Giornata mondiale contro l'Aids, quali sono le scuse per non mettere il preservativo?

La campagna di Control e Together punta a parlare di protezione sessuale in tono ironico, in un periodo in cui le nuove diagnosi di HIV sono di nuovo in aumento: solo nel 2023 ci sono stati oltre 2mila nuovi casi

di GIULIA DE IESO
1 dicembre 2024
"L'obiettivo è quello di arrivare in modo molto immediato proprio ai ragazzi"

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Il 1 dicembre è la Giornata Mondiale contro l’AIDS: istituita nel 1988, ogni anno si presenta come un’occasione per parlare del virus HIV che, seppur non sia quasi più letale grazie all’accesso alle cure più moderne, continua a circolare.

In Italia ad esempio, dopo un periodo di calo costante dal 2012 al 2020, le nuove diagnosi hanno ripreso a crescere dal 2021: solo nel 2023, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, i nuovi casi segnalati sono stati 2.349 (di cui l’86,3% è attribuile a trasmissioni sessuali). Per scongiurare la diffusione dell’HIV, così come quella di altre malattie sessualmente trasmissibili, è utile e necessario l’utilizzo del preservativo, che diventa ‘oggetto’ di educazione sessuale per rompere tabù, anche sull’utilizzo del condom stesso.

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Fare educazione sessuale in tono ironico: "Scuse del cazz*", la campagna di Control e Together

Per la Giornata mondiale contro l’Aids 2024, Control, brand di preservativi, e Together, agenzia di comunicazione creativa, hanno realizzato insieme la campagna “Scuse del cazz*”, una vera chiamata all’azione per abbattere barriere e parlare apertamente di prevenzione, specialmente tra le nuove generazioni. La campagna nasce dalla volontà di affrontare tutte quelle “scuse” troppo spesso utilizzate per non indossare il preservativo, mantenendo un tono ironico. Per l’occasione sono stati coinvolti i creator Pupetti Tutti Matti, che ha realizzato un jingle apposito, Crispymichbacon, Veronica Rimondi, Moonlyalo e Gabriele Timoftee.  A parlarne è Erika Mameli, Creative Director di Together.

Particamo dalle info di base: cosa è l’HIV?

“L'HIV è un virus dell’immunodeficienza umana, attacca il sistema immunitario. È a tutti gli effetti un virus che si può contrarre maggiormente con i rapporti sessuali, diciamo che sono la prima causa. Una volta contratto, può sviluppare quella che è la vera e propria sindrome, cioè l'AIDS. Oggi fortunatamente ci sono tante cure che permettono a chi contrae l'HIV e a chi sviluppa l'AIDS di vivere una vita normale, però ovviamente si tratta sempre di una malattia che in qualche modo è bene cercare di non contrarre”.

I giovani oggi usano i preservativi?

“Purtroppo oggi i dati dicono che i giovani usano il preservativo sempre meno, si pongono sempre meno la domanda se sia necessario o no. Quasi un terzo degli adolescenti sessualmente attivi ha dichiarato, ad esempio, di non aver usato il preservativo e neanche la pillola anticoncezionale nell'ultimo rapporto sessuale. È un numero enorme, soprattutto se consideriamo che il primo rapporto sessuale si ha sempre più presto: i più giovani sono la fascia più a rischio, perché si approccia al sesso con tanta superficialità”.

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Parliamo della campagna “Scuse del cazz*”. Come è nata la collaborazione con Control e come si è sviluppata l'iniziativa? “Stiamo parlando di una campagna in occasione giornata mondiale contro l’HIV, che è importantissima e rilevante per un brand come Control e per il target. Stiamo parlando di ragazzi, giovani e non solo, che però sulla sessualità ovviamente devono essere informati. Diciamo che è stato un po' un tema di, in primis, responsabilità sociale, perché la comunicazione del brand è in qualche modo sempre legata a cercare di tirar fuori dei valori da raccontare.

La scelta è stata quella di raccontare questa giornata e questo tema in modo leggero e irriverente. Il motivo sta proprio nel target, che difficilmente ascolta gli adulti e che difficilmente si fa imporre delle considerazioni anche dai brand, dovevamo trovare un modo per farci ascoltare. È il motivo per cui è nata l’idea di utilizzare questo linguaggio molto diretto, appunto ‘Scuse del cazz*’, che ha l'obiettivo di arrivare in modo molto immediato proprio ai ragazzi, con un tono di voce che si fa sentire, ma ha tutta una serie di significati. Quello che vogliamo dire è che sono i comportamenti sbagliati che spesso possono portare a delle conseguenze gravi.

