Fornire al pubblico degli spettatori televisivi e della rete una corretta rappresentazione e valorizzazione dei temi di genere, etnia, Lgbt+, età, disabilità, aspetto fisico. Questo lo scopo della Fondazione Diversity, che anche quest’anno propone due importanti occasioni di riflessione/sensibilizzazione intelligente sulle diversity: il Diversity Media Report 2024 e gli attesi Diversity Media Awards, ossia gli Oscar dell’inclusione, in programma il 28 maggio al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano, condotti da Francesca Michielin e Ema Stokholma.
La diversità nell’informazione italiana è ancora troppo bassa
A quanto risulta dai dati raccolti, nel 2023 l’incidenza di notizie sulle diversity nei Tg italiani – in particolare questioni razziali, identità di genere e generazioni – è ancora troppo bassa. In parole semplici, sebbene si sia riscontrato un miglioramento rispetto al passato, si parla ancora troppo poco di questi temi nei servizi dei telegiornali che trattano questioni sociali e Soft news (ossia notizie di costume e società); la diversità riguarda per lo più situazioni emergenziali, criminose, problematiche, con un netto scollamento dalla quotidianità di milioni di persone.
“Disabilità, Lgbt+ e aspetto fisico sono ancora i grandi assenti nell’informazione italiana dei TG – commenta Francesca Vecchioni, presidente della Fondazione Diversity –, con una copertura prossima allo zero. Passando ai prodotti di intrattenimento, nelle serie italiane e nei programmi tv, nonostante i tentativi di allargare lo spettro della rappresentazione, risulta ancora poco matura la trattazione delle diversity, che ricorre spesso a toni paternalistici, eroici, sensazionalistici, con un forte rischio di essere percepita come puro ‘washing’. In tal senso, la sola presenza di storyline dedicate alla diversità, o di ospiti appartenenti a gruppi sottorappresentati, non può considerarsi un elemento sufficiente per definire un prodotto ‘inclusivo’ – aggiunge –. Segnali di evoluzione arrivano dal mondo del cinema, delle serie young, dei podcast, dei programmi radio e del digital. Fiore all’occhiello della rappresentazione inclusiva sono ancora le serie tv straniere, capaci anche di coinvolgere sempre più talenti di categorie sottorappresentate non solo sullo schermo, ma nelle fasi di sviluppo, scrittura e realizzazione delle opere, con una diversificazione delle maestranze a tutti i livelli, che genera prodotti di grande qualità e autenticità”.
Informazione televisiva
Sono queste alcune delle evidenze emerse dal Diversity Media Report 2024 (DMR), la ricerca annuale sulla rappresentazione delle diversità nei media italiani di informazione e intrattenimento, condotta da Fondazione Diversity e presentata oggi a Palazzo Marino a Milano. Realizzata in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia, 2B Research e con un Comitato scientifico proveniente da numerose università italiane, la ricerca ha quest’anno focalizzato il proprio interesse sull’aspetto fisico.
“Partendo dalla prima area di analisi – spiegano i promotori – dedicata all’informazione televisiva italiana (condotta sulle 42.976 notizie andate in onda nelle edizioni prime time dei 7 principali Tg italiani sulle reti generaliste dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023) è emerso che l’incidenza delle notizie riguardanti almeno una diversity è del 35,5% sull’agenda complessiva, con un importante aumento rispetto al 2022, ma con notevoli differenze tra le aree. Cresce l’incidenza di notizie riguardanti etnie e questioni razziali, genere e identità di genere, età e generazioni, che sono anche le aree più affrontate nei Tg (con una copertura, rispettivamente, del 20,1%, 12,7% e del 12% sul totale notizie), mentre c’è una preoccupante staticità nelle aree disabilità – ferma ad un 1,3% – e nei temi Lgbtq+ o legati all’aspetto fisico che hanno una copertura vicina allo zero (0,5%, 0,4%)”.
