“Roma deve tirare via Cecilia dall'isolamento il prima possibile, perché lì è a rischio tortura”. Lei ha provato in prima persona cosa significhi essere incarcerata nel famigerato penitenziario di Teheran dove sono rinchiusi stranieri e dissidenti politici della repubblica islamica. Nazanin Zaghari-Ratcliffe, 46enne insegnante britannico-iraniana, detenuta per 6 anni nel a Evin proprio per ragioni politiche, in un'intervista a Repubblica ha commentato l'arresto della giornalista iraniana, avvenuto lo scorso 19 dicembre.
Una condizione che conosce fin troppo bene e che la lega a doppio filo alla 29enne romana i cui genitori, ieri, hanno fatto appello ai media italiani per chiedere silenzio stampa, vista la delicatezza della situazione. A Sala, Zaghari-Ratcliffe, arrestata nel 2016 mentre stava per tornare con la sua bimba in Inghilterra dopo una visita ai parenti in Iran, oggi direbbe “che tutto questo finirà. Che lei non c'entra niente. Che non è colpa sua, nonostante quello che certa gente potrà dire. Purtroppo Cecilia non è il primo e non sarà l'ultimo ostaggio della Repubblica Islamica. Mi piacerebbe parlare con la sua famiglia e condividere la mia esperienza”.
Poi dà un consiglio alla stampa italiana: “Non rimanete in silenzio. Continuando a parlare di Cecilia, si rafforzerebbe la sua posizione in prigione, dove ora sarà terrorizzata e sotto enorme pressione dei carcerieri. E si contrasterebbero i ricatti dell'Iran”. Non fa sconti, la 46enne, sostenendo che i comportamenti adottati dalle autorità del Paese siano “crimine organizzato” e che così andrebbero trattati dalla comunità internazionale per evitare che “Teheran resti impunita e continui a prendere in ostaggio altri innocenti”.
Sei anni in prigione, sei anni di vita rubati, strappata all’amore del marito Richard e della figlia Gabriella. Ostaggio del regime, accusata di spionaggio senza prove, è riuscita a sopravvivere in cella sapendo “che qualcuno fuori combatteva per la mia libertà. Mi ha dato tanta forza. Così come il coraggio e la tempra di altre donne imprigionate a Evin. Insieme, provavamo a sopravvivere, e a non dimenticare la vita fuori”. E ha trovato una via d’uscita almeno mentale leggendo libri clandestini che le arrivavano in cella, come 1984 di George Orwell o Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood. Per questo lancia un appello: “Mandate libri a Cecilia. Sono fondamentali per la salute mentale”.
Alla domanda su cosa dovrebbe fare il governo italiano, risponde: "Proteggere Cecilia è la cosa più importante. Allo stesso tempo, non deve lanciare messaggi sbagliati all'Iran. Non deve accettare le accuse pretestuose contro di lei, ma parlare apertamente di Cecilia tenuta in ostaggio. E, per favore, non minimizzate. L'altro giorno mi ha scioccato il tweet di Tajani 'Cecilia sta bene'. Come si può dire una cosa del genere, mentre è rinchiusa ad Evin? È un atteggiamento irresponsabile, negligente e pericoloso”.