari aspetti”. Al Cnr ci sono diversi ricercatori ipovedenti o con altri tipi di disabilità che hanno fatto scoperte straordinarie: quanto sono importanti l’inclusione e la valorizzazione delle diversità per il nostro avvenire?  “Una ricerca scientifica e un’innovazione tecnologica che siano davvero al servizio delle persone e della collettività devono guardare prima di tutto alle categorie più fragili, alle persone più bisognose di assistenza, agli ultimi. E quindi anche alle persone disabili. In questo ambito, la ricerca è essa stessa un fattore di inclusione nel momento in cui riesce a immaginare e implementare soluzioni innovative che risolvano le cause di vulnerabilità ed esclusione, e che compensino le fragilità fisiche fornendo una migliore qualità della vita e una maggiore inclusione sociale. Come ricercatori abbiamo il dovere di individuare soluzioni innovative e di impedire che le disabilità siano trasformate dall’indifferenza o dal disinteresse sociale in una condizione di emarginazione, il cui peso grava solo sulle spalle dei diretti interessati e dei loro caregiver. La comunità del Cnr, operando sinergicamente in collaborazione con varie altre istituzioni scientifiche e università, punta a un approccio interdisciplinare che ha prodotto risultati importanti: ne sono esempi eclatanti l’applicazione di tecnologie robotiche e digitali in campo medico così come lo sviluppo di soluzioni che favoriscano una maggiore autonomia delle persone fragili”.
Maria Chiara Carrozza, prima donna a ricoprire la carica di presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Maria Chiara Carrozza, prima donna a ricoprire la carica di presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Cosa può fare il mondo della ricerca per la disabilità? “Abbiamo esempi eccellenti che mostrano quanto la ricerca possa essere vicina ai bisogni delle persone fragili, pensiamo per esempio ai robot esoscheletrici, alle protesi robotiche per la riabilitazione degli arti, alle tecnologie abilitanti, ma anche all'utilizzo di strumenti tecnologici quali giocattoli interattivi o esperienze di realtà aumentata a supporto del trattamento dei disturbi del neurosviluppo e delle patologie dello spettro autistico. Oppure ad applicazioni della robotica nel contesto domestico, fruibili anche da utenti comuni, quali persone anziane o non del tutto autosufficienti: non dimentichiamo che viviamo in un Paese che ha una delle maggiori longevità al mondo, e questo significherà avere una popolazione sempre più anziana e bisognosa di assistenza”. Quali dovrebbero essere i grandi obiettivi del mondo della ricerca? “Sempre più oggi la ricerca deve essere in grado di rispondere alle sfide globali che stiamo attraversando: pensiamo alla transizione verde ed ecologica, alla transizione digitale, all’importanza di individuare le migliori strategie di tutela e valorizzazione degli ecosistemi e della biodiversità, allo sviluppo di strategie circolari di riciclo, delle energie rinnovabili. Siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica che necessita di nuove competenze scientifiche, nuove tecnologie e approcci innovativi: svilupparli è il nostro compito come comunità scientifica, ma non possiamo pensare di farlo da soli. Questi ambiziosi obiettivi si realizzeranno quanto più saremo in grado di aprirci alla cooperazione internazionale e di favorire la creazione di un ecosistema globale della conoscenza”. Che augurio può fare alle donne che ci leggono per l'8 marzo? “L’augurio più grande è che ogni donna e ogni giovane donna sia lasciata libera di scegliere il proprio futuro. Una possibilità che purtroppo, in alcuni Paesi del mondo non troppo lontani da noi, è tuttora negata”.