Campionesse e mestruazioni: ancora stigma e scarsa assistenza

Il Medagliere delle Mestruazioni classifica i Paesi che gareggiano a Parigi quest’estate, ma colossi dello sport come USA e Cina sono fuori dal podio

di CATERINA CECCUTI
17 luglio 2024
Per molte atlete il ciclo mestruale è un problema nell'attività sportiva

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Una volta, decisamente, non se ne parlava. Come se le atlete di tutto il mondo non dovessero fare i conti ogni mese con i disagi sia fisici che psicologici del ciclo mestruale, alla pari di qualsiasi altra donna. E come se il ciclo mestruale non rappresentasse a tutti gli effetti un “problema”, quando ci si trova a dover competere per un titolo nazionale o internazionale, dopo anni di allenamento e dedizione nei confronti della propria disciplina sportiva.

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Negli ultimi tempi la questione si sta facendo spazio tra l’opinione pubblica, probabilmente anche in considerazione dei Giochi Olimpici di Parigi di quest’estate, e l’attenzione mediatica sul rapporto tra flusso mestruale e prestazioni sportive è finalmente cresciuta. Purtroppo però c’è ancora parecchia strada da fare, o almeno così sembra emergere da un nuovo studio sul supporto alla salute riproduttiva e intima, condotto dagli esperti di salute femminile Intimina.

Il Medagliere delle Mestruazioni 

Il medagliere delle Mestruazioni (Intimina)
Il medagliere delle Mestruazioni (Intimina)

I risultati sono stati utilizzati per generare un vero e proprio “Medagliere delle Mestruazioni”, che ha evidenziato risultati piuttosto sorprendenti: Paesi che di solito occupano i primi posti delle classifiche sportive – leggi Usa e Cina – languono in fondo alla lista dei primi 20, con solo una medaglia di bronzo a testa, alla pari di Italia, Argentina, Ungheria e Germania. Al vertice della classifica troviamo invece la Svizzera che, grazie ad un atteggiamento culturale di apertura, all’accesso alla contraccezione, alla fornitura di servizi sanitari pubblici, alle politiche progressiste sul posto di lavoro e all’istruzione completa e integrata tra ragazze e ragazzi, ha ottenuto due medaglie d’oro e tre d’argento.

“Nonostante il miglioramento nella comprensione di come i cicli mestruali influenzino le atlete – spiega la dottoressa Susanna Unsworth, ginecologa di Intimina –, resta il fatto che c’è urgente bisogno di cambiamento in tutto il mondo. Quasi la metà (42%) delle atlete afferma che le loro mestruazioni sono state un fattore determinante nella decisione di abbandonare del tutto lo sport, e i dati Unesco hanno mostrato che 335 milioni di ragazze nel mondo frequentano scuole con acqua, servizi igienici e strutture igieniche inadeguate. Una situazione, questa, che ostacola la loro istruzione e impedisce loro di sviluppare il proprio potenziale nella vita, non soltanto nello sport.

Anche nel Regno Unito – continua la ginecologa -, una ragazza su 10 non è stata in grado di permettersi prodotti per la cura delle mestruazioni, negli Stati Uniti addirittura una su cinque. Dovremmo continuare a onorare e sostenere ogni atleta che dimostra il coraggio di chiedere conto ai media, alle istituzioni sportive e ai governi mondiali della salute riproduttiva femminile, per il bene non solo del loro sport ma anche delle persone che hanno le mestruazioni in tutto il mondo”.

Il caso italiano

Il nostro Paese, sfortunatamente, si classifica tra gli ultimi nella lista dei migliori. I motivi si possono ricercare nella tassazione sui prodotti per la gestione delle mestruazioni, nella difficoltà a parlare apertamente di ciclo mestruale in Italia – con tutti i miti e i tabù che ne conseguono –, nell’assenza di un piano coerente di educazione sessuo-affettiva e nell’assenza di politiche nazionali per la gestione delle mestruazioni e delle problematiche intime sul luogo di lavoro.

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I criteri di valutazione della ricerca hanno considerato cinque aree fondamentali di performance, assegnando a ciascuna un punteggio: innanzitutto l’accesso ai prodotti per l’igiene mestruale (inclusi costo, tassazione, gamma e disponibilità di un bagno privato e sicuro); in secondo luogo lo stigma legato al ciclo mestruale, come per esempio atteggiamenti culturali e rappresentazione nei media; e ancora l’accesso al controllo delle nascite e all’aborto (dalla legislazione agli atteggiamenti culturali); seguono le politiche per le mestruazioni sul posto di lavoro (comprese le politiche sui congedi per malattia) e l’istruzione sulle mestruazioni.

Yemen ultimo in classifica

La classifica dei Paesi sul tema ciclo mestruale e sport
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Fanalino di coda dei Paesi presi in esame dallo studio è lo Yemen, che “vanta” le leggi sull’aborto più restrittive al mondo, l’accesso ai prodotti per l’igiene mestruale fortemente limitato e un’educazione sulle mestruazioni inadeguata, se non addirittura assente. Poco più su troviamo la Somalia, dove il 60% della popolazione non ha accesso a strutture igieniche adeguate e le poche iniziative guidate da ong si traducono in un accesso estremamente limitato ai prodotti per la gestione delle mestruazioni. Le donne che vivono nei Paesi che occupano gli ultimi 10 posti della classifica, in sostanza, sono costrette a usare alternative agli assorbenti come foglie o vestiti, e subiscono la mancanza di un’istruzione coerente con il risultato, per le ragazze delle aree rurali, di una vera e propria stigmatizzazione.