Le ‘scuse del cazz*’ sono quelle di un ragazzo, una ragazza, una persona che cerca di evitare l'uso del preservativo perché spesso è quello che si fa. ‘L'ho dimenticato’, ‘non lo porto mai con me’, ‘ma tanto sono pulito’, ‘ma tanto non puoi restare incinta’, ‘ma tanto prendi la pillola’: sono tante le scuse che si utilizzano proprio per evitare quel momento, che forse è anche un po' imbarazzante per i ragazzi. L'obiettivo è sottolineare, in modo provocatorio sicuramente, che non mettere il preservativo, trovare quelle scuse mette in gioco non dei pensieri razionali, ma più legati alla libidine. È come se si ragionasse meno con la testa e un po' di più con il proprio organo sessuale, detto in modo molto esplicito”.

La campagna coinvolge vari content creator: ma su TikTok e gli altri social non ci sono problemi di censura su questi contenuti?

“Sui social alcuni temi sono ovviamente controllati, monitorati dal social media stesso. In particolar modo la sessualità è chiaramente sempre un tema molto difficile da affrontare e noi dobbiamo trovare sempre delle alternative per poterne parlare, cercando delle modalità, degli escamotage che ci permettano di oltrepassare la censura. 

In questo caso chiaramente e volutamente c'è una parolaccia nel titolo della campagna che vedrete online sui social diventa ‘Scuse del ca***’: è una censura semplicemente di terminologia.

Sui social ci sono anche ragazzi molto giovani, minorenni, e chiaramente la piattaforma cerca sempre di proteggerli. Questo, d'altra parte, si scontra con il fatto che l'informazione e l'educazione sulla sessualità in Italia è molto indietro: un brand magari vuole fare informazione e vuole dare supporto ai ragazzi che, in qualche modo, si affacciano alla sessualità e che sono interessati magari a saperne di più. È un problema che dobbiamo sempre cercare di svincolare con varie modalità creative”.

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Dunque, perché oggi è ancora importante parlare dell'uso del preservativo?

“È importante proprio perché assistiamo ancora a delle numeriche importanti di infezioni sessualmente trasmesse. Parliamo di HIV ma non solo, sono tantissime le malattie che si possono trasmettere non usando il preservativo. Il preservativo in Italia è principalmente utilizzato per non rimanere incinte, mentre il tema delle malattie è ancora veramente poco presente nella popolazione, soprattutto più giovane. Però, appunto, sono tantissime: dal papilloma virus, che può causare anche un tumore, all’herpes, sifilide... fare informazione su questi temi risulta veramente urgente. Oggi l'allarmismo degli anni '90 è finito, però bisogna continuare a informare ed educare i ragazzi”.

Come si è parlato di HIV nei vari decenni?

“La comunicazione sull'HIV è anche un caso di studio nel mondo della comunicazione e del marketing. Se ne è iniziato a parlarne negli anni ‘90, quando si è diffuso il fenomeno soprattutto nel mondo della comunicazione. Tutti ricorderanno – chi non l'ha vissuto li avrà visti poi – quegli spot, le pubblicità con l'alone viola intorno alle persone. Quel tipo di comunicazione, da un lato, ha creato allarmismo e effettivamente ha funzionato. Da lì poi si è iniziato a parlarne e in qualche modo l'HIV è stato veramente arginato rispetto al passato.

Dall'altra parte, però, ha generato stigma. Questo è un problema sociale che ancora oggi purtroppo, soprattutto le persone affette da HIV, ancora soffrono. È proprio il motivo per cui noi cerchiamo di raccontarla in termini molto diversi: prima si puntava il dito alla persona che aveva contratto il virus e aveva un alone intorno a sé, tanto da essere segnata per sempre, addirittura questo alone si sarebbe diffuso al solo tocco della persona malata. Oggi quello che vogliamo fare noi è cambiare totalmente la narrazione: non puntare il dito sulla persona, ma sul comportamento, che di fatto è quello che genera la trasmissione, la poca responsabilità. Non è la persona il problema, ma è il fatto che non si riesca ad affrontare nel modo giusto, forse, il rapporto sessuale”.