Il fatto che il ministro Salvini non fosse d’accordo con lo sciopero generale di venerdì 29 novembre era talmente scontato che la precettazione imposta al settore dei trasporti è apparsa come una notizia tutt’altro che inattesa. Molto meno prevedibile, invece, è stata la presa di posizione di Michele Riondino, regista di Palazzina Laf, pellicola che ha segnato il suo esordio dietro la cinepresa e che gli è valsa tre David di Donatello e cinque Nastri d’Argento. “Il sindacato si è autodistrutto”, ha dichiarato nel giorno dello sciopero generale, in occasione di un incontro con gli studenti del liceo De Ruggieri di Massafra, organizzato dalla concessionaria Autoclub e da Dionisio Ciccarese.
Tra un commento e l’altro sul film, il regista ha condiviso alcune riflessioni su un tema a lui caro: la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Tra gli organizzatori del concertone dell’Uno Maggio Taranto, il regista ha sottolineato che parlare di classe operaia rischia oggi di essere un esercizio retorico, dato il mutamento radicale della società e del suo assetto economico. Secondo lui, pur esistendo ancora gli operai, non esiste più una classe operaia. Qualche decennio fa, gli impiegati rappresentavano nell’immaginario collettivo una sorta di borghesia. Ma quella fotografia sociale non esiste più: operai e impiegati, oggi, sono due facce della stessa medaglia. Il vero problema, a suo avviso, è la perdita di importanza e peso specifico dei lavoratori.
Un ragionamento che, teoricamente, potrebbe essere condiviso anche dai sindacati, se non fosse per la stoccata finale: per Riondino, i sindacati hanno enormi responsabilità in questa situazione, tanto da essersi, di fatto, autodistrutti. Per rincarare la dose, il regista ha riservato critiche anche al segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, con cui ha ammesso di essersi scontrato in passato per divergenze sulle politiche da adottare a sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori. Una posizione che, ha voluto precisare, non può essere ricondotta certo a simpatie per la destra di governo. Del resto, l’orientamento politico rivolto a sinistra dell’artista è ben noto e inequivocabile.
Al netto di queste precisazioni, il tema resta attualissimo. Le piazze piene durante lo sciopero generale di ieri testimoniano indubbiamente un successo in termini di mobilitazione, ma ci stiamo davvero esprimendo con le parole giuste? Non sarà forse arrivato il momento di compiere un balzo in avanti, di affrontare il presente con uno sguardo rinnovato, pur mantenendo intatta la determinazione a difendere i diritti di tutte e di tutti? Difficile a dirsi, figuriamoci a farsi.
Per dovere di completezza, dietro alla posizione di Riondino c’è un elemento implicito che merita di essere esplicitato: nella battaglia che, insieme ad alcuni colleghi, sta portando avanti contro il colosso Netflix per ottenere il riconoscimento dei diritti sulle produzioni italiane presenti sulla piattaforma, sembra che proprio il sindacato, da lui definito “tradizionale”, stia opponendo resistenza. Un punto di vista, il suo, da valutare con oggettività, che tiene insieme personale e collettivo, offrendo comunque spunti di riflessione significativi. Chissà che il tema non diventi oggetto di un prossimo film, che il regista stesso non esita a definire potenzialmente “scomodo”.