Donne Stem, la trasformazione digitale una nuova opportunità di inclusione?

Con la professoressa Irene Finocchi abbiamo discusso delle barriere di genere che le discipline scientifiche più tecniche rappresentano tutt’oggi per le giovani scienziate: “Ma il digital divide può essere combattuto”

di CATERINA CECCUTI
29 novembre 2024
La Professoressa Irene Finocchi

La professoressa Irene Finocchi

Irene Finocchi è professoressa ordinaria di Informatica, advisor del Rettore per la Trasformazione Digitale all’Università Luiss Guido Carli, e direttrice di un corso di studi triennale in Management and Artificial Intelligence. Insegna, quindi, una delle discipline più toste da un punto di vista tecnico. Di quelle, insomma, dalle quali le studentesse tendono a mantenersi alla larga perché ancora dominate dalla presenza maschile.

Ospite alla seconda edizione del Women Economic Forum – che si è svolto nella capitale pochi giorni fa –, la professoressa ha approfondito con Luce! le cause del divario di genere nelle materie STEM e le possibili soluzioni per affrontarlo concretamente, visto che da tempo è impegnata nella promozione dell’empowerment femminile nelle discipline scientifiche e tecnologiche, con un focus particolare sull'importanza di creare modelli positivi per ispirare le giovani e favorirne la crescita professionale in un settore ancora dominato dagli uomini.

Professoressa, quali sono, secondo la sua esperienza, le principali barriere culturali e strutturali che contribuiscono al divario di genere nelle discipline STEM, e come possono essere affrontate concretamente?

“Esistono ancora molti condizionamenti sociali. È auspicabile una sensibilizzazione culturale ad ampio spettro che parta dalle famiglie, dalle scuole, dai docenti, per coinvolgere la società nel suo complesso. Questo perché le scelte di studio delle ragazze sono chiaramente molto influenzate dal clima familiare, e molto spesso vengono instradate verso settori alternativi rispetto alle discipline scientifiche. Talvolta può essere lo stesso background materno a fare una differenza –background spesso di natura non scientifica, dato che in generale ci sono poche donne STEM –. All’interno delle discipline scientifiche stesse esistono poi grandi differenze e le materie ‘più tecniche’ tendono ad essere più penalizzate: penso all’ICT, al mondo della tecnologia, del digitale, dell'informatica, che vengono percepiti come ambiti altamente tecnici, molto competitivi, prettamente maschili. Di fatto, purtroppo, gli stereotipi di genere esistono ancora: fin da piccole le bambine vengono ad esempio incentivate ad usare certi tipi di giochi piuttosto che altri.

Ciò alimenta indubbiamente una sensibilità verso alcune aree. Dovrebbero a mio avviso essere potenziati in tutte le scuole programmi educativi volti a combattere tali stereotipi, e dovrebbe essere data maggiore visibilità a role model femminili capaci di promuovere storie di donne che hanno avuto successo in ambito STEM. Esistono poi interventi più strutturali che possono essere fatti, ad esempio, nell’ambito dei corsi di studio. Offrire incentivi economici, come borse di studio o premi destinati a progetti STEM che coinvolgano ragazze, o ancora realizzare campagne di comunicazione ad hoc. Di fatto le aziende, pur volendo assumere donne in ambiti scientifici, hanno spesso difficoltà a reperirle, come ha confermato recentemente anche uno studio condotto dall’Osservatorio STEM di Deloitte.

Ed esiste tutt’oggi ancora la questione del soffitto di cristallo, per cui le donne che raggiungono posizioni apicali sono una esigua minoranza rispetto a quelle che si trovano alla base, che sono peraltro già poche di per sé. Non da ultimo, va sottolineato che quella dell’ICT è un’area in evoluzione rapidissima, che necessita di aggiornarsi con assiduità: pensiamo a tutti gli sviluppi dell'intelligenza artificiale cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Per una donna potrebbe essere più difficoltoso conciliare un’attività professionale in costante evoluzione con la vita familiare e con le interruzioni fisiologiche legate alla maternità, se non adeguatamente supportata da politiche sociali. Problematiche queste che devono essere affrontate con decisione”. Può raccontarci esempi di iniziative o progetti che ha seguito o promosso per favorire la partecipazione femminile nelle STEM, e quali risultati hanno raggiunto? “Parlare di risultati non è semplice.  Quando partecipo alla promozione di campagne di sensibilizzazione, portando ad esempio nelle scuole superiori studentesse del Corso di Studi che dirigo alla Luiss, Management and Artificial Intelligence, i risultati non sono immediati, sono destinati auspicabilmente a diventare tangibili nel corso del tempo. Seppur difficile misurare l'effetto della singola iniziativa, gioca un ruolo molto positivo il fatto che di iniziative ce ne sono moltissime, anche grazie al grande interesse dimostrato da varie associazioni e organizzazioni. Basti pensare ai coding camp o artificial intelligence camp interamente dedicati alle ragazze. 

In ambito Luiss, due sono le iniziative che mi hanno visto coinvolta direttamente e cui tengo maggiormente: la prima è una mostra fotografica, organizzata nel 2024 in cooperazione con Fondazione Bracco in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza (11 febbraio). Sono rimaste esposte, per circa un mese all’interno dell’università, fotografie di dieci donne scienziate nei campi più disparati, insieme a quelle di dieci donne artiste che sono riuscite a raggiungere posizioni apicali. Un vero e proprio viaggio tra arte e scienza a disposizione di studenti, docenti, ospiti, visitatori, personale amministrativo per oltre un mese di tempo.

