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Home » Attualità » Parità di genere, nei media italiani ancora un’utopia: l’80% della direzione è ancora al maschile

Parità di genere, nei media italiani ancora un’utopia: l’80% della direzione è ancora al maschile

Nei settori economico, mediatico e politico il potere è nelle mani degli uomini. "Uno squilibrio talmente profondo da apparire quasi incolmabile"

Giovanni Bogani
30 Novembre 2022
Agnese Pini, direttrice di QN (Fotocronache Germogli)

Agnese Pini, direttrice di QN (Fotocronache Germogli)

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C’è ancora un enorme squilibrio di genere ai vertici delle principali testate giornalistiche italiane. I direttori dei quotidiani italiani sono per l’86% uomini: solo il 14% sono donne. È quello che emerge da una ricerca realizzata dall’agenzia L45 e presentata nel corso della seconda edizione di WomenX impact, un evento dedicato alla leadership femminile svoltosi a Bologna dal 17 al 19 novembre. Non c’è ancora parità di genere nel giornalismo, soprattutto ai vertici, nei ruoli più importanti e delicati. Se è vero che nel giornalismo italiano ci sono state donne di eccezionale qualità, vere e proprie fuoriclasse – Oriana Fallaci, Camilla Cederna, per arrivare a Natalia Aspesi, ancora splendidamente intuitiva e brillante – nelle stanze dei bottoni tutto, o quasi, è ancora in mano agli uomini. Eppure l’inizio era stato diverso, con Matilde Serao che nel 1892 aveva fondato e diretto Il Mattino.

La situazione non cambia se passiamo dai quotidiani ai settimanali. Alla direzione dei settimanali italiani troviamo il 77% uomini e il 23% donne. Per quanto riguarda i mensili, il 63% sono uomini e il 37% donne. In Italia le donne direttrici di quotidiani sono davvero poche. Agnese Pini, direttrice di QN e delle tre testate del gruppo Riffeser-Monti (La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno), è in compagnia di Norma Rangeri, direttrice de Il manifesto; Lucia Annunziata ha guidato la rivista online Huffington Post fino al 2020. Il Reuters Institute è un centro di ricerca di Oxford che si occupa di temi che riguardano l’informazione globale. Fra gli studi che pubblica periodicamente c’è quello che riguarda la parità di genere nei ruoli di potere dell’informazione. Osservano quante giornaliste ricoprono ruoli apicali: direttrici, vicedirettrici, caporedattrici, in giornali, tv, radio e testate online. Lo studio analizza 12 nazioni da 5 continenti, ma l’Italia non c’è. Dallo studio emerge che c’è solo il 21% di direttrici, mentre complessivamente le giornaliste sono il 40% circa nei mercati presi in analisi.

Agnese Pini, direttrice di QN (Fotocronache Germogli)
Agnese Pini, direttrice di QN (Fotocronache Germogli)

La tendenza più forte verso la parità di genere nei ruoli dirigenziali relativi all’informazione si registra in due Paesi anglosassoni – Gran Bretagna e Stati Uniti – e in Spagna. In Spagna, dal luglio 2021 Pepa Bueno è la nuova direttrice de El Paìs, il giornale con maggiore diffusione della Spagna. Scrittrice di libri, vincitrice di numerosi premi, Papa Bueno è la seconda donna a dirigere il quotidiano simbolo della Spagna democratica, dopo Soledad Gallego-Diaz, in carica fra il 2018 e il 2020. L’italiana Alessandra Galloni è, dall’aprile 2021, direttrice dell’agenzia di stampa Reuters, prima donna in 170 anni a capo dell’agenzia di stampa internazionale. Dal maggio 2021 Sally Buzbee è la direttrice del Washington Post, il mitico quotidiano di “Tutti gli uomini del presidente”, il film che ha fatto desiderare a milioni di persone di diventare giornalista d’inchiesta.

