“Un eroe del nostro tempo” è il titolo della nuova rassegna tematica proposta da Feltrinelli, che per tutto ottobre celebra gli insegnanti come figure cardine della nostra società. Con incontri, talk e momenti di riflessione nelle principali città italiane, la campagna “Leggere insegna a leggere” rende omaggio al valore umano e pedagogico del legame tra docenti e alunni, offrendo uno sguardo profondo sul ruolo che gli insegnanti rivestono nel tessuto sociale.
Essi non si limitano a trasmettere conoscenze, ma accendono la scintilla della scoperta, stimolano il pensiero critico e trasformano l’educazione in un’avventura quotidiana di crescita e consapevolezza. In un’epoca complessa come la nostra, la figura dell’insegnante appare quasi eroica nella sua capacità di adattarsi e rispondere a nuove sfide.
Un progetto attraverso cui Feltrinelli invita la società a riflettere sul ruolo essenziale dei docenti nel formare la prossima generazione di cittadini, in un periodo storico segnato da tensioni e crisi sociali. Uno dei temi più attuali e urgenti toccati dalla rassegna è quello dello Ius scholae, il diritto alla cittadinanza per i giovani nati o cresciuti in Italia, che frequentano e si formano nelle scuole del nostro Paese.
Tra i protagonisti di questa riflessione collettiva emerge la figura di Anna Granata, pedagogista e professoressa associata presso l’Università di Milano Bicocca, che porta al centro del dibattito la necessità di ripensare la scuola come un luogo non solo educativo, ma anche civico e inclusivo.
In vista della sua partecipazione al dibattito “Ius scholae, battaglia di civiltà” ospitato dalla libreria Feltrinelli in via Appia nuova martedì 29 ottobre 2024, l’abbiamo intervistata per fare luce sulla strada giusta da imboccare per consentire all’Italia di essere davvero di tutti.
La scuola al centro del concetto di cittadinanza
Il punto di partenza del ragionamento della docente è granitico: lo Ius scholae è un passo cruciale, oltre che per il pieno riconoscimento di un diritto, per la costruzione di una società davvero democratica e multiculturale, in cui l’educazione venga posta al centro della costruzione di una cittadinanza attiva e consapevole. “La scuola è la vera protagonista del concetto di cittadinanza” ha spiegato, aggiungendo che essere cittadini non può essere considerato un atto naturale, ma, piuttosto, un processo culturale. “Non si nasce cittadini, lo si diventa partecipando a una cultura comune, imparando i diritti e i doveri che ci legano gli uni agli altri”, ha proseguito.
Per Granata, la scuola italiana – unica nella sua inclusività –rappresenta un pilastro di questo processo. È il primo spazio in cui la diversità non solo è accolta, ma viene celebrata come valore essenziale. Non a caso, nella sua opinione, la cittadinanza non si fonda sulla somiglianza, ma sulla capacità di far parte di una comunità. In quest’ottica, anche l’inclusività della scuola diventa un valore imprescindibile, un elemento che permette di superare le barriere etniche e culturali, favorendo l’integrazione e il dialogo tra differenti background. Nella sua ottica, la scuola è, a tutti gli effetti, un’incubatrice di cittadinanza e lo Ius scholae è un passo logico e inevitabile per costruire il mondo che verrà.
L’assenza di riconoscimento crea fratture
Una necessità in un’Italia sempre più multiculturale. Una presa di coscienza, la sua, che evidenzia come l’assenza di un riconoscimento formale ai giovani di origine straniera, che spesso sono nati o cresciuti nel nostro Paese e che frequentano le nostre scuole, rappresenti una contraddizione evidente. La mancata inclusione formale di giovani che contribuiscono in modo significativo alla nostra società rischia, infatti, di creare fratture sociali profonde a cui lo Ius scholae può porre rimedio. “La scuola – ha spiegato la docente – dovrebbe essere concepita come un vero e proprio laboratorio di cittadinanza, uno spazio in cui gli studenti possono imparare non solo nozioni, ma anche la convivenza civile, il rispetto reciproco e la valorizzazione delle differenze.
Si tratta del luogo in cui impariamo a convivere, a comprendere e rispettare le diversità. L’aula deve diventare uno spazio dinamico, dove i giovani sviluppano le proprie potenzialità in un contesto di apertura e collaborazione. Serve scommettere su un approccio inclusivo, capace di superare l’idea di un ‘alunno medio’, promuovendo una scuola in grado di valorizzare le molteplici intelligenze, i ritmi di apprendimento differenti e le diverse culture familiari”.
Una riforma necessaria
Per raggiungere questo obiettivo, secondo Granata è necessaria una riforma profonda: “Servono spazi flessibili, momenti dedicati agli alunni e alla loro parola, affinché possano esprimersi e non solo ascoltare, e una formazione degli insegnanti che integri competenze sociali e interculturali”. La pedagogista mette in evidenza l’importanza di un’educazione capace di andare oltre la mera trasmissione di conoscenze e che aiuti i giovani a diventare cittadini consapevoli, capaci di partecipare attivamente alla vita democratica del Paese.
Nella riflessione della docente i riflettori sono puntati anche sull’Italia di oggi, che affronta una significativa crisi demografica: “I giovani di origine straniera sono l'unica componente in crescita della popolazione scolastica, eppure non godono appieno del riconoscimento sociale che meritano”. Una risorsa preziosa per il futuro del Paese a cui, se non viene garantito il pieno diritto di cittadinanza, si rischia di togliere la possibilità di contribuire attivamente alla società.
Una contraddizione che, nell’opinione di Granata, isola l’Italia rispetto ad altri Paesi europei, dove si stanno compiendo importanti passi avanti per integrare le seconde generazioni. L’approccio, nell’idea di Granata, dovrà essere sempre più partecipativo e inclusivo, permettendo a ciascun allievo di portare il proprio contributo, la propria esperienza, la propria lingua e cultura, creando così una scuola che non solo insegna, ma che plasma identità autentiche e solide. In questa visione, lo Ius scholae non è solo un diritto da concedere, ma un’opportunità di crescita collettiva, utile a costruire un tessuto sociale inclusivo e coeso. L’appello alla politica e alla società è chiaro: “Il futuro della scuola dipende dalla capacità di costruire legami, di far convivere diversità e di formare cittadini consapevoli. Solo così potremo affrontare con coraggio e responsabilità le sfide che ci attendono”.
Una riflessione, quella di Anna Granata, che fa capire nitidamente come, in un mondo che cambia, forse proprio nella scuola, e nel riconoscimento dei diritti che essa può promuovere, possiamo trovare il coraggio di costruire il futuro che desideriamo.