Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Evento 2022
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Evento 2022
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Attualità » Aborto di massa: in Nigeria 10mila gravidanze interrotte senza consenso delle donne

Aborto di massa: in Nigeria 10mila gravidanze interrotte senza consenso delle donne

Un rapporto della Reuters denuncia un programma gestito dall'esercito del Paese: violentate dai miliziani islamisti, le vittime venivano costrette al silenzio dai soldati con l'uso della forza

Marianna Grazi
13 Dicembre 2022
Una donna nigeriana, di cui non è stato fornito il nome per proteggere la sua identità, che ha dichiarato alla Reuters di aver abortito nell'ambito di un programma segreto gestito dall'esercito nigeriano, posa per un ritratto in una località non rivelata della Nigeria, il 16 marzo 2020

Una donna nigeriana, di cui non è stato fornito il nome per proteggere la sua identità, che ha dichiarato alla Reuters di aver abortito nell'ambito di un programma segreto gestito dall'esercito nigeriano, posa per un ritratto in una località non rivelata della Nigeria, il 16 marzo 2020

Share on FacebookShare on Twitter

Un’inchiesta della Reuters, pubblicata mercoledì 7 dicembre, ha rivelato che l’esercito nigeriano sta gestendo un programma di aborto segreto, sistematico e illegale, nel nord-est del Paese, almeno dal 2013. Un sistema che, in quasi 10 anni, ha comportato l’interruzione di almeno 10.000 gravidanze tra donne e ragazze, molte delle quali rapite e violentate dai miliziani islamisti, secondo decine di testimonianze e documenti esaminati dall’agenzia stessa. I testimoni raccontano che le vittime sono state picchiate, minacciate con armi da fuoco o drogate per costringerle a rispettare le regole.
Un dossier terribile tanto che se le informazioni e i dati scoperti da Reuters venissero confermate, si tratterebbe senza dubbio di una delle più gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani portate avanti direttamente da un governo negli ultimi anni. Inoltre, dietro a programmi come questo, si celerebbe un tipo di politica antiabortiva ipocrita, perpetrata della Nigeria – in questo caso – ma anche di molti altri Paesi, che ancora vietano alle donne di interrompere la gravidanza liberamente e in sicurezza. Tra i quali, pur con le dovute differenze, gli Stati Uniti dopo l’abolizione della Roe v. Wade.

Il racconto di una vittima

La Reuters ha ascoltato 33 donne e vari testimoni del programma, tra militari e medici (Reuters)

Quando il villaggio dell’isola del Lago Ciad dove Fati abitava è stato circondato e liberato dai soldati nigeriani la giovane, oggi 20enne, si chiedeva se la sua vita stesse per finire. Gli estremisti islamici tenevano prigioniera lei e molte altre donne da mesi, quando è avvenuta un’azione militare di salvataggio. Mentre i suoi rapitori fuggivano, Fati ha perso i sensi per la paura, racconta la Reuters. Quando si è risvegliata, in un campo militare nelle vicinanze, “mi sono sentita la persona più felice di tutta la mia vita“, ha detto la ragazza ricordando l’attacco avvenuto diversi anni fa nello Stato nordorientale nigeriano di Borno. Per più di un anno era stata sposata forzatamente con uno gli insorti, picchiata e ripetutamente violentata, rimanendo incinta. Quando è stata salvata “Ero estremamente grata ai soldati”, ha aggiunto la giovane. Circa una settimana dopo, Fati ha raccontato di essere stata fatta sdraiare su una stuoia in una stanza stretta e buia di una caserma militare a Maiduguri, la capitale dello Stato; uno spazio spoglio e angusto, con gli scarafaggi che strisciavano sul pavimento. Uomini in uniforme entravano e uscivano, somministrando a lei e ad altre cinque donne misteriose iniezioni e pillole. Era incinta di quattro mesi. Dopo circa quattro ore, continua nel terribile racconto, ha sentito un dolore lancinante allo stomaco e del sangue nero fuoriuscire dal suo corpo; stessi sintomi manifestati anche dalle altre “I soldati vogliono ucciderci”, ha pensato. Poi ha capito: “I soldati avevano interrotto le nostre gravidanze senza chiederlo e senza nemmeno dircelo”. Appena possibile le stesse vittime di aborto hanno dovuto ripulire la stanza, e prima di essere lasciate libere sono state avvertite: “Se ne farete parola con qualcuno, sarete picchiate duramente“.