In Italia, secondo l’Osservatorio sul giornalismo di Agcom del novembre 2020, le giornaliste donne in Italia sono in linea con i dati mondiali: il 42%. Ma pochissime sono le direttrici. Come notava la newsletter sul futuro dei giornali del Post, i direttori uomini in Italia sono in netta prevalenza: “I direttori maschi dei trenta quotidiani più letti in Italia sono ventotto. I sette telegiornali delle maggiori reti televisive sono diretti da maschi, così come i cinque giornali online più seguiti”. “La diversità di genere è una grande ricchezza: più diverso è il tuo giornale, più diverse sono le tematiche che ospiti, e più probabilità avrai di intercettare un pubblico che sicuramente è cambiato tantissimo”, dice a Rolling Stone Serena Danna, vicedirettrice del quotidiano online “Open”. “Avere donne ai posti di comando aiuta a togliere incrostazioni mentali su questioni legate alla parità, questioni sulle quali i lettori e soprattutto le lettrici, specie quelli più giovani, ormai sono molto attenti”, spiega Stefania Aloia, vicedirettrice di Repubblica dal febbraio 2021.

Nel settore dell'informazione l'80% dei direttori è un uomo
Nel settore dell’informazione l’80% dei direttori è un uomo

Il potere? È ancora saldamente in mano agli uomini

La risposta è nei dati: sono solo 5 le amministratrici delegate nelle maggiori 100 aziende italiane per capitalizzazione quotate in borsa. Nel restante 95% dei casi a sedere sulla poltrona più importante del consiglio di amministrazione di queste aziende sono uomini. È uno dei dati che emerge dalla nuova edizione del dossier “Sesso è potere”, a cura delle associazioni info.nodes e onData. Una fotografia di quello che viene definito “lo squilibrio di genere nell’esercizio del potere in Italia”, ancora “talmente profondo da apparire quasi incolmabile”. Le due associazioni hanno utilizzato open data ma anche dati raccolti manualmente, per disegnare una mappa di come il potere sia distribuito tra i sessi, con un focus sui settori economico, mediatico e politico.

Abbiamo potuto pubblicare il report “Sesso è Potere” perché i dati necessari per le nostre analisi erano, almeno in parte, disponibili.
Vorremmo poter dire lo stesso con il #PNRR, e invece no… Per questo ci uniamo a chi chiede #ItaliaDomaniDatiOggi https://t.co/wL17T3kabJ

— info.nodes (@InfoNodes) November 30, 2022

“Esiste uno squilibrio molto grande in tutti e tre i domini analizzati. Il potere è ancora declinato al maschile” spiega all’Ansa Paola Masuzzo di onData. “Non ci preme capire se le donne sono più brave degli uomini, ma se hanno a disposizione gli stessi spazi e le stesse risorse“, sottolinea Davide Del Monte di info.nodes. Tra le società controllate o partecipate dal ministero dell’Economia e delle Finanze, spiegano info.nodes e onData, “gli uomini che ricoprono il ruolo di amministratore delegato sono in numero nettamente superiore: 28 su 34”, quindi più dell’82%.