I ragazzi e le ragazze che hanno partecipato all'AIdeathon
I ragazzi e le ragazze che hanno partecipato all'AIdeathon

Un secondo evento ha avuto luogo appena pochi giorni fa, nell'ambito del Women Economic Forum, e ha visto la partecipazione di numerosi studenti ad un AIdeathon, acronimo nato dalla crasi di AI con Ideathon. Si tratta di una sfida che ha visto l'uso di strumenti di AI generativa per incoraggiare comportamenti responsabili su vari temi di rilevanza sociale. Protagoniste molte ragazze - ma non solo - che hanno usato l'AI per creare chatbot, podcast, video, slide e immagini al fine di sensibilizzare su tematiche quali sostenibilità ambientale, gender gap, cyber security, digital wellbeing nelle generazioni più giovani. L'integrazione di ragazzi e ragazze all'interno dei gruppi di lavoro è stata fortissima. Così come l'interesse delle giovani studentesse verso l'AI. E lasciatemi dire che nel momento in cui si sentono coinvolte, le ragazze riescono a fare bene, molto bene il proprio lavoro”.

Quale apporto sono in grado di portare le menti femminili nel campo scientifico e tecnologico, intendo dire fanno la differenza?

La diversità è sempre un valore aggiunto. Mi sono piaciuti molto quei team misti che abbiamo visto i giorni scorsi nell'AIdeathon del WEF. La diversità offre spunti per dialogare e per conoscere punti di vista diversi. Le donne lavorano bene tanto quanto gli uomini, tecnicamente parlando. È il dialogo di idee e contributi che si crea, a mio avviso, a fare davvero la differenza. Su questo tema ci sono in realtà numerosi studi scientifici che dimostrano come le aziende in cui si mettono in atto politiche di inclusione ottengono risultati più performanti rispetto a quelle ‘mono-gender’.

La diversità rappresenta anche il naturale corso delle cose: a pensarci un attimo, è strano per una donna del mio settore trovarsi da sola in un tavolo di lavoro con otto o nove uomini. La proporzione mediamente è questa e innegabilmente non rispecchia ciò che normalmente vediamo nella società: è piuttosto innaturale ritrovarsi calata in una distribuzione uomo-donna di questo tipo. E se anche in un tavolo di lavoro una donna si trovi ad avere possibilità di esprimersi tanto quanto gli altri membri, la sensazione è comunque di una situazione anomala in cui ci si sente meno a proprio agio. Avere altre donne intorno supporta e cala in uno scenario più standard, permettendo di esprimersi al meglio, considerando anche gli aspetti psicologici della questione”

E potremmo rovesciare la cosa, se ci fosse solo un uomo in mezzo a un gruppo di donne… “Esatto! Ora, so che sto per dire una cosa un po’ provocatoria, ma c’è una citazione che adoro dell’avvocatessa statunitense Ruth Bader Ginsburg, una delle poche donne nella Corte Suprema degli Stati Uniti, dal 1993 fino alla morte nel 2020, e pioniera dei diritti femminili. In un’intervista, le venne chiesto quante dovessero essere le donne alla Corte Suprema degli Stati Uniti, e lei provocatoriamente rispose che si sarebbe sentita soddisfatta solo quando avessero raggiunto il 100% delle posizioni...dopo tutto, gli uomini avevano occupato il 100% delle posizioni per secoli! È chiaro che si tratta di una provocazione, ma fa molto riflettere: è cruciale porsi sempre dalla parte delle minoranze ed essere capaci di analizzare la situazione da una diversa prospettiva. E si tende a provare empatia quando sei tu stessa parte di una minoranza.”

A suo avviso può la trasformazione digitale, ambito in cui è direttamente coinvolta, essere sfruttata per ridurre il divario di genere nelle STEM e favorire l'inclusione?

“Sfruttando le tecnologie digitali si possono certamente mettere a punto delle strategie che facilitino l’inclusione. Le nuove tecnologie consentono l'adozione di modelli di lavoro più flessibili, per esempio con lo smart working, oppure possono essere utilizzati i media digitali per promuovere role model femminili e veicolare messaggi adeguati. Un altro ambito in cui lavorare è lo sviluppo di tecnologie inclusive, che permettano di ridurre le disparità, aumentare e migliorare l’accesso delle donne alle tecnologie, e anche sfruttare l’aspetto interdisciplinare del mondo della trasformazione digitale. L’interdisciplinarità e la trasversalità piacciono molto alle ragazze, perché in qualche modo abbattono le barriere tra le varie discipline e potrebbero consentire alle giovani di sentirsi più a proprio agio nell’entrare in ambiti più tecnici attraverso strade alternative.

Si può poi utilizzare l’analisi di dati per evidenziare barriere di genere e fornire insight che permettano anche di studiare politiche volte alla promozione dell’equità. Riassumendo, si possono utilizzare risorse digitali per promuovere l’educazione e la formazione, sfruttando le nuove tecnologie in vari ambiti, dall’analisi di dati allo smart working al mentoring e alla comunicazione. Da un lato, quindi, l'ICT di per sé è fonte di un preoccupante digital divide, ma dall’altro potrebbe anche offrire strumenti per incoraggiare la partecipazione femminile”.