Manifesti anti-aborto, Pro Vita: “L’embrione è un essere umano”. Anche questa è violenza

A Modena, come a Pisa e a Roma, sono apparsi cartelli per la nuova campagna dell'associazione. L’obiettivo è scoraggiare le interruzioni di gravidanza, paragonandole di fatto a un omicidio: uno schiaffo ai diritti delle donne e alla loro autodeterminazione

di MARIANNA GRAZI
22 febbraio 2024
Il Piemonte ha stanziato oltre 400mila euro per progetti contro l'aborto

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Manifesti anti aborto, ci risiamo. A Pisa si continua a discutere sulla rimozione contestata ma nel frattempo l’associazione Pro Vita rilancia e raddoppia. Perché per un cartello rimosso da chi vuole proteggere un sacrosanto diritto sancito per legge, ne spuntano altri 10, 100 nel resto d’Italia. 

A Modena ad esempio, dove da mercoledì mattina sono apparsi poster con l'immagine di un embrione. E l’associazione stessa conferma di aver avviato una campagna di affissioni, già partita a Roma, da oggi anche nella città emiliana e in altre. Il messaggio è lo stesso per tutti: "9 biologi su 10 mi riconoscono come un essere umano. E tu?".

Manifesti antiabortisti
Manifesti antiabortisti

Noi ti riconosciamo come embrione fecondato, biologicamente e realisticamente parlando.

L’intento degli antiabortisti però è chiaro, però: convincere la società che quello sia una persona a tutti gli effetti, con tanto di diritti (per i doveri c’è da aspettare invece) legati alla sua condizione giuridica e alla personalità. È successo anche in Alabama, nei giorni scorsi, quando la Corte Suprema dello Stato ha riconosciuto che l’embrione congelato “è da considerarsi una persona” e quindi è punibile qualcuno che lo distrugga, colpevole di omicidio colposo.

Ma se succede all’altra parte dell’oceano non importa, o meglio a noi cosa cambia? Cambia che nel nostro Paese gli Italia gli embrioni in sovrannumero non si possono distruggere, non si possono donare ad altre coppie o alla ricerca. E quindi a queste future persone che tali non diventeranno mai non pensiamo? Si tratta, è vero, di questioni etiche complesse, ma che allora andrebbero tenute tutte in considerazione, non solo quelle che fanno comodo all’ideologia di turno.

Aborto, fecondazione assistita, gravidanza per altri… Si torna sempre sul tema maternità, ma le donne e le coppie che sono coinvolte in queste scelte, si sentono davvero ascoltate e rappresentate quando si prendono decisioni sulla loro vita? O si tratta di strumentalizzare a fine propagandistico e ideologico qualcosa che invece è concreto, reale, impattante sulla vita delle persone (quelle cresciute, non i feti)? 

Pro Vita: riconoscere l’umanità del concepito

“Vogliamo sensibilizzare l'opinione pubblica e la politica su ciò che dice la scienza in merito al riconoscimento dell'umanità del concepito”, si legge in una nota dell'associazione Pro Vita & Famiglia, che aggiunge: “Il 96% dei biologi, su un totale di oltre 5.500 specialisti intervistati, riconosce l'umanità del concepito e che la vita inizia nel momento della fecondazione. Chiediamo al Parlamento, in particolare, di approvare i disegni di legge come quelli dei Senatori Menia (FdI), Gasparri (Fi) e Romeo (Lega), già presentati al Senato, alcuni dei quali propongono di modificare l'articolo 1 del codice civile al fine di riconoscere proprio la capacità giuridica del concepito”.

In particolare Marco Garuti, referente del circolo territoriale di Modena di Pro Vita & Famiglia onlus, afferma: "La ricerca da cui abbiamo preso i dati, ‘The Scientific Consensus on When a Human's Life Begins’, pubblicata su ‘Issues in Law & Medicine’ nel 2021, ha coinvolto 5.577 biologi di 1.058 istituzioni accademiche di tutto il mondo, e di recente abbiamo appurato, con un nostro sondaggio nazionale, come gli italiani siano d'accordo, poiché ben il 64% è favorevole al riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo ai nascituri”.

Aggiunge Garuti: "La nostra campagna vuole contribuire a una vera e propria metamorfosi culturale e sociale che riconosca la persona umana fin dal concepimento, promuovendo una società davvero inclusiva. Non c'è un prima o un dopo: i diritti umani nascono nel grembo materno”.

Una forma di violenza

E i diritti della donna? Di chi ha la possibilità, stabilita dalla legge 194, di non volere quella gravidanza? Di chi rischierebbe la vita per portarla avanti, non solo a livello fisico ma anche psicologico? Di queste persone, già fatte e finite, già giuridicamente responsabili, già soggette a diritti e doveri dell’essere umano, non si tiene conto se queste scelgono di abortire. Anzi, si cerca di ‘convertirle’ alla ragione, convincendole che quel gesto sia equiparabile a un omicidio (e cos’altro se l’embrione è già persona), che sia frutto di una fase di sbandamento (parola di ministri e sottosegretari), che si possa risolvere ascoltando il battito cardiaco del feto. Un gesto crudele e insensato, perché l’aborto non è una scelta semplice, presa alla leggera. È una decisione sofferta e delicata, a cui la donna arriva attraverso un suo percorso personalissimo. A volte nemmeno una scelta, ma l’aborto, per chi ad esempio è rimasta incinta a causa di uno stupro (o di più abusi sessuali) diventa persino una necessità. 

Obbligare chi sceglie di abortire a sottoporsi a una prova costante come vedere questi manifesti, mettere in dubbio la sua libera autodeterminazione paragonandola a un’assassina, secondo noi è una forma di violenza. Psicologia e anche fisica. E come tale andrebbe condannata, non pubblicizzata.