Un’estate di fuoco: negli ultimi mesi in Italia gli incendi stanno devastando porzioni sempre più ampie di territorio. Da nord a sud, complice il gran caldo, l’afa e la mancanza di piogge, si moltiplicano i roghi, che l’aumento delle temperature rende sempre meno controllabili, favorendo la moltiplicazione dei focolai e mettendo in difficoltà gli operatori che tentano di spengere le fiamme.
Cambiamenti climatici e incendi dolosi: una combinazione fatale
Ai roghi naturali (causati da fulmini o eruzioni vulcaniche), si aggiungono quelli causati dall’uomo, involontariamente ovvero in maniera colposa, o dolosi, cioè appiccati volontariamente, con la volontà di arrecare danno al bosco e all’ambiente, veri e propri atti di criminalità, spesso orientati al profitto.
In ogni caso, l’azione devastante del fuoco è resa ancor più distruttiva dall’effetto dei cambiamenti climatici, che generano siccità ed innalzamento delle temperature. In più va considerato l’indebolimento degli ecosistemi forestali, a causa dell’inquinamento, della perdita di biodiversità e dell’erosione del suolo. Tutti fenomeni che rendono le foreste più suscettibili a prendere fuoco.
La pessima notizia è che siamo dentro un fenomeno sempre più diffuso, che negli ultimi anni ha fatto registrare una forte recrudescenza. Secondo i dati dell’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), per il nostro Paese già il 2021 era stato un anno terribile per gli incendi, con 3.443 episodi in più rispetto all’anno precedente, che hanno mandato letteralmente in fumo e cenere quasi il triplo degli ettari, facendo dell’Italia (come illustrato dal report dello European forest fire information system-Effis) il Paese più duramente colpito dai roghi, con 159.537 ettari di terreno bruciati.
Nel 2020, complici probabilmente gli effetti del lockdown, erano bruciati meno di 56mila ettari, in diminuzione rispetto alla media relativa agli anni 2010-2019, che si è attestata intorno ai 64mila ettari.
Il record in negativo dell'Italia
A risultare particolarmente colpite sono state le regioni meridionali. È dal 2018 che nel nostro paese vanno gradualmente aumentando gli interventi dei vigili del fuoco per episodi di questo tipo, con un picco nel 2017. Nel passaggio al 2018 si è invece registrato un sostanziale calo - ma gli anni successivi sono stati caratterizzati da una graduale ripresa nel numero degli interventi, passati a circa 252mila nel 2019, con un lieve calo nel 2020 (242mila). Per poi attestarsi, nel 2021, a quasi 265mila.
La maggior parte degli interventi ha riguardato strade e piazze cittadine (16%), appartamenti e locali di abitazione (15%) e campi agricoli (14%). Nel 61,8% dei casi, non è chiaro quale sia la causa scatenante dell'evento. Tra quelle accertate invece, a essere menzionati più frequentemente sono canne fumarie e camini (4,7% dei casi), cause elettriche (4,2%), e mozziconi di sigaretta e fiammiferi (1,5%). Nettamente superiore il probabile dolo (3,9%) rispetto alla probabile colpa (1,2%), con un'incidenza più che tripla.
Nel 28% dei casi sono stati colpiti terreni caratterizzati dalla presenza di sterpaglie, nel 7,7% da rifiuti. Seguono le autovetture (5,4%) e gli arbusti (4,6%). Altre sostanze ricorrenti sono fuliggine (3,6%) e legno e sughero (3,2%). Mentre nel 4,5% gli interventi riguardano elementi da costruzioni.
Se in Europa il record degli incendi spetta al nostro paese, cifre elevate le ha registrate anche la Grecia: circa 131mila ettari bruciati per un totale di 222 incendi. Segue la Spagna con più di 91mila ettari. A risultare maggiormente colpita è stata quindi l'area mediterranea, mentre i dati più bassi sono riportati dai paesi dell'Europa centrale e orientale, in particolare da Lituania, Slovenia e Austria, con meno di 100 ettari bruciati.