Al di là della copertura “numerica”, sembrerebbe essere particolarmente significativa l’analisi qualitativa delle notizie: le tre diversity più presenti – è il commento della Fondazione – sono anche quelle più generalmente utilizzate per descrivere le persone in casi di cronaca – anche quando non strettamente necessario, con un’inevitabile ricaduta sul perpetrarsi di stereotipi – e inoltre queste tre diversity sono anche quelle più coinvolte in alcuni grandi accadimenti del 2023 di forte impatto mediatico. Insomma, dai dati raccolti emerge una narrazione insufficiente a rappresentare la complessità di esperienze e situazioni che si riscontrano nella società italiana. Il focus della ricerca per l’anno 2024 è l’aspetto fisico, ossia la categoria meno trattata (solo lo 0,4% delle notizie totali); la maggior parte delle notizie riguardano moda e tendenze (50,3%) e una percentuale significativa la bellezza (16%) mentre i servizi su diritti e reclamazioni sono il 27% (legati alla protesta delle donne iraniane sulla libertà di scelta circa il velo) mentre quelli sul body shaming il 5,5%, mostrando un’attenzione più alta verso i “rivestimenti” del corpo piuttosto che sul corpo stesso.
Intrattenimento: serie tv italiane e straniere, cinema e web
Passando all’intrattenimento, sono oltre 5.000 le segnalazioni arrivate dal basso che, dopo la selezione effettuata da Fondazione Diversity sulla base dei criteri di accesso all’analisi, hanno portato a un panel di ben 149 prodotti mediali singoli: le serie tv italiane sono la categoria che ha registrato le peggiori performance sui numerosi criteri di analisi, come il livello di approfondimento del tema, la centralità della diversità nel prodotto, il livello di correttezza del linguaggio. Non mancano gli esempi virtuosi (“Questo mondo non mi renderà cattivo”) ma emerge fortemente la necessità di un coinvolgimento attivo delle persone di gruppi sottorappresentati in tutte le fasi del processo produttivo, a partire dalle writing’s room.
“Inserire personaggi con disabilità o razzializzati in un prodotto non è sufficiente, se a questo non corrisponde una maturità della narrazione verso il personaggio e la tematica, altrimenti queste soluzioni possono rafforzare stereotipi (per fare degli esempi di pattern ricorrenti: il personaggio grasso costantemente spalla comica del protagonista, quello con disabilità sempre geniale, quello nero migrante o calciatore…). Con il rischio che queste scelte di scrittura siano percepite come iniziative di washing”.
Dall’estero, come spesso accade, arriva l’esempio da seguire: le serie tv straniere sono il fiore all’occhiello della rappresentazione inclusiva proprio grazie alla differenziazione dell’industry. Tra le “rivoluzioni” introdotte nel 2023, l’inserimento di protagoniste e protagonisti disabili, che trattano esplicitamente il tema e che hanno interpreti con disabilità, come in “Nothing to see here”, e l’introduzione di storyline queer in serie mainstream a target principalmente maschile, tratte dal mondo del gaming (“The Last of Us” e “The Witcher”) che non hanno temuto la reazione di scandalo di una parte del pubblico maschile eterosessuale, puntualmente arrivata, ma senza inficiare il successo globale di questi prodotti.
Dal cinema italiano, però, arrivano invece grandi segnali di evoluzione rispetto agli ultimi anni: “Titoli di grande successo hanno trattato tematiche di genere (“C’è ancora domani”), di razzismo e persecuzioni (“L’ultima volta che siamo stati bambini”), di omofobia e crimini d’odio (“Stranizza d’amuri”). È significativo tuttavia che lo abbiano fatto attingendo a un immaginario storico, probabilmente perché alcuni argomenti, al di fuori di questa lente, sono spesso considerati ‘divisivi’. Manca quasi totalmente una riflessione sul corpo, e sul corpo grasso nello specifico, mentre l’attenzione al tema etnico è quasi sempre focalizzata sul racconto ‘emergenziale’ (“Io Capitano”) e spesso risente dello ‘sguardo bianco’ con il rischio di un’eccessiva romanticizzazione e scarso realismo di alcune narrazioni”.