Analizzato anche il settore dell’informazione: tra i 27 quotidiani nazionali, con una tiratura di più di 30mila copie, nell’81,5% dei casi la direzione è affidata a un uomo. “Solo cinque quotidiani sono diretti da donne e per giunta in tre casi (Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno, tutti appartenenti al gruppo QN) la direttrice è la medesima, Agnese Pini“. Non va meglio tra i tg nazionali, la cui direzione è affidata a una donna solo in due casi su 10 – e con un posto, quello del TG2, il cui ex direttore Gennaro Sangiuliano è ora ministro della Cultura, oggi vacante. E la politica? Mentre a Palazzo Chigi siede la prima donna presidente del Consiglio della storia italiana, Giorgia Meloni, la politica locale continua a essere dominata dal potere maschile: “su 121.231 cittadini e cittadine che ricoprono un ruolo elettivo a livello comunale o regionale, censiti dall’Anagrafe degli amministratori del ministero degli Interni, gli uomini sono 80.240 e rappresentano quindi il 66,19%“. Il dato più “nero” è quello di sindaci e sindache: le due associazioni hanno analizzato i 7.452 comuni censiti sul portale del ministero degli Interni per cui è disponibile questa informazione. Risultato? Gli uomini sono 6.331, ovvero l’84,96%, mentre le donne 1.121. E se si guarda, infine, ai vertici delle 19 autorità indipendenti censite da Openpolis, la prevalenza di uomini al comando è schiacciante: 17 su 19, oltre l’89%.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
C’è ancora un enorme squilibrio di genere ai vertici delle principali testate giornalistiche italiane. I direttori dei quotidiani italiani sono per l’86% uomini: solo il 14% sono donne. È quello che emerge da una ricerca realizzata dall’agenzia L45 e presentata nel corso della seconda edizione di WomenX impact, un evento dedicato alla leadership femminile svoltosi a Bologna dal 17 al 19 novembre. Non c’è ancora parità di genere nel giornalismo, soprattutto ai vertici, nei ruoli più importanti e delicati. Se è vero che nel giornalismo italiano ci sono state donne di eccezionale qualità, vere e proprie fuoriclasse – Oriana Fallaci, Camilla Cederna, per arrivare a Natalia Aspesi, ancora splendidamente intuitiva e brillante – nelle stanze dei bottoni tutto, o quasi, è ancora in mano agli uomini. Eppure l’inizio era stato diverso, con Matilde Serao che nel 1892 aveva fondato e diretto Il Mattino. La situazione non cambia se passiamo dai quotidiani ai settimanali. Alla direzione dei settimanali italiani troviamo il 77% uomini e il 23% donne. Per quanto riguarda i mensili, il 63% sono uomini e il 37% donne. In Italia le donne direttrici di quotidiani sono davvero poche. Agnese Pini, direttrice di QN e delle tre testate del gruppo Riffeser-Monti (La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno), è in compagnia di Norma Rangeri, direttrice de Il manifesto; Lucia Annunziata ha guidato la rivista online Huffington Post fino al 2020. Il Reuters Institute è un centro di ricerca di Oxford che si occupa di temi che riguardano l’informazione globale. Fra gli studi che pubblica periodicamente c’è quello che riguarda la parità di genere nei ruoli di potere dell’informazione. Osservano quante giornaliste ricoprono ruoli apicali: direttrici, vicedirettrici, caporedattrici, in giornali, tv, radio e testate online. Lo studio analizza 12 nazioni da 5 continenti, ma l’Italia non c’è. Dallo studio emerge che c’è solo il 21% di direttrici, mentre complessivamente le giornaliste sono il 40% circa nei mercati presi in analisi.
Agnese Pini, direttrice di QN (Fotocronache Germogli)
Agnese Pini, direttrice di QN (Fotocronache Germogli)
La tendenza più forte verso la parità di genere nei ruoli dirigenziali relativi all’informazione si registra in due Paesi anglosassoni – Gran Bretagna e Stati Uniti – e in Spagna. In Spagna, dal luglio 2021 Pepa Bueno è la nuova direttrice de El Paìs, il giornale con maggiore diffusione della Spagna. Scrittrice di libri, vincitrice di numerosi premi, Papa Bueno è la seconda donna a dirigere il quotidiano simbolo della Spagna democratica, dopo Soledad Gallego-Diaz, in carica fra il 2018 e il 2020. L’italiana Alessandra Galloni è, dall’aprile 2021, direttrice dell’agenzia di stampa Reuters, prima donna in 170 anni a capo dell’agenzia di stampa internazionale. Dal maggio 2021 Sally Buzbee è la direttrice del Washington Post, il mitico quotidiano di “Tutti gli uomini del presidente”, il film che ha fatto desiderare a milioni di persone di diventare giornalista d’inchiesta. In Italia, secondo l’Osservatorio sul giornalismo di Agcom del novembre 2020, le giornaliste donne in Italia sono in linea con i dati mondiali: il 42%. Ma pochissime sono le direttrici. Come notava la newsletter sul futuro dei giornali del Post, i direttori uomini in Italia sono in netta prevalenza: “I direttori maschi dei trenta quotidiani più letti in Italia sono ventotto. I sette telegiornali delle maggiori reti televisive sono diretti da maschi, così come i cinque giornali online più seguiti”. “La diversità di genere è una grande ricchezza: più diverso è il tuo giornale, più diverse sono le tematiche che ospiti, e più probabilità avrai di intercettare un pubblico che sicuramente è cambiato tantissimo”, dice a Rolling Stone Serena Danna, vicedirettrice del quotidiano online “Open”. “Avere donne ai posti di comando aiuta a togliere incrostazioni mentali su questioni legate alla parità, questioni sulle quali i lettori e soprattutto le lettrici, specie quelli più giovani, ormai sono molto attenti”, spiega Stefania Aloia, vicedirettrice di Repubblica dal febbraio 2021.
Nel settore dell'informazione l'80% dei direttori è un uomo
Nel settore dell'informazione l'80% dei direttori è un uomo

