La spagnola Teresa Ribera è ufficialmente vicepresidente esecutiva della Commissione europea, con deleghe alla transizione verde e alla concorrenza. Una nomina di grande rilevanza non solo per le sue competenze, ma anche per ciò che rappresenta: una donna che sfonda il tetto di cristallo e assume un ruolo strategico in un’Europa che ha bisogno di coraggio e visione.
Ribera, storica sostenitrice delle politiche climatiche e ministra spagnola per la transizione ecologica dal 2018, ha guidato il suo Paese verso l’energia pulita, dimostrando che transizione ecologica e prospettiva femminista non solo possono, ma devono camminare insieme. In un panorama dominato da resistenze politiche e culturali, il suo ruolo segna un passo avanti per il riconoscimento delle donne ai vertici decisionali, portando con sé un’idea di leadership che integra sostenibilità, equità e inclusione.
Nonostante i successi, Ribera è stata recentemente al centro di polemiche per le accuse di alcuni oppositori, che l’hanno ingiustamente ritenuta responsabile delle conseguenze delle alluvioni nella Comunidad Valenciana lo scorso 29 ottobre, in cui hanno perso la vita oltre 200 persone. Un tentativo di delegittimazione politica che non è riuscito a oscurare il suo valore. La scelta di affidarle un incarico chiave dimostra che la competenza può prevalere sugli attacchi strumentali.
Le sfide climatiche dell’Ue
Le sfide che l’attendono sono immense: guidare la transizione verde dell’Europa garantendo che sia pulita, giusta e competitiva. Ribera dovrà tracciare il futuro del Green Deal, spingere sulle politiche climatiche ed energetiche e gestire la riconversione industriale in un contesto europeo segnato dall’oscillazione delle destre tra scetticismo e negazionismo climatico. Durante la sua audizione, ha confermato impegni ambiziosi: ridurre del 90% le emissioni UE entro il 2040, vietare la vendita di auto termiche dal 2035 e rafforzare il sistema ETS (Emissions Trading Scheme). Ha mantenuto invece una posizione prudenziale sul nucleare, lasciando la questione nelle mani degli Stati membri, e ha promesso un nuovo Piano europeo di adattamento per affrontare il rischio climatico, rafforzando sistemi di allerta precoce e capacità di risposta alle emergenze.
Anche il settore edilizio sarà cruciale: Ribera intende riformare le norme sugli aiuti di Stato per ottenere maggiori risorse europee destinate alla riqualificazione energetica degli edifici. Il messaggio è chiaro: serve più Green Deal, non meno, sfidando chi lo considerava un progetto ormai indebolito.
Transizione ecologica e femminismo
L’ascesa di Ribera non è solo un traguardo individuale, ma un simbolo del legame sempre più evidente tra transizione ecologica e femminismo. In un mondo segnato da crisi climatiche, le donne al potere portano prospettive che intrecciano cura del pianeta e giustizia sociale, proponendo soluzioni sistemiche, capaci di tenere conto anche delle disuguaglianze di genere. Tuttavia, il confronto con Ursula von der Leyen, più prudente nel promuovere un’idea di transizione "agile" per favorire imprese e cittadini, mostra che il cammino non sarà privo di contraddizioni. La partita si gioca su un equilibrio delicato e sarà fondamentale vigilare affinché il Green Deal non perda la sua ambizione. Teresa Ribera ha le carte in regola per farsi ascoltare e dimostrare che la transizione verde non è solo una necessità climatica, ma anche un movimento verso una società più equa e inclusiva. Staremo a vedere.