Continuano il loro trend positivo le serie young, soprattutto straniere, capaci di portare una pluralità di personaggi straordinaria, mentre quelle italiane hanno ancora dei margini di miglioramento: talvolta possono cadere in errori di linguaggio e trattazione per esempio verso i personaggi con disabilità (anche se non mancano esempi virtuosi come “Il Cercasuoni”), ma soprattutto registrano una scarsissima presenza di personaggi razzializzati, in un Paese che vede nelle sue scuole un quadro totalmente diverso. Basti pensare, a titolo esemplificativo, che gli studenti di nazionalità non italiana nelle nostre scuole sono circa 900.000, l’11,6% del totale, e che il 6,8% delle classi ha una quota di studenti stranieri superiore al 30 per cento (percentuale che sale all’11,2% nella scuola primaria).
La diversity aspetto fisico
Fondazione Diversity, come si è detto, ha dedicato quest’anno un’attenzione particolare alla diversity aspetto fisico, con la prima ricerca italiana dedicata al tema della percezione del corpo e della bellezza nel nostro contesto culturale, effettuata su 800 individui (16-78 anni), dalla Gen Z ai Baby Boomer, esplorando le dimensioni della bellezza, del giudizio, della percezione del corpo e le sue conseguenze sociali, della violenza e del body shaming con le loro ripercussioni su benessere e salute mentale delle persone.
Tra le evidenze più significative, emerge in modo allarmante quanto la magrezza sia sinonimo di bellezza più nelle giovani generazioni che nelle altre (14 % Gen Z e 15% Millenial vs 6% di Gen X e Baby Boomer). Una caratteristica fisica che rappresenta ancora uno dei tratti più evidenti dell’ideale estetico dominante e tradizionalmente associata al successo e al controllo sociale.
“Osservando la frequenza con cui i giudizi sull’aspetto fisico permeano i discorsi sociali – spiegano i promotori della ricerca –, emerge un allarmante 48% di individui che sente esprimere spesso e molto spesso giudizi sull’aspetto fisico in contesti diversi. Questo dato è ancora più allarmante se si focalizza l’attenzione su Gen Z e Millennial dove la percentuale sale al 58%. I giudizi riguardano in modo preponderante il peso – citato come prima risposta dal 54% del campione, con un picco del 66% nella Gen Z. Da segnalare che il colore della pelle, citato come prima risposta dal 13%, sale al 21% come prima risposta al Nord Ovest.” Le donne sono spesso soggette a una pressione particolarmente intensa per conformarsi agli ideali estetici dominanti: in questo contesto, la violenza di genere diventa una conseguenza naturale dell’oggettificazione dei corpi femminili: “Il body shaming emerge come un’arma subdola utilizzata per intimidire e umiliare le donne, costringendole a conformarsi agli ideali imposti dalla società, con conseguenze devastanti sulla loro autostima e sul loro benessere emotivo.”
I Diversity Media Awards
“Come ogni anno – concludono i promotori – , i prodotti mediali emersi dal DMR – Informazione e Intrattenimento entrano in nomination per i Diversity Media Awards 2024, una serata evento benefica condotta da Francesca Michielin e da Ema Stokholma, in scena il 28 maggio al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano e trasmessa su Rai1 in seconda serata. Fino al 10 maggio il pubblico potrà votare le nomination sul sito www.diversitymediaawards.it per eleggere i vincitori e le vincitrici nelle varie categorie”.
A concorrere saranno le nomine a Miglior Film, Miglior Serie TV Italiana, Miglior Serie TV Straniera, Miglior Serie Young, Miglior Programma TV, Miglior Programma Radio, Miglior Podcast, Miglior prodotto digital, Creator dell’anno, Personaggio dell’anno. Durante l’evento saranno attribuiti anche i riconoscimenti all’informazione, con la nomina del Miglior Servizio TG, Miglior Articolo Stampa Quotidiani, Miglior Articolo Stampa Periodici, Miglior Articolo Stampa Web.