Il potere? È ancora saldamente in mano agli uomini

La risposta è nei dati: sono solo 5 le amministratrici delegate nelle maggiori 100 aziende italiane per capitalizzazione quotate in borsa. Nel restante 95% dei casi a sedere sulla poltrona più importante del consiglio di amministrazione di queste aziende sono uomini. È uno dei dati che emerge dalla nuova edizione del dossier "Sesso è potere", a cura delle associazioni info.nodes e onData. Una fotografia di quello che viene definito "lo squilibrio di genere nell'esercizio del potere in Italia", ancora "talmente profondo da apparire quasi incolmabile". Le due associazioni hanno utilizzato open data ma anche dati raccolti manualmente, per disegnare una mappa di come il potere sia distribuito tra i sessi, con un focus sui settori economico, mediatico e politico.

Abbiamo potuto pubblicare il report "Sesso è Potere" perché i dati necessari per le nostre analisi erano, almeno in parte, disponibili. Vorremmo poter dire lo stesso con il #PNRR, e invece no... Per questo ci uniamo a chi chiede #ItaliaDomaniDatiOggi https://t.co/wL17T3kabJ

— info.nodes (@InfoNodes) November 30, 2022
"Esiste uno squilibrio molto grande in tutti e tre i domini analizzati. Il potere è ancora declinato al maschile" spiega all'Ansa Paola Masuzzo di onData. "Non ci preme capire se le donne sono più brave degli uomini, ma se hanno a disposizione gli stessi spazi e le stesse risorse", sottolinea Davide Del Monte di info.nodes. Tra le società controllate o partecipate dal ministero dell'Economia e delle Finanze, spiegano info.nodes e onData, "gli uomini che ricoprono il ruolo di amministratore delegato sono in numero nettamente superiore: 28 su 34", quindi più dell'82%. Analizzato anche il settore dell'informazione: tra i 27 quotidiani nazionali, con una tiratura di più di 30mila copie, nell'81,5% dei casi la direzione è affidata a un uomo. "Solo cinque quotidiani sono diretti da donne e per giunta in tre casi (Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno, tutti appartenenti al gruppo QN) la direttrice è la medesima, Agnese Pini". Non va meglio tra i tg nazionali, la cui direzione è affidata a una donna solo in due casi su 10 - e con un posto, quello del TG2, il cui ex direttore Gennaro Sangiuliano è ora ministro della Cultura, oggi vacante. E la politica? Mentre a Palazzo Chigi siede la prima donna presidente del Consiglio della storia italiana, Giorgia Meloni, la politica locale continua a essere dominata dal potere maschile: "su 121.231 cittadini e cittadine che ricoprono un ruolo elettivo a livello comunale o regionale, censiti dall'Anagrafe degli amministratori del ministero degli Interni, gli uomini sono 80.240 e rappresentano quindi il 66,19%". Il dato più "nero" è quello di sindaci e sindache: le due associazioni hanno analizzato i 7.452 comuni censiti sul portale del ministero degli Interni per cui è disponibile questa informazione. Risultato? Gli uomini sono 6.331, ovvero l'84,96%, mentre le donne 1.121. E se si guarda, infine, ai vertici delle 19 autorità indipendenti censite da Openpolis, la prevalenza di uomini al comando è schiacciante: 17 su 19, oltre l'89%.
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