L’aborto in Nigeria e la guerra civile

A partire almeno dal 2013 gli aborti sono stati effettuati dai militari nigeriani per lo più senza il consenso della persona interessata, anzi la maggior parte delle volte a sua insaputa, secondo i racconti delle testimoni. Le ragazze erano avevano gravidanze che andavano da poche settimane a otto mesi, mentre alcune di loro avevano appena 12 anni, come risulta dalle interviste e dai documenti studiati dall’agenzia di stampa. La cui indagine si basa su interviste a 33 donne che dicono di aver subito un aborto mentre erano sotto la custodia dell’esercito del Paese. Solo una ha dichiarato di aver dato liberamente il proprio consenso. I reporter hanno intervistato anche cinque operatori sanitari civili e nove addetti alla sicurezza coinvolti nel programma, tra cui soldati e altri dipendenti statali, come le guardie armate impegnate nella scorta di queste persone nelle stanze predisposte per la procedura. Inoltre, la Reuters ha esaminato copie di documenti militari e registri di ospedali civili che descrivevano o contavano migliaia di interruzioni di gravidanza.

Militari nigeriani con la bandiera dei Boko Haram

Nello stato africano l’aborto è illegale – secondo una legge istituita dal governo coloniale inglese più di 150 anni fa – ed è punito con una pena che arriva fino a 14 anni di reclusione per il medico e 7 per la donna. Ecco spiegata, dunque, la ragione della segretezza del programma portato avanti dal governo, tramite l’esercito, che avrebbe condotto clandestinamente l’intera operazione, nota soltanto agli operatori ingaggiati per effettuarla. Un azione aberrante, che cancella ogni libertà decisionale sul proprio corpo delle vittime, in nome di un’idea arbitraria di purezza di sangue. Un diritto strappato con il sangue ad una donna che ha già subito violenze inimmaginabili, stupri e stigma sociale, e che si trova ad affrontare una gravidanza provocata da conflitti politici dai quali non potrebbe essere più estranea, ma che si ritrova impotente a subire. Il capo della Difesa nigeriana, il generale Lucky Irabor, ha dichiarato che l’esercito non indagherà sull’inchiesta della Reuters, secondo la quale l’esercito avrebbe gestito un programma segreto di aborto di massa, perché “la notizia non è vera” dichiara. Sentito in merito al rapporto, Irabor ha detto: “Non credo di dover sprecare le mie energie in queste cose“, rivolgendosi ai giornalisti in una conferenza stampa sull’insurrezione, il terrorismo e il banditismo nel Paese. Il generale ha guidato le forze armate nel nord-est del Paese nel 2016, e ha affermato che i casi a cui si fa riferimento nel rapporto non si sono mai verificati e che non ha mai visto nulla di simile. Dopo la pubblicazione del rapporto, 

La denuncia di Amnesty Intenational

Nigeria: Amnesty International Nigeria is appalled by reports of invasion and indiscriminate attacks by the Nigerian military on Bodo community in the Gokana Local Government Area of Rivers State on Wednesday 7 December 2022. https://t.co/ACZayLtrIx

— Amnesty International Nigeria (@AmnestyNigeria) December 11, 2022

“Amnesty International è profondamente preoccupata per i risultati di un rapporto investigativo dell’agenzia di stampa Reuters, che rivela che l’esercito nigeriano ha praticato aborti clandestini, sistematici e forzati interrompendo almeno 10.000 gravidanze di donne e ragazze” scrive la ong Amnesty International in una nota ufficiale a commento dell’inchiesta della Reuters. “Molte delle donne e delle ragazze colpite erano state rapite e violentate dai militanti islamisti. Tali aborti forzati costituiscono una violenza di genere che può equivalere a tortura, trattamento crudele, inumano o degradante”. A corredo della nota Amnesty International ha chiesto alle autorità nigeriane di:

1. Indagare tempestivamente, in modo approfondito e imparziale su questo rapporto di aborti forzati commessi dall’esercito nigeriano.

