Valentina Bracciamà, l’ingegnera dei droni sottomarini. “L’8 marzo non è una festa, non è vero che uomini e donne hanno pari diritti”

Ingegnera di origine siciliana, la 36enne è l’unica donna a capo del progetto dell’azienda Saipem. Ma, come ricorda, “Le materie STEM erano e sono tutt’ora considerate maschili. Dobbiamo ancora fare molta strada per colmare il gender gap sotto tutti i punti di vista”

di MARIANNA GRAZI
8 marzo 2024
Valentina Bracciamà, Control System Engineer Saipem

Valentina Bracciamà, Control System Engineer Saipem

Valentina Bracciamà, 36 anni, è l’unica donna a capo del progetto che sta sviluppando il fiore all’occhiello dell’azienda Saipem, ovvero i droni sottomarini impostati con l’Intelligenza Artificiale, i primi in Italia. Questi apparecchi, che lavorano a 3mila metri di profondità, sono utilizzati per lavori di ispezione e manutenzione delle infrastrutture, come le condotte sottomarine appunto, ma possono essere usati anche per monitorare la salute della biodiversità marina.

E ad occuparsene in prima persona è l’ingegnera siciliana, addetta ai sistemi di controllo, che quindi rappresenta un punto di riferimento nel settore, capace di ispirare tante altre ragazze che magari sognano di fare carriera in ambito ingegneristico. L’abbiamo raggiunta per parlare anche con lei dell’otto marzo, Giornata internazionale della Donna, guai a chiamarla festa: “Non è una festa, non c’è nulla da festeggiare” afferma. E guardando agli stereotipi che devono affrontare le giovani che scelgono di intraprendere un percorso di studi STEM, alla disparità di genere nel mondo del lavoro, alle battaglie per conciliare vita privata e occupazione, come darle torto? 

Valentina, quando ha capito che 'da grande' voleva fare l'ingegnera?

“Amo studiare, e fin da che ne ho memoria ho sempre avuto una grande passione per le materie scientifiche. Guardavo gli oggetti con curiosità, ero interessata a capire come funzionavano, come erano fatti al loro interno. In questo, l’ingegneria ha rappresentato una risposta perfetta: mi ha consentito di unire la teoria, e quindi l’amore per lo studio, alla pratica, offrendomi la possibilità di usare le mani per capire come ciascun pezzo si incastrava perfettamente nell’altro, permettendo al tutto di funzionare”.

Nel suo percorso scolastico ha riscontrato pregiudizi o stereotipi nei suoi confronti e in generale sulle donne che scelgono di intraprendere carriere STEM?

“Purtroppo sì. Le così dette materie STEM erano e sono tutt’ora considerate maschili, di conseguenza tutti i mestieri che ne derivano sono difficilmente declinati al femminile. Ancora oggi, se una ragazza prova interesse per questi argomenti è più facile essere catalogata come maschiaccio e partire svantaggiata dovendo dimostrare, nonostante il genere, di possedere tutte le competenze necessarie per svolgere quel lavoro.

E nel contesto lavorativo? Si sente valorizzata quanto si suoi colleghi uomini oppure nota pressioni legate al divario di genere?

“Non mi sono mai sentita discriminata all’interno del contesto lavorativo in cui mi trovo e non mi sono mai trovata di fronte ostacoli che mi impedissero di procedere nel mio percorso di crescita, grazie anche alla cultura aziendale di Saipem. Tuttavia, talvolta può essere complicato affermarsi in un settore dove la presenza maggioritaria continua ad essere maschile quindi è molto importante trovare persone disposte a superare eventuali bias e a promuovere attivamente un approccio inclusivo, sia nella società che in ambito aziendale”.

Il suo è un lavoro innovativo, in cui si utilizzano strumenti all'avanguardia, di cui non si conoscono bene i dettagli: ce ne parla?

“Ci occupiamo principalmente di robotica e sistemi di monitoraggio delle infrastrutture sottomarine ad alto contenuto tecnologico volto ad attività di ispezione, monitoraggio ambientale e investigazione. È un campo molto affascinante, sempre più rilevante e strategico nel contesto attuale. In questo lavoro, è fondamentale andare alla ricerca dell’innovazione per poter migliorare i processi, essere competitivi e poter ambire all’eccellenza. Lo trovo molto stimolante perché ogni giorno è diverso e sfidante”.

Quali passi vanno ancora fatti per avvicinare le più giovani alla scienza e ai mestieri tradizionalmente considerati maschili?

“Dobbiamo partire dall’educazione, fin dalla prima infanzia. Da piccoli abbiamo passioni e curiosità che non hanno nulla a che fare col genere. Purtroppo, però, i primi bias cognitivi ci sono imposti fin da piccoli. Riguardo le materie STEM, per esempio, sono molte le ragazze che rinunciano ancora prima di iniziare, per le difficoltà che potrebbero incontrare. Dobbiamo cambiare la narrativa dimostrando che la professionalità non è una questione di genere”.

Conciliare famiglia e lavoro per le donne è ancora oggi difficilissimo, come testimoniano i dati. Lei si è posta il problema?

“Sì, me lo pongo ogni giorno, ma anche questa è un’imposizione della nostra società che vede le donne come detentrici della cura della casa e della famiglia, come se i compiti non fossero divisibili al 50%. Se a conciliare la vita lavorativa e la famiglia fossero anche gli uomini, il carico di cura sarebbe equamente distribuito. In questo, anche le aziende giocano un ruolo importante, poiché è anche all’interno delle mura aziendali che si possono innescare quei cambiamenti che nella società civile posso tardare ad arrivare.

L'8 marzo nel 2024: ha ancora senso la Festa delle Donne? Se si qual è secondo lei

“Ho sempre trovato inappropriato il termine ‘festa’. Non è una festa, non c’è nulla da festeggiare. Dovrebbe essere un’occasione per ricordare quanto sia importante non abbassare la guardia sui diritti acquisiti, non dandoli per scontati, pensando che possano essere persi da un momento all’altro, come la storia ci insegna. Inoltre, dovrebbe essere una buona opportunità per sottolineare quanta strada dobbiamo ancora fare per colmare il gender gap sotto tutti i punti di vista: sociale, lavorativo ed economico”.

Un sogno per il futuro?

“Mi piacerebbe non sentire più la frase ‘abbiamo tutti gli stessi diritti e possibilità, non è vero che le donne sono discriminate, non più almeno’. Le statistiche ce lo confermano ogni anno, nel nostro Paese lavora 1 donna su 2, e 1 su 5 rinuncia al proprio impiego dopo la nascita del primo figlio. Non basta festeggiare, ricordare è importante ma è necessario agire. Lo Stato e le aziende possono fare la differenza, soprattutto lavorando insieme”.