Pandemia e diritti umani, Amnesty International: "Ma quale ripresa, il 2021 è stato un anno nero"

di DOMENICO GUARINO
14 aprile 2022
amnesty international

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Ricordate quando il ritornello era "dalla pandemia di Covid-19 ne usciremo migliori"? Ecco, cancellate quello slogan dalla memoria! Che non sia andata così è la quotidianità stessa a dircelo, tra crisi economica, stress sociale, psicologie devastate. Ancor più chiaramente lo dice Amnesty International nel rapporto sui diritti umani 2021-2022: i diritti umani nel mondo escono male dalla pandemia e il 2021 è diventato un anno incubatore "di una più profonda disuguaglianza e di una maggiore instabilità". Escono male dalla pandemia anche i Paesi più poveri, le voci critiche e i dissidenti, i gruppi marginalizzati. Sono scoppiati nel mondo nuovi conflitti e nuove guerre, altri sono proseguiti e la comunità internazionale, con tutta evidenza, non è in grado di affrontarli.

Amnesty International denuncia che in molti Paesi del mondo i vaccini promessi non sono mai arrivati

Amnesty International contro gli Stati più ricchi: "Disuguaglianze acuite"

Il frutto avvelenato della pandemia e delle politiche di contenimento messe in atto dagli Stati è dunque la disuguaglianza. Amnesty International punta il dito contro gli Stati più ricchi e l’incapacità di garantire un mondo più giusto, a partire dalle vaccinazioni. "La pandemia ha brutalmente mostrato e acuito le disuguaglianze all’interno degli Stati e tra gli Stati. E ha evidenziato l’incredibile disprezzo che i nostri leader manifestano per la nostra comune umanità. Decenni di politiche divisive, di misure di austerità errate e di scelte di non investire nelle traballanti strutture pubbliche, hanno fatto sì che in tanti finissero per essere facili prede del virus". Lo ha dichiarato Agnès Callamard, nuova segretaria generale di Amnesty International. "Abbiamo di fronte un mondo in preda al caos", ha aggiunto Callamard.

Questo perché “gli Stati ad alto reddito hanno colluso coi giganti aziendali ingannando le persone con slogan vuoti e false promesse su un’equa ripresa dalla pandemia da Covid-19, in quello che è risultato uno dei più grandi tradimenti dei nostri tempi”. Insomma, secondo Callamard “il 2021 avrebbe dovuto essere un anno di ripresa e recupero. Invece, è diventato l'incubatore di una più profonda disuguaglianza e di una maggiore instabilità, caustiche eredità per gli anni a venire. Le promesse di ‘ricostruire meglio’ e affrontare le disuguaglianze che avevano aggravato l’impatto della pandemia sono rimbalzate da un leader a un altro. Questi leader hanno portato in scena una recita sul tradimento e sull’avidità, in combutta con i colossi aziendali. Gli effetti più dannosi sono stati per le comunità più marginalizzate e per quelle affette da povertà endemica”.

Secondo Openpolis, solo un terzo dei vaccini anti Covid che erano stati promessi ai Paesi a basso tasso di sviluppo è stato consegnato (Foto Agi)

La denuncia di Amnesty: "In molti Paesi i vaccini non sono arrivati"

Sotto i riflettori di Amnesty ci sono nazionalismo e politiche aziendali che non hanno garantito a tutti i Paesi e a tutti i popoli le vaccinazioni. Il successo delle campagne vaccinali non ha portato a un mondo più equo perché i vaccini in molti Paesi non sono proprio arrivati. "Il rapido sviluppo dei vaccini contro il Covid-19 era apparso come la perfetta soluzione scientifica e aveva alimentato la speranza nella fine della pandemia per tutte e per tutti – dice Amnesty International – Invece, nonostante fossero state prodotte sufficienti dosi per vaccinare tutta la popolazione mondiale entro l’anno, il 2021 si è chiuso con meno del quattro per cento della popolazione degli Stati a basso reddito completamente vaccinata".

Una manifestazione di protesta contro la violenza sulle donne

Violenza di genere e violenza domestica in aumento

Durante i lockdown c’è stato poi un tragico aumento della violenza di genere e della violenza domestica. A causa delle limitazioni di movimento, molte donne e persone Lgbt hanno incontrato maggiori ostacoli nella ricerca di protezione e sostegno. Inoltre, l’assenza di meccanismi confidenziali di denuncia e la diminuzione, se non la sospensione, dei servizi dedicati, hanno lasciato le vittime sole in balia di soggetti violenti.

Per quanto riguarda la valutazione sui singoli Paesi, secondo Amensty, in Ungheria il governo del primo ministro Viktor Orbán ha modificato il codice penale introducendo pene fino a cinque anni di carcere per “diffusione di informazioni false” sulla pandemia.  Nella zona del Golfo persico, Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Oman hanno usato la pandemia come pretesto per continuare a sopprimere il diritto alla libertà d’espressione.  Nelle Filippine il presidente Rodrigo Duterte ha detto di aver ordinato alla polizia di sparare a chi protestava o chi causava “problemi” durante le misure di quarantena. In Nigeria la brutalità delle forze di sicurezza ha causato morti nel corso delle proteste. In India il primo ministro Narendra Modi ha inasprito la repressione contro gli attivisti della società civile, anche attraverso raid nelle abitazioni, con la scusa della lotta al terrorismo.

Insomma: da occasione di riscatto e di progresso, la pandemia si è dimostrata una grande occasione per i nemici dei diritti umani. E non è un bel segno.