2. Perseguire e assicurare adeguate sanzioni legali e disciplinari a tutti coloro che sono ritenuti colpevoli.

3. Fornire un’effettiva riparazione a tutte le vittime di aborti forzati commessi dall’Esercito nigeriano”.

Potrebbe interessarti anche

Cisl Firenze-Prato lancia il nuovo sportello disabili
Lifestyle

“Se apri gli occhi, non vedi differenze”: lanciato il nuovo progetto per l’inclusione nel lavoro

21 Gennaio 2023
Christine, la modella curvy che su TikTok lancia messaggi per la body positive
Lifestyle

La modella curvy Christine e il disagio in aereo: “Cinture troppo corte. La grassofobia esiste”

24 Gennaio 2023
L'ambasciatore dell'Iran non stringe la mano alla regina Letizia di Spagna
Attualità

Spagna, l’ambasciatore dell’Iran non stringe la mano alla regina Letizia: “Sofagate”, ci risiamo?

26 Gennaio 2023

Instagram

  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet

Un'inchiesta della Reuters, pubblicata mercoledì 7 dicembre, ha rivelato che l'esercito nigeriano sta gestendo un programma di aborto segreto, sistematico e illegale, nel nord-est del Paese, almeno dal 2013. Un sistema che, in quasi 10 anni, ha comportato l'interruzione di almeno 10.000 gravidanze tra donne e ragazze, molte delle quali rapite e violentate dai miliziani islamisti, secondo decine di testimonianze e documenti esaminati dall'agenzia stessa. I testimoni raccontano che le vittime sono state picchiate, minacciate con armi da fuoco o drogate per costringerle a rispettare le regole. Un dossier terribile tanto che se le informazioni e i dati scoperti da Reuters venissero confermate, si tratterebbe senza dubbio di una delle più gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani portate avanti direttamente da un governo negli ultimi anni. Inoltre, dietro a programmi come questo, si celerebbe un tipo di politica antiabortiva ipocrita, perpetrata della Nigeria - in questo caso - ma anche di molti altri Paesi, che ancora vietano alle donne di interrompere la gravidanza liberamente e in sicurezza. Tra i quali, pur con le dovute differenze, gli Stati Uniti dopo l'abolizione della Roe v. Wade.

Il racconto di una vittima

La Reuters ha ascoltato 33 donne e vari testimoni del programma, tra militari e medici (Reuters)
Quando il villaggio dell'isola del Lago Ciad dove Fati abitava è stato circondato e liberato dai soldati nigeriani la giovane, oggi 20enne, si chiedeva se la sua vita stesse per finire. Gli estremisti islamici tenevano prigioniera lei e molte altre donne da mesi, quando è avvenuta un'azione militare di salvataggio. Mentre i suoi rapitori fuggivano, Fati ha perso i sensi per la paura, racconta la Reuters. Quando si è risvegliata, in un campo militare nelle vicinanze, "mi sono sentita la persona più felice di tutta la mia vita", ha detto la ragazza ricordando l'attacco avvenuto diversi anni fa nello Stato nordorientale nigeriano di Borno. Per più di un anno era stata sposata forzatamente con uno gli insorti, picchiata e ripetutamente violentata, rimanendo incinta. Quando è stata salvata "Ero estremamente grata ai soldati", ha aggiunto la giovane. Circa una settimana dopo, Fati ha raccontato di essere stata fatta sdraiare su una stuoia in una stanza stretta e buia di una caserma militare a Maiduguri, la capitale dello Stato; uno spazio spoglio e angusto, con gli scarafaggi che strisciavano sul pavimento. Uomini in uniforme entravano e uscivano, somministrando a lei e ad altre cinque donne misteriose iniezioni e pillole. Era incinta di quattro mesi. Dopo circa quattro ore, continua nel terribile racconto, ha sentito un dolore lancinante allo stomaco e del sangue nero fuoriuscire dal suo corpo; stessi sintomi manifestati anche dalle altre "I soldati vogliono ucciderci", ha pensato. Poi ha capito: "I soldati avevano interrotto le nostre gravidanze senza chiederlo e senza nemmeno dircelo". Appena possibile le stesse vittime di aborto hanno dovuto ripulire la stanza, e prima di essere lasciate libere sono state avvertite: "Se ne farete parola con qualcuno, sarete picchiate duramente".

L'aborto in Nigeria e la guerra civile

A partire almeno dal 2013 gli aborti sono stati effettuati dai militari nigeriani per lo più senza il consenso della persona interessata, anzi la maggior parte delle volte a sua insaputa, secondo i racconti delle testimoni. Le ragazze erano avevano gravidanze che andavano da poche settimane a otto mesi, mentre alcune di loro avevano appena 12 anni, come risulta dalle interviste e dai documenti studiati dall'agenzia di stampa. La cui indagine si basa su interviste a 33 donne che dicono di aver subito un aborto mentre erano sotto la custodia dell'esercito del Paese. Solo una ha dichiarato di aver dato liberamente il proprio consenso. I reporter hanno intervistato anche cinque operatori sanitari civili e nove addetti alla sicurezza coinvolti nel programma, tra cui soldati e altri dipendenti statali, come le guardie armate impegnate nella scorta di queste persone nelle stanze predisposte per la procedura. Inoltre, la Reuters ha esaminato copie di documenti militari e registri di ospedali civili che descrivevano o contavano migliaia di interruzioni di gravidanza.
Militari nigeriani con la bandiera dei Boko Haram

Nello stato africano l'aborto è illegale - secondo una legge istituita dal governo coloniale inglese più di 150 anni fa - ed è punito con una pena che arriva fino a 14 anni di reclusione per il medico e 7 per la donna. Ecco spiegata, dunque, la ragione della segretezza del programma portato avanti dal governo, tramite l'esercito, che avrebbe condotto clandestinamente l'intera operazione, nota soltanto agli operatori ingaggiati per effettuarla. Un azione aberrante, che cancella ogni libertà decisionale sul proprio corpo delle vittime, in nome di un'idea arbitraria di purezza di sangue. Un diritto strappato con il sangue ad una donna che ha già subito violenze inimmaginabili, stupri e stigma sociale, e che si trova ad affrontare una gravidanza provocata da conflitti politici dai quali non potrebbe essere più estranea, ma che si ritrova impotente a subire. Il capo della Difesa nigeriana, il generale Lucky Irabor, ha dichiarato che l'esercito non indagherà sull'inchiesta della Reuters, secondo la quale l'esercito avrebbe gestito un programma segreto di aborto di massa, perché "la notizia non è vera" dichiara. Sentito in merito al rapporto, Irabor ha detto: "Non credo di dover sprecare le mie energie in queste cose", rivolgendosi ai giornalisti in una conferenza stampa sull'insurrezione, il terrorismo e il banditismo nel Paese. Il generale ha guidato le forze armate nel nord-est del Paese nel 2016, e ha affermato che i casi a cui si fa riferimento nel rapporto non si sono mai verificati e che non ha mai visto nulla di simile. Dopo la pubblicazione del rapporto, 

La denuncia di Amnesty Intenational

Nigeria: Amnesty International Nigeria is appalled by reports of invasion and indiscriminate attacks by the Nigerian military on Bodo community in the Gokana Local Government Area of Rivers State on Wednesday 7 December 2022. https://t.co/ACZayLtrIx

— Amnesty International Nigeria (@AmnestyNigeria) December 11, 2022

"Amnesty International è profondamente preoccupata per i risultati di un rapporto investigativo dell'agenzia di stampa Reuters, che rivela che l'esercito nigeriano ha praticato aborti clandestini, sistematici e forzati interrompendo almeno 10.000 gravidanze di donne e ragazze" scrive la ong Amnesty International in una nota ufficiale a commento dell'inchiesta della Reuters. "Molte delle donne e delle ragazze colpite erano state rapite e violentate dai militanti islamisti. Tali aborti forzati costituiscono una violenza di genere che può equivalere a tortura, trattamento crudele, inumano o degradante". A corredo della nota Amnesty International ha chiesto alle autorità nigeriane di:

1. Indagare tempestivamente, in modo approfondito e imparziale su questo rapporto di aborti forzati commessi dall'esercito nigeriano.

2. Perseguire e assicurare adeguate sanzioni legali e disciplinari a tutti coloro che sono ritenuti colpevoli.

3. Fornire un'effettiva riparazione a tutte le vittime di aborti forzati commessi dall'Esercito nigeriano".

Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • Evento 2022

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2021 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto