La traversata del deserto, i mesi trascorsi nei campi di detenzione libici, il viaggio in mare, l’arrivo in Italia, il marciapiede, e una compagna di strada sempre presente: la violenza. Ecco la storia di Joy, raccontata nel libro di Mariapia Bonanate dal titolo "Io sono Joy. Un grido di libertà dalla schiavitù della tratta" (edizioni San Paolo, prefazione di papa Francesco) è la storia comune a tante ragazze della Nigeria, accalappiate con la promessa di un futuro migliore, per poi essere tradotte nelle moderne caverne della schiavitù sessuale e della sopraffazione più brutale. Dal villaggio di origine, al mercato degli schiavi di Agadez, in Niger, passando per Benin City dove le donne vengono usate per corrompere la polizia e garantire un passaggio rapido: il viaggio di Joy e delle sue compagne è un tunnel dell’orrore da cui non si esce. Ad Agadez si trattano tra i 20.000 ai 25.000 migranti ogni mese, per la maggiore provenienti dall’Africa occidentale e diretti in Europa. Qui le donne sopravvissute al deserto vengono stuprate ripetutamente, poi vendute sul mercato del sesso in Libia al fine di procurarsi il denaro per attraversare il Mediterraneo. Una volta in Italia, poi, c’è da pagare il debito contratto attraverso il rito dello juju, una pratica stregonesca che obbliga le donne a diventare schiave sessuali finché non salderanno cifre che arrivano fino a 80mila euro pro capite, pena anche la morte per sé o per le proprie famiglie. L’80% delle donne nigeriane che arriva in Europa, attraversa, come Joy, questo calvario macabro. Su cui tutti chiudono un occhio. Joy ha 23 anni quando a Benin City viene convinta da un'amica di fiducia a partire per l'Italia con la promessa di un lavoro con il quale potrà mandare denaro alla sua famiglia e proseguire gli studi. Ma le bastano poche ore di viaggio per rendersi conto che è stata ingannata ed è precipitata in un girone infernale. Salvatasi miracolosamente dal naufragio, al suo arrivo in Italia scopre che il lavoro promesso è "la strada", dove la madame la obbliga a prostituirsi con il ricatto del woodoo, schiava di aguzzini senza pietà. La sua storia è comune a quella di tante altre ragazze nigeriane. Le sue amiche Loweth, Glory, Esoghe, Sophia Mary, innanzitutto. Alle più fortunate di loro capita di incontrare sulla strada qualcuno che riesce ad aiutarle. E’ il caso della comunità di accoglienza “Casa Rut” di Caserta, e della sua sartoria sociale – NewHope – che negli anni è divenuta una possibilità concreta di riscatto, oltre che espressione di impegno costante nella lotta contro la tratta. Casa Ruth sorge a due passi dalla Reggia. Qui le giovani donne straniere che hanno scelto di riconquistare la loro libertà dopo l’esperienza della tratta trovano accoglienza e un lavoro che può affrancarle, aiutandole a riconquistare la propria dignità attraverso il lavoro sartoriale. Qui anche Joy ha trovato la sua salvezza, un lavoro, un futuro, ed è diventata a sua volta fonte di supporto e di sostegno per le nuove ragazze accolte a Caserta. Fondata nel 1995 da tre suore Orsoline del S. Cuore di Maria, arrivate a Caserta da Vicenza, “Casa Rut” è nata proprio con l’obiettivo di prendersi cura di donne, soprattutto migranti, sole o con figli piccoli in situazioni di sfruttamento e condizioni di precarietà sociale e umana. La Cooperativa Sociale NewHope, nasce 10 anni dopo, come sartoria etnica, in cui le donne migranti possono riappropriarsi della propria dignità attraverso il lavoro. Del resto la tratta di esseri umani, e in particolare quello delle donne per finalità di sfruttamento sessuale, è un business che non conosce crisi. Anzi. A livello mondiale, secondo i dati riportati dall’Onu, per quanto riguarda le donne lo sfruttamento è soprattutto sessuale (nel 77% dei casi) e lavorativo (nel 14% dei casi). In Italia il Piano Nazionale anti-tratta è ancora in fase di stesura, a opera del Dipartimento per le Pari Opportunità, in collaborazione con tutti gli attori che si occupano del contrasto alla tratta. Uno strumento di fondamentale importanza per costruire azioni efficaci al fine di prevenire il fenomeno, attraverso la protezione delle potenziali vittime, il perseguimento del crimine e l’attuazione di misure che siano in grado di garantire la precoce identificazione delle vittime tenuto conto delle caratteristiche personali (genere, età, nazionalità delle persone) e delle diverse forme di sfruttamento. Intanto è attivo il numero verde Antitratta 800.290290 che opera tutti i giorni della settimana, 24 ore su 24, su tutto il territorio nazionale. Il servizio è disponibile in più lingue tra le quali inglese, albanese, russo, francese, spagnolo, rumeno, ungherese, arabo, cinese, nigeriano. Per chi fosse interessato, i prodotti sono in vendita a Caserta, via del Redentore 48/50 (Tel: +39 0823 377340).
La traversata del deserto, i mesi trascorsi nei campi di detenzione libici, il viaggio in mare, l’arrivo in Italia, il marciapiede, e una compagna di strada sempre presente: la violenza. Ecco la storia di Joy, raccontata nel libro di Mariapia Bonanate dal titolo "Io sono Joy. Un grido di libertà dalla schiavitù della tratta" (edizioni San Paolo, prefazione di papa Francesco) è la storia comune a tante ragazze della Nigeria, accalappiate con la promessa di un futuro migliore, per poi essere tradotte nelle moderne caverne della schiavitù sessuale e della sopraffazione più brutale. Dal villaggio di origine, al mercato degli schiavi di Agadez, in Niger, passando per Benin City dove le donne vengono usate per corrompere la polizia e garantire un passaggio rapido: il viaggio di Joy e delle sue compagne è un tunnel dell’orrore da cui non si esce. Ad Agadez si trattano tra i 20.000 ai 25.000 migranti ogni mese, per la maggiore provenienti dall’Africa occidentale e diretti in Europa. Qui le donne sopravvissute al deserto vengono stuprate ripetutamente, poi vendute sul mercato del sesso in Libia al fine di procurarsi il denaro per attraversare il Mediterraneo. Una volta in Italia, poi, c’è da pagare il debito contratto attraverso il rito dello juju, una pratica stregonesca che obbliga le donne a diventare schiave sessuali finché non salderanno cifre che arrivano fino a 80mila euro pro capite, pena anche la morte per sé o per le proprie famiglie. L’80% delle donne nigeriane che arriva in Europa, attraversa, come Joy, questo calvario macabro. Su cui tutti chiudono un occhio. Joy ha 23 anni quando a Benin City viene convinta da un'amica di fiducia a partire per l'Italia con la promessa di un lavoro con il quale potrà mandare denaro alla sua famiglia e proseguire gli studi. Ma le bastano poche ore di viaggio per rendersi conto che è stata ingannata ed è precipitata in un girone infernale. Salvatasi miracolosamente dal naufragio, al suo arrivo in Italia scopre che il lavoro promesso è "la strada", dove la madame la obbliga a prostituirsi con il ricatto del woodoo, schiava di aguzzini senza pietà. La sua storia è comune a quella di tante altre ragazze nigeriane. Le sue amiche Loweth, Glory, Esoghe, Sophia Mary, innanzitutto. Alle più fortunate di loro capita di incontrare sulla strada qualcuno che riesce ad aiutarle. E’ il caso della comunità di accoglienza “Casa Rut” di Caserta, e della sua sartoria sociale – NewHope – che negli anni è divenuta una possibilità concreta di riscatto, oltre che espressione di impegno costante nella lotta contro la tratta. Casa Ruth sorge a due passi dalla Reggia. Qui le giovani donne straniere che hanno scelto di riconquistare la loro libertà dopo l’esperienza della tratta trovano accoglienza e un lavoro che può affrancarle, aiutandole a riconquistare la propria dignità attraverso il lavoro sartoriale. Qui anche Joy ha trovato la sua salvezza, un lavoro, un futuro, ed è diventata a sua volta fonte di supporto e di sostegno per le nuove ragazze accolte a Caserta. Fondata nel 1995 da tre suore Orsoline del S. Cuore di Maria, arrivate a Caserta da Vicenza, “Casa Rut” è nata proprio con l’obiettivo di prendersi cura di donne, soprattutto migranti, sole o con figli piccoli in situazioni di sfruttamento e condizioni di precarietà sociale e umana. La Cooperativa Sociale NewHope, nasce 10 anni dopo, come sartoria etnica, in cui le donne migranti possono riappropriarsi della propria dignità attraverso il lavoro. Del resto la tratta di esseri umani, e in particolare quello delle donne per finalità di sfruttamento sessuale, è un business che non conosce crisi. Anzi. A livello mondiale, secondo i dati riportati dall’Onu, per quanto riguarda le donne lo sfruttamento è soprattutto sessuale (nel 77% dei casi) e lavorativo (nel 14% dei casi). In Italia il Piano Nazionale anti-tratta è ancora in fase di stesura, a opera del Dipartimento per le Pari Opportunità, in collaborazione con tutti gli attori che si occupano del contrasto alla tratta. Uno strumento di fondamentale importanza per costruire azioni efficaci al fine di prevenire il fenomeno, attraverso la protezione delle potenziali vittime, il perseguimento del crimine e l’attuazione di misure che siano in grado di garantire la precoce identificazione delle vittime tenuto conto delle caratteristiche personali (genere, età, nazionalità delle persone) e delle diverse forme di sfruttamento. Intanto è attivo il numero verde Antitratta 800.290290 che opera tutti i giorni della settimana, 24 ore su 24, su tutto il territorio nazionale. Il servizio è disponibile in più lingue tra le quali inglese, albanese, russo, francese, spagnolo, rumeno, ungherese, arabo, cinese, nigeriano. Per chi fosse interessato, i prodotti sono in vendita a Caserta, via del Redentore 48/50 (Tel: +39 0823 377340).