Creazione di zone protette che comprendano almeno il 30% della superficie terrestre e marina dell’Ue, il ripristino degli ecosistemi degradati in tutta l’Unione, la riduzione dell’uso e del rischio dei pesticidi del 50%, l’impianto di 3 miliardi di alberi all’interno dell’Ue. E ancora creazione di un quadro globale ambizioso per la biodiversità e lo stanziamento di 20 miliardi di euro l’anno per la protezione e la promozione della biodiversità tramite i fondi dell’Ue e finanziamenti nazionali e privati. Il tutto entro il 2030.
Dopo un iter particolarmente contrastato, e dopo essere rimasta bloccata per mesi a causa delle contestazioni di vari paesi, inclusa l’Italia, è entrata finalmente in vigore la Nature Restoration Law, la normativa Ue sul ripristino della natura. Ovvero il tassello fondamentale per dare corpo e forma al Green Deal europeo, che era stato oggetto nei mesi scorsi di feroci e scenografiche proteste in particolare da parte di alcune associazioni di agricoltori che avevano invaso le strade europee con i loro trattori. Purtroppo, come spesso accade quando le leggi vengono approvate e diventano attuative in estate, la notizia è passata un po’ in sordina, per questo vogliamo renderne conto.
La riforma sul ripristino della natura era stata approvata in via definitiva a giugno dal Consiglio europeo, dopo mesi di stallo politico. Nel voto finale l’Italia si è espressa contro, insieme ad altri cinque Paesi (Finlandia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia e Svezia), mentre il Belgio si era astenuto. Il no italiano è stato motivato tirando in ballo ricadute negative per il settore agricolo: contro al testo europeo si erano infatti espresse tanto Confagricoltura quanto Coldiretti. E proprio le proteste degli agricoltori hanno portato alla rimozione della proposta della Commissione europea di destinare il 10% dei terreni agricoli a interventi a favore della biodiversità.
Saltato anche il requisito della Pac (Politica agricola comune) di destinare il 4% dei terreni a caratteristiche non produttive, diventato un impegno su base volontaria. È diventato volontario anche il ripristino delle zone umide per gli agricoltori e i proprietari terrieri privati.
Mantenuto invece l'obiettivo di ripristino ambientale del 20% delle zone terrestri e il 20% delle zone marine dell’UE sempre entro il 2030. Mentre entro il 2050 le stesse misure dovranno essere adottate per tutti gli ecosistemi che ne hanno bisogno. La normativa impone anche di ripristinare entro il 2030 almeno 25.000 km di fiumi a flusso libero, invertire il declino delle popolazioni di insetti impollinatori e migliorarne la biodiversità negli ecosistemi agricoli e forestali.
Ora tocca agli Stati membri che, entro due anni, dovranno presentare alla Commissione un progetto in cui spiegando come intendono sviluppare un piano di ripristino nazionale, e individuando le misure necessarie raggiungere gli obiettivi della legge adattati, specificando i traguardi previsti per il 2030, il 2040 e il 2050. Il tutto in modo trasparente e aperto.