"La galera è di passaggio, si ritorna più forti di prima". Ad accompagnare la frase un'emoticon sorridente e un braccio forzuto in bella mostra. Era minorenne quando ha compiuto il reato e ora è indagato per lo stupro di gruppo Palermo, ma parla sui social di quanto accaduto negli ultimi giorni. Lo fa dalla comunità in cui si trova dopo essere stato scarcerato, a seguito della confessione fatta al Tribunale per i minori.
Il minorenne scarcerato dopo la confessione
In ragazzo in questione, infatti, a luglio (il 7 per la precisione) scorso non era ancora maggiorenne quando con altri sei - Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Cristian Barone, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Elio Arnao (allora tutti tra i 17 e i 22 anni) - ha violentato una 19enne in un cantiere abbandonato al Foro Italico, zona costiera della città siciliana. Al gip Alessandra Puglisi ha confessato tutto (lo stupro e le chat dell'orrore) ed è stato rilasciato e affidato ad una comunità di recupero in attesa dei prossimi sviluppi del processo. Ma se la giustizia sta facendo il suo corso, il giovane, che nel frattempo i 18 anni li ha compiuti, non tarda a farsi sentire. E lo fa con la spavalderia non di chi è inconsapevole o malato o pentito, bensì di chi si sente protetto. Da chi? Chi potrebbe mai arrogarsi il diritto o la volontà di difendere lui e gli altri sei (legali esclusi, si parla di persone comuni)? Probabilmente non le decine di migliaia di uomini - e no, non c'è da ribattere, erano uomini - che si sono riversati sulle chat di Telegram cercando il video della violenza sessuale, che si nascondono dietro nickname che mal celano una cultura violenta, misogina e votata al possesso, anche carnale, dell'oggetto chiamato donna.Le frasi sui social: "Qualche ragazza vuole uscire con noi?"
Ma qualcuno c'è. Perché altrimenti non si spiegano quelle parole scritte con tale leggerezza ma pesanti come macigni, rispondendo su Tik Tok a una persona che scrive: "Lo hanno già scarcerato e condotto in comunità, anche se è diventato maggiorenne. Ha confessato e anche se dal video sembra tra i più violenti. L'Italia". Il giovane, proprio dalla comunità, continua a essere attivo sui social, anche dopo l'arresto e la scarcerazione. E lunedì ha replicato a questo utente, in realtà ignorando o - peggio - volontariamente sbeffeggiando chi, in queste ore, si indigna per quanto accaduto: "C'è qualche ragazza che stasera vuole uscire con noi?". Parole che fanno rabbrividire, arrabbiare, nauseanti. Affidate alla piattaforma più frequentata dai giovanissimi, perché è lì che si può far mostra della propria forza, della propria sicurezza di impunità. Perché di pentimento, di rammarico, di consapevolezza di aver commesso un reato gravissimo come la violenza sessuale, non c'è nemmeno l'ombra. Anzi. Essere stato in carcere diventa un vanto. Da sfoggiare per fare conquiste. Per fare lo sbruffone. Perché sia possibile che un ragazzo, indagato e reo confesso per stupro del branco di cui faceva parte ai danni di una 19enne, possa anche solo permettersi di scrivere certe frasi sui social mentre si trova in una comunità (sostitutiva per lui della prigione al momento), appare assurdo. La stessa persona che, insieme agli altri, ha pronunciato frasi aberranti come "cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei video porno" o "Eravamo troppi e sinceramente mi sono schifato un poco, però che devo fare". Cosa doveva fare, la carne è carne... E ora si può persino permettere il lusso di pavoneggiarsi sui social di aver fatto "un passaggio" in galera. Da uomo vero insomma, un macho. Guardando a questi filmati che tanto pubblico attirano, fatti spesso con superficialità, viene da chiedersi, come scrive Marcella Cocchi su Quotidiano Nazionale: "Ma hanno capito, questi giovani, che non erano dentro un porno scadente o in un videogioco che brucia le menti? Hanno compreso che provocavano dolore?". La risposta, purtroppo, appare oggi quasi scontata: no.Scarcerazione post stupro "brutto esempio di impunità"
La Procuratrice dei minori di Palermo, Claudia Caramanna, ha presentato ricorso per farlo tornare in cella e anche il sindacato della polizia penitenziaria si dice contrario alla decisione del magistrato di disporre la scarcerazione e l'affidamento in una comunità del minorenne. "È un brutto esempio di impunità e un messaggio fortemente negativo soprattutto per le giovani generazioni", afferma Aldo Di Giacomo, segretario S.pp. Poi aggiunge: "È incomprensibile che il cosiddetto atteggiamento collaborativo del ragazzo che con il branco ha commesso un atto di efferata violenza sia sufficiente a non farlo restare in carcere". "C'è poi la nuova violenza contro la giovanissima e la sua famiglia che non possono farsene una ragione e che chiedono semplicemente giustizia. La bruttissima vicenda - prosegue Di Giacomo - non è purtroppo isolata nel nostro Paese che registra una recrudescenza di casi di violenza sessuale e di femminicidi a cui bisogna urgentemente porre un freno. Sappiano bene che l'attuale sistema carcerario per minori non solo non serve a nulla, anzi si rivela una sorta di scuola per delinquere con il 90% di chi entra si avvia verso una 'carriera criminale' passando come stadio successivo immediato al carcere normale", conclude il segretario del S.pp.I nuovi interrogatori e i video sui social
Oggi saranno interrogati davanti al gip Marco Gaeta altri tre dei giovani arrestati venerdì scorso, Samuele La Grassa, Elio Arnao e Christian Maronia, mentre ieri il tribunale del Riesame di Palermo ha confermato il carcere per Angelo Flores e Gabriele Di Trapani, due dei sette ragazzi arrestati. I giudici hanno accolto la tesi della Procura, diretta da Maurizio de Lucia e il tribunale deve poi ancora pronunciarsi sulla istanza di scarcerazione presentata dai legali di Cristian Barone, un altro degli indagati. Intanto sui social continuano a circolare immagini o video in cui alcuni membri del branco provano a giustificarsi o commentano l'accaduto come se nulla fosse, accomunati dall'inquietante hashtag #nonhofattonulladimale. C'è in particolare un fermo immagine in cui sullo sfondo si vede Christian Maronia, attualmente in carcere (e nonostante ciò starebbe continuando a postare video su TikTok) con in primo piano una scritta che recita: "Quando tutta Italia ti incolpa di una cosa privata ma nessuno sa che sei stato trascinato dai tuoi amici". In un altra clip invece chiede di smettere di insultarlo perché: "Non ero in me quando è successo". Da quanto risulta il profilo è stato aperto venerdì scorso, dopo l'arresto. Ma i video sembrano essere stati preparati prima, anche se circola anche l'ipotesi che si tratti di fake, creati ad hoc da chi lucra sul dolore. Non dei carnefici, ma della vittima. Che continua a subire violenza quando la gente qualsiasi la offende sui social, o la minaccia per aver denunciato, o semplicemente cerca il video dell'aggressione.Ma anche quando queste clip dei suoi aggressori ricevono migliaia e migliaia di like, visualizzazioni, commenti, come se l'attenzione dovesse essere solo su di loro, sui protagonisti della storia, anche se questa non è una favola ma un racconto dell'orrore. In cui la retorica del raptus, della gelosia morbosa, dell'essere fuori di sé, dell'essere stato costretto a commettere violenza o dello sballo non può più essere una scusa, un attenuante. Mai più.Visualizza questo